Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16999 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/08/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 13/08/2020), n.16999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giusep – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25837/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Immobiliare La Serenissima Srl;

– intimata –

e

sul ricorso iscritto al n. 26129/2012 R.G. proposto da:

Immobiliare La Serenissima Srl, rappresentata e difesa dagli Avv.ti

Carlo Amato e Giuseppe Marini, con domicilio eletto presso

quest’ultimo in Roma via di Villa Sacchetti, 9, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 82/19/11, depositata il 27 settembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre

2019 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Lette le conclusioni depositate dal Sostituto Procuratore generale

Stefano Visonà che ha concluso per l’accoglimento del ricorso n.

25837/2012 R.G..

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La società Immobiliare La Serenissima Srl impugnava l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate rideterminava il maggior reddito per Iva, Irpeg ed Irap per l’anno 2003 in relazione alla vendita di immobili, avvenuta per un prezzo reale superiore a quello dichiarato, e riprendeva a tassazione le maggiori rimanenze di magazzino, erroneamente determinate dalla contribuente.

L’impugnazione era integralmente accolta dalla CTP di Treviso. La sentenza era parzialmente riformata dal giudice d’appello, che riteneva legittime le riprese dell’Amministrazione ma ne riduceva il quantum.

Immobiliare La Serenissima Srl propone ricorso per cassazione con cinque motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.

L’Agenzia delle entrate propone, a sua volta, autonomo ricorso, rispetto al quale la contribuente è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Preliminarmente va disposta, ex art. 335 c.p.c., la riunione del ricorso n. r.g. 26129/2012 al ricorso n. r.g. 25837/2012, di iscrizione più risalente, in quanto proposti avverso la medesima sentenza, dovendosi, peraltro, qualificare quest’ultimo come ricorso incidentale perchè notificato successivamente al primo (rispettivamente in data 12 e 9 novembre 2012).

2. Passando all’esame dei motivi proposti con il ricorso n. r.g. 26129/2012, il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, art. 2727 c.c., e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, (nella formulazione antecedente al D.L. n. 223 del 2006), per non aver l’Ufficio operato l’accertamento in base al valore normale (i.e. i valori OMI), da considerare obbligatoriamente, basandosi, invece, su altri parametri inidonei ed arbitrari.

2.1. Il motivo è inammissibile.

La censura, infatti, è rivolta avverso l’atto dell’Ufficio anzichè come indispensabile – avverso la decisione della CTR.

Va peraltro escluso che l’accertamento, anche nel testo vigente ratione temporis, dovesse obbligatoriamente fondarsi sul cd. valore normale e sui parametri OMI, e ciò, a maggior ragione, alla luce dei successivi interventi normativi (sia la L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 265, che ha espressamente attribuiti a detti valori, per il periodo anteriore al 2006, mero valore di presunzioni semplici, sia la L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che ha eliminato le disposizioni introdotte dal n. 223 del 2006), sicchè, correttamente, la valutazione del giudice sull’esistenza di attività non dichiarate poteva legittimamente essere desunta anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti.

E’ tale è stata la valutazione operata dalla CTR, qui in alcun modo censurata.

3. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, e art. 2727 c.c., per aver la CTR ritenuto valido l’avviso di accertamento e fondata la pretesa dell’Ufficio in base agli elementi utilizzati, senza considerare le opposte deduzioni avanzate dalla parte, neppure potendosi ritenere le risultanze dei mutui contratti dagli acquirenti un elemento presuntivo qualificato.

3.1. Il motivo è inammissibile.

La censura, infatti, pur dedotta come violazione di legge, denuncia, in realtà, l’insufficienza e la carenza della motivazione, ma neppure considera – non cogliendo l’effettiva ratio della decisione che la sentenza ha valutato e specificamente apprezzato i rilievi della contribuente, sì da ritenere non sufficientemente significativi, da soli, alcuni degli elementi addotti dall’Ufficio, mentre ha ritenuto spiegando con precisione le ragioni per le quali, a fronte della varietà di indici presenti, ha valorizzato il contenuto dei mutui – esser “parametro sicuramente valido ai fini dell’accertamento” quello “della comparazione dei valori dei rogiti notarili di vendita con i contratti di mutuo, i quali, in presenza di unità immobiliari nuove, non possono risultare di valore superiore a quello dell’unità cui si riferiscono”, argomentazioni non prese in esame nel motivo, che è pure carente di decisività.

La doglianza, dunque, mira, in realtà, ad un nuovo esame di merito degli elementi probatori e di fatto oggetto della disamina del giudice d’appello, inammissibile in questa sede.

4. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, per non esser stati i contratti di mutuo, considerati dalla CTR, allegati nè al pvc, nè all’avviso di accertamento.

4.1. Il motivo è inammissibile per novità della questione, in alcun modo trattata dalla sentenza della CTR, che, dunque, viene proposta – come del resto emerge chiaramente dal tenore delle conclusioni del ricorso introduttivo e dalla memoria d’appello, entrambi trascritti in ricorso – per la prima volta in sede di legittimità.

5. Il quarto motivo denuncia “nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.

5.1. Il motivo è inammissibile non essendo indicata, nè essendo desumibile dall’articolazione della doglianza, l’error in procedendo di cui si lamenta il verificarsi.

La contribuente, del resto, si limita a riproporre nuovamente la prospettate diversa ricostruzione dei fatti e, dunque, a censurare la motivazione della sentenza e la valutazione degli elementi probatori operata dal giudice di merito, da cui, anche per tale versante, la censura è inammissibile.

6. Il quinto motivo denuncia, “in relazione all’art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 1,” (rectius: n. 3, c.p.c.), violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2.

6.1. Anche tale motivo è inammissibile, rivolgendosi la censura avverso l’azione dell’Amministrazione (che avrebbe dovuto fare “uno sforzo accertativo rivolto a ricercare… prove certe”) e non nei confronti della sentenza, riproponendo – ulteriormente – l’omessa considerazione dei valori OMI o contestando, genericamente, il carattere presuntivi degli elementi contenuti nell’avviso, argomenti che si risolvono – quale unica annotazione avverso la sentenza – con la generica contestazione che essa ha comunque errato nella scelta dei metodo e dei parametri di riferimento.

Il motivo, dunque, è, anche, intrinsecamente contraddittorio e aspecifico.

La CTR, peraltro, si è espressamente pronunziata sulla regolarità della motivazione dell’avviso, affermando, con accertamento in fatto neppure censurato, che “nell’avviso di accertamento risultano evidenziati gli elementi e le circostanze che hanno prodotto il maggior reddito accertato… risulta oggettivamente documentato”.

7. Passando al ricorso n. r.g. 25837/2012 proposto dall’Agenzia delle entrate, l’unico motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del tuir, art. 92, e L. n. 289 del 2002, art. 14, comma 5, con riguardo alla ripresa sull’errata determinazione delle rimanenze di magazzino, in ispecie relativa all’acquisto di un terreno nel 2002, avendo la CTR ritenuto regolare e valida la modifica dei valori contabili in relazione alla non modificabilità delle valutazioni effettuate al 31.12.2002 per l’avvenuta definizione mediante condono tombale, senza, tuttavia, considerare che erano stati omessi gli adempimenti previsti dalla L. n. 289 del 2002, art. 14.

7.1. Il motivo è fondato.

7.2. Occorre osservare, infatti, che la variazione delle rimanenze finali rispetto a quelle iniziali concorre a formare il reddito.

Nella specie, la società, come rilevato dalla stessa CTR, a fronte delle rimanenze finali al 31.12.2002, pari a Euro 598.601,43, ha annotato tra le rimanenze iniziali per l’anno successivo, al 1.1.2003, il loro valore complessivo.

Tale indicazione veniva corretta, in relazione al condono e a quanto dichiarato dalla contribuente, in quella di Euro 506.000,00.

Le rimanenze finali per il 2003, infine, venivano allineate a quest’ultima indicazione – per la sterilizzazione dell’importo – in forza del condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9.

7.3. La regolarità dell’operazione di rettifica contabile – e, quindi, la registrazione sia come rimanenza iniziale che finale dello stesso importo senza che ne derivasse una componente negativa di reddito – era peraltro condizionata al fatto che fossero stati posti in essere gli adempimenti previsti dalla medesima L., art. 14, nella cui mancanza si assiste, invece, ad una variazione contabile rilevante ai fini reddituali.

Giova infatti sottolineare, sul punto, che la rettifica delle scritture contabili conseguente alla presentazione del condono tombale ex art. 9, di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 14, comma 5, si configura quale ulteriore opzionale effetto del condono medesimo.

Ne deriva che essa è, di necessità, strettamente legata, sul piano funzionale e su quello temporale, all’istanza di condono; è, inoltre, subordinata alla (contestuale) compilazione di prospetto descrivente le specifiche variazioni dei valori contabili che s’intendono apportare, in risposta all’esigenza di garantire il necessario controllo dell’Agenzia delle entrate circa l’esistenza di nesso funzionale tra modificazioni contabili e dichiarazione integrativa, nonchè sulla congruità del versamento dell’imposta sostitutiva pari al 6% del valore della rettifica apportata (v. Cass. n. 18237 del 16/09/2016).

7.4. Orbene, la CTR, nel rideterminare l’entità delle rimanenze, non ha valutato la ricorrenza o meno delle indicate condizioni – che erano state specificamente dedotte dall’Ufficio come risulta dall’atto di appello riprodotto per autosufficienza in parte qua – incorrendo, dunque, nella lamentata violazione di legge, con conseguente necessità di rinvio al giudice competente per la conseguente verifica.

8. In conclusione, va rigettato, per inammissibilità dei motivi, il ricorso principale della contribuente (e di cui al n. r.g. 26129/2012), mentre va accolto il ricorso incidentale (e di cui al n. r.g. 25837/2012) dell’Agenzia delle entrate.

In relazione al ricorso accolto la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR del Veneto in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso proposto dalla società Immobiliare La Serenissima Srl (di cui al n. r.g. 26129/2012) ed accoglie il ricorso (di cui al n. r.g. 25837/2012) dell’Agenzia delle entrate. In relazione al ricorso accolto cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Veneto in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

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