Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 170 del 08/01/2010

Cassazione civile sez. II, 08/01/2010, (ud. 15/10/2009, dep. 08/01/2010), n.170

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisato – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Liberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.D., rappresentato e difeso da sè medesimo,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Nizza n. 59, presso lo studio

dell’Avv. Astolfo di Amato;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI CASERTA, in persona del Prefetto pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata per

legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Caserta n. 1409/06,

depositata il 22 febbraio 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15 ottobre 2009 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha chiesto dichiararsi

l’inammissibilità del ricorso;

sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Marco Pivetti, che si

è riportato alle conclusioni scritte.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 22 febbraio 2006, il Giudice di pace di Caserta rigettava l’opposizione proposta da S.D. avverso il verbale di accertamento elevato dalla Polizia stradale di Caserta, con il quale gli era stata contestata la violazione dell’art. 180 C.d.S., commi 1 e 7, e art. 173 C.d.S., commi 2 e 3.

Il Giudice di pace, dopo aver ricordato che l’opponente aveva dedotto la improcedibilità dell’azione e nullità della contestazione, nonchè la mancata contestazione immediata all’obbligato in solido, rilevava che dal verbale, contestato nella immediatezza del fatto, emergeva che l’opponente era sprovvisto della patente di guida, richiesta dall’art. 180 C.d.S., e che durante la marcia, come accertato dagli agenti di polizia, faceva uso del telefonino; uso non consentito dall’art. 173 C.d.S., comma 2. Rilevava altresì che dal verbale, sottoscritto dall’opponente, emergeva che questi non aveva addotto alcuna giustificazione, se non quella di avere dimenticato il documento a casa e di essere stato fermato in autostrada durante la marcia.

Quanto alla dedotta mancata contestazione immediata all’obbligato in solido, il Giudice di pace osservava che tale motivo poteva essere proposto solo dall’obbligato in solido e non anche dal trasgressore, senza considerare che la contestazione concerneva fatti personali del conducente.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre S.D., sulla base di due motivi; resiste con controricorso, la Prefettura di Caserta.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 200 e 201 C.d.S. e degli artt. 383 e 384 reg. esec. C.d.S..

Il ricorrente sostiene che il Giudice di pace non avrebbe tenuto conto delle motivazioni addotte dal conducente del veicolo a sostegno della sua opposizione, specie in ordine alla circostanza che la contestazione non era stata immediata, non comprendendosi neanche da dove il Giudice di pace abbia ricavato l’assunto secondo cui l’infrazione sarebbe stata contestata nell’immediatezza del fatto.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, con riferimento alla dedotta assenza di ogni giustificazione nel verbale di accertamento della impossibilità di effettuare la contestazione immediata.

Il ricorso è inammissibile, risultando del tutto carente sia con riferimento alla esposizione sommaria dei fatti oggetto della controversia, sia con riferimento alla illustrazione di quali fossero gli specifici motivi di opposizione fatti valere nel giudizio dinnanzi al Giudice di pace.

Il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti, richiesto a pena di inammissibilità del ricorso dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 3, collegato al principio dell’autosufficienza dell’atto impugnatorio e volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio, postula che il ricorso per Cassazione, pur non dovendo necessariamente contenere una parte relativa alla esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi o tradotta in una narrativa analitica o particolareggiata dei termini della controversia, offra, almeno nella trattazione dei motivi di impugnazione, elementi tali da consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite, ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari dei vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o atti, ivi compresa la sentenza impugnata (Cass., n. 15808 del 2008).

Nel caso di specie, la mancata illustrazione della vicenda sanzionatoria che ha dato luogo al giudizio di opposizione e la inadeguata illustrazione dei motivi di opposizione non consentono al Collegio l’esatta individuazione dell’oggetto della controversia. Le suddette indicazioni, invero, tanto più erano necessarie nel caso di specie, in quanto nella sentenza impugnata si fa riferimento alla posizione dell’obbligato solidale e dal ricorso non si evince se al ricorrente la contestazione venne fatta in qualità di trasgressore, con conseguente rilevanza delle problematiche relative alla necessaria contestazione immediata della violazione accertata, ovvero in qualità di obbligato in solido, ex art. 196 C.d.S..

La mancanza di sufficienti indicazioni nel ricorso rende lo stesso inammissibile.

In applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 400,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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