Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17001 del 10/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 10/07/2017, (ud. 21/03/2017, dep.10/07/2017),  n. 17001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12886-2015 proposto da:

C.M. C.E. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato DIEGO ALLETTO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

GUADAGNI S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO

23/A, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ROSSI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE BONDI’, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2116/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 05/12/2014 R.G.N. 2073/2013.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che con sentenza n. 2116/2014, depositata il 5 dicembre 2014, la Corte di appello di Palermo, in accoglimento del gravame incidentale della società Guadagni S.p.A., esercente attività di concessionaria di autoveicoli, e in riforma della sentenza del Tribunale di Agrigento, respingeva le domande proposte da C.M. e volte alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento allo stesso intimato il 4 aprile 2009 (con effetto dal 20/8/2009) per giustificato motivo oggettivo costituito dalla soppressione del posto di lavoro a seguito dell’affidamento a terzi dei compiti dal medesimo svolti (pratiche amministrative comprese le rottamazioni);

rilevato che avverso detta sentenza ha proposto ricorso il lavoratore con due motivi, a cui la società ha resistito con controricorso;

– che, in particolare, con il primo di essi (violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione), il ricorrente si duole che il giudice di appello abbia valutato irrilevante il tempo trascorso tra la data di esternalizzazione del servizio di rottamazione (27 maggio 2008) e quella del licenziamento, trattandosi, invece, di indubbio indice della inesistenza del motivo di recesso;

– che, con il secondo motivo (violazione della L. n. 604 del 1966, art. 3 e art. 2103 c.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione), il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto dimostrata l’impossibilità di una sua utilizzazione in mansioni equivalenti, non considerando che egli avrebbe potuto svolgere le mansioni (di commesso alla vendita di autoveicoli) affidate ai tre dipendenti assunti tra l’aprile e il giugno 2009;

osservato che entrambi i motivi risultano inammissibili;

– che, infatti, essi non si conformano, dolendosi il ricorrente di una motivazione insufficiente o contraddittoria (anche sub specie di violazione dell’art. 2697 c.c. e L. n. 504 del 1966, art. 5 e degli artt. 115 e 116 c.p.c.), allo schema normativo del nuovo vizio “motivazionale”, quale risultante a seguito delle modifiche introdotte con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, pur a fronte di sentenza depositata il 5 dicembre 2014, e, pertanto, in epoca successiva all’entrata in vigore (11 settembre 2012) della novella legislativa;

– che, al riguardo, questa Corte a Sezioni Unite, con le sentenze n. 053 e n. 8054 del 2014, ha precisato che l’art. 360 n. 5, come riformulato a seguito dei recenti interventi, “introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”; con la conseguenza che “nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”;

– che, inoltre, i motivi in esame risultano inammissibili anche laddove denunciano la violazione della L. n. 604 del 1966, art. 3, e 2103 c.c., posto che, anzichè precisare le ragioni delle censure proposte, si esauriscono nella generica affermazione di un postulato di erroneità della sentenza impugnata e nella conseguente istanza di cassazione della medesima (Cass. n. 10324/2000 e numerose successive conformi);

ritenuto conclusivamente che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 21 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2017

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