Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17003 del 10/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 10/07/2017, (ud. 21/03/2017, dep.10/07/2017),  n. 17003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2490-2012 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;

– ricorrente –

contro

A.M.C. C.F. (OMISSIS), AR.RO. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA NAZARIO SAURO 16, presso lo

studio dell’avvocato STEPANTA REHO, rappreentato e difese

dall’avvocato MASSIMO PISTILLI, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 925/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 31/10/2011 R.G.N. 174/2011.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con la sentenza n. 925 del 2011 la Corte di Appello di Genova, adita dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nei confronti di A.M.C. e Ar.Ro., ha confermato la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Genova, che aveva accolto le domande delle lavoratrici volte ad ottenere il pagamento delle differenze retributive dovute in relazione al riconoscimento dell’anzianità di servizio, con riferimento alla pluralità di contratti a termine intercorsi, qualità di docente ( A.) e collaboratore ATA Ar.), in ragione della clausola 4 punto 1 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999;

che la Corte d’Appello ha ritenuto che mancavano ragioni obiettive che potevano consentire di ritenere non applicabile la normativa comunitaria sulla parità di trattamento e dunque legittimo il mancato riconoscimento degli scatti di anzianità ai lavoratori a tempo determinato, non rilevando la modalità di selezione dello stesso, nè ravvisandosi differenze qualitative tra la prestazione di lavoro a tempo determinato e quella a tempo indeterminato;

che avverso tale sentenza ricorre il MIUR con due motivi;

che A.M.C. e Ar.Ro. resistono con controricorso;

che l’ A. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il primo motivo di ricorso verte sulla violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 10, artt. 1 e 10, come modificato dal D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 18, come convertito dalla L. n. 106 del 2011, della L. n. 124 del 1999, art. 4, della direttiva 1999/70/CE, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

che il secondo motivo di ricorso verte sulla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, e della L. n. 124 del 1999, art. 4, anche in combinato con il D.M. 13 giugno 2007, art. 1, del Ministro della pubblica istruzione, nonchè della direttiva 99/70/CE, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

che i suddetti motivi devono essere trattati insieme, in ragione della loro connessione;

che con i motivi il ricorrente censura la statuizione di accertamento della lamentata illegittima discriminazione nel trattamento retributivo inferiore – rispetto ai lavoratori titolari di un rapporto a tempo indeterminato, conseguente al meccanismo di calcolo della retribuzione tabellare, che prevede aumenti corrispondenti al crescere dell’anzianità di servizio, così che gli assunti a termine, non maturando alcuna anzianità pur lavorando con continuità, non vedono mai crescere la loro retribuzione;

che il Ministero assume la sussistenza di ragione obiettive che determinano un trattamento differente con riguardo all’attribuzione degli scatti di anzianità (riconoscimento della progressione economica legata all’anzianità di servizio);

che tali ragioni andrebbero ravvisate sia per la specificità della disciplina che regola il sistema delle supplenze, e che ne esclude la trasformazione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, sia perchè quest’ultime sono caratterizzate sia dalla precarietà del rapporto, legata all’assenza del titolare, sia alla mancanza di continuità, in quanto i vari periodi si supplenza attengono a distinti contratti di lavoro;

che il trattamento economico è necessariamente correlato alla precarietà e discontinuità del rapporto lavorativo, e quindi legittimamente esso è riferito per ciascun periodo di supplenza, allo stipendio iniziale, non essendo configurabile uno sviluppo di carriera, risultando irrilevante il periodo di inattività nel caso del succedersi di supplenze, atteso che il rapporto si interrompe tra un incarico e l’altro; che per il personale della scuola ogni incarico a tempo indeterminato è svincolato dai precedenti incarichi e l’individuazione del lavoratore non è collegata ai precedenti incarichi, venendo a mancare ogni omogeneità nei titoli fra precedente e nuovo contratto a tempo determinato, mancando la volontà del datore di lavoro di reiterare rapporti di lavoro a tempo determinato con la stessa persona;

– che i motivi non sono fondati in quanto la sentenza impugnata, nel riconoscere il diritto al riconoscimento a fini retributivi della anzianità di servizio, è conforme il principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868/2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”; che a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

che il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del presente giudizio sono compensate tra le parti per la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 21 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2017

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