Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17001 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/06/2021, (ud. 16/03/2021, dep. 16/06/2021), n.17001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18581/2015 R.G. proposto da:

T.A., T.D., T.M.,

T.M. E t.m.a., tutti in proprio nonchè in

qualità di eredi di C.S. deceduta il (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in Roma, via Po n. 9 presso lo studio

dell’Avvocato Francesco Napolitano, rappresentati e difesi dagli

Avvocati Francesco Napolitano e Alessandra Militerno;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI RONCO ALL’ADIGE (VR) in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via della Scrofa n. 64 presso lo

studio dell’Avvocato Giuseppe Pecorilla, rappresentato e difeso

dall’avvocato Antonio Chiarello;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 619/15/15 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del VENETO pronunciata il 09.03.2015 e depositata il

30.03.2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16.03.2021 dal Consigliere Relatore Dott. RITA

RUSSO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. I ricorrenti, unitamente a C.S., loro dante causa successivamente deceduta, hanno opposto gli avvisi di accertamento notificati dal Comune, relativi al pagamento di maggior somma a titolo di ICI per l’anno di imposta 2006/2007 in relazione ad alcuni terreni a destinazione edificatoria dagli stessi posseduti in comproprietà. I contribuenti hanno dedotto, tra l’altro, di avere diritto all’applicazione del D.Lgs n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), poichè due di loro sono coltivatori diretti e svolgendo nel terreno de quo attività agricola a mezzo di una società semplice. Il Comune di Ronco all’Adige ha ritenuto ostativo all’applicabilità della norma in questione la circostanza che coloro che posseggono la qualità richiesta dalla legge sono proprietari pro quota non maggioritaria (inferiore al 50% dell’area) secondo quanto dispone il Regolamento Comunale ICI deliberato nel 2003, ma ritenuto dai contribuenti adottato in violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59. In primo grado il ricorso dei contribuenti è stato accolto solo con riferimento all’anno 2006 per maturata decadenza dell’azione accertatrice. In secondo grado l’appello dei contribuenti, proposto limitatamente all’anno 2007, è stato respinto, accogliendo la tesi del Comune sulla applicabilità del Regolamento Comunale ICI.

2. Avverso la predetta sentenza i contribuenti hanno ricorso per Cassazione affidandosi a due motivi. Ha resistito con controricorso il Comune. I contribuenti hanno depositato memoria. La causa è stata trattata alla adunanza camerale del 16 marzo 2021.

Diritto

RITENUTO

che

3. Con il primo motivo del ricorso, si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), e del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 1, e art. 59, comma 1, lett a), in connessione con la illegittimità del Reg. per l’applicazione dell’ICI deliberato dal Comune di Ronco all’Adige il 27.05.2003, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il secondo motivo si lamenta, limitatamente alla posizione dei Sig.ri T.A. e T.M., la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), e del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 1, e art. 59, comma 1, lett. a), in connessione con la illegittimità del Reg. comunale ICI deliberato nel 2003, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

I contribuenti deducono che è dato pacifico che i terreni sono destinati ad attività agricola, svolta per mezzo di una società semplice, e che due tra i soci comproprietari sono coltivatori diretti; censurano quindi la sentenza impugnata per aver ritenuto inapplicabile la disposizione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), e aver invece ritenuto legittimo e applicabile il Reg. comunale secondo cui l’imposta va calcolata e liquidata come se l’area fosse edificatoria, prescindendo dalla sua effettiva destinazione, allorquando i comproprietari coltivatori diretti siano titolari di una quota di proprietà inferiore al 50%.

3.1 – Il primo motivo è fondato.

La lettera e la ratio legis del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b), è quella di definire il concetto di area fabbricabile (ai fini impositivi) escludendo i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti o imprenditori agricoli (art. 9, comma 1) sui quali persiste la utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali (così Cass. 15566 del 2010).

Questo principio di diritto si è nel tempo consolidato nel senso che “in tema di agevolazione ai fini ICI, la qualità agricola di un terreno pur potenzialmente edificabile, posseduto e condotto da uno dei comproprietari avente i requisiti soggettivi ed oggettivi di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), e art. 9, comma 1, trova applicazione anche in favore degli altri comproprietari che non esercitano sul fondo l’attività agricola, in quanto la destinazione agricola di un’area è incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio della stessa” (Cass. n. 17337 del 2018; Cass. n. 13261 del 2017; Cass. n. 25596 del 2017; Cass. n. 22486 del 2017; Cass. n. 14824 del 2011; Cass. n. 16636 del 2011). Ciò in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio, e tale incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri comunisti.

Tuttavia, il regolamento comunale invocato dal Comune e contestato dai contribuenti dispone che ai fini della applicazione della agevolazione in parola nel caso di comproprietà dei terreni “almeno il 50% delle quote deve essere posseduto e condotto da soggetti aventi la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo”.

Deve però tenersi conto che il regolamento fa riferimento non solo al diritto dominicale sulle quote ma anche alla possibilità che il 50% (almeno) delle stesse sia “posseduto e condotto” da soggetto avente la qualifica richiesta. Deve quindi considerarsi che la circostanza che la quota di proprietà sia inferiore al 50% non impedisce al comproprietario di coltivare l’intera area (art. 1102 c.c.), con il consenso degli altri, e quindi di imprimere al fondo una destinazione agricola incompatibile con la possibilità di sfruttamento edilizio; il comproprietario non è, infatti, titolare di una parte dell’area ma lo è dell’intero, pro quota. Altresì il comproprietario può conferire la propria quota in una società, e attraverso essa condurre l’intero fondo e nella fattispecie è appunto dedotta l’esistenza di una società semplice la ” C.S., T.A., T.M. e F.lli s.s.” costituita per la coltivazione del fondo. E’ dunque prospettata non una mera situazione di comproprietà (fattispecie statica) in ipotesi soggetta alla applicazione delle limitazioni previste dal Regolamento, bensì una fattispecie dinamica in cui la conduzione dell’intero terreno viene svolta attraverso una società semplice di cui sono soci tanto comproprietari aventi la qualifica di coltivatore diretto che comproprietari privi della suddetta qualifica, con la conseguenza che il socio coltivatore diretto sarebbe in possesso o comunque condurrebbe l’intero e non solo una parte del fondo stesso.

La CTR ha quindi errato ad applicare la norma di legge ed il regolamento comunale, che deve sempre essere letto alla luce della ratio legis della fonte normativa primaria, trascurando un tema di indagine invece essenziale e cioè se l’intera area fosse coltivata tramite una società i cui soci conferenti (e comproprietari) quale che sia la loro quota, hanno la qualità di coltivatore diretto; tema di indagine essenziale al fine della corretta applicazione delle norme in questione.

Il secondo motivo è assorbito.

Ne consegue, in accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa va rinviata alla CTR del Veneto, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per un nuovo esame e anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio da remoto, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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