Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16995 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/06/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 16/06/2021), n.16995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. SAIJA S. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17499-2013 proposto da:

R. & M. GROUP SPA, elettivamente domiciliata in ROMA,

Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dagli avvocati NUNZIO SANTI GIUSEPPE DI PAOLA

e FRANCESCA TAMBASCO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 155/2013 della COMM. TRIB. REG. SICILIA

SEZ.DIST. di SIRACUSA, depositata il 13/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/03/2021 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

In data (OMISSIS), R. & M. Group s.p.a. (incorporante la Rossetti Insud s.r.l., con sede in (OMISSIS)) presentò all’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Siracusa, istanza di rimborso della somma di Euro 480.736,58, pari al 90% di quanto pagato a titolo di IVA nell’anno 1990, avendo la società incorporata sede legale – all’epoca – nella provincia di Siracusa e avendo quindi diritto a detto rimborso ai sensi del D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, conv. in L. n. 17 del 2007, nonchè del D.L. n. 248 del 2007, art. 36-bis, conv. in L. n. 31 del 2008, e ciò in relazione agli eventi sismici che avevano colpito le province di Catania, Ragusa e Siracusa nel 1990. Formatosi il silenzio-rifiuto, la società adì la C.T.P. di Siracusa, che rigettò il ricorso con sentenza del 24.2.2011, seppur ritenendo tempestiva l’istanza. La C.T.R. della Sicilia, sez. st. di Siracusa, rigettò l’appello della contribuente con sentenza del 13.5.2013, osservando invece che – sebbene i benefici in questione siano in astratto riconoscibili tanto a coloro che non abbiano ancora assolto il pagamento delle imposte (mediante versamento del 10% del dovuto), tanto a coloro che abbiano invece effettuato il relativo pagamento, mediante rimborso dell’eccedenza – nella specie l’istanza era da considerarsi tardiva, giacchè avrebbe dovuto proporsi entro il 31.12.2004, ossia al compimento del biennio dalla data di entrata in vigore della disposizione agevolativa dettata dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17.

La società ricorre ora per cassazione, sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. Con ordinanza interlocutoria n. 17369 del 30.7.2014, la Sez. VI-T ha rimesso il ricorso al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite, registrandosi un contrasto di giurisprudenza sulla questione da esso posta. Il Massimo Consesso, però, con ordinanza resa all’udienza del 21.7.2015, ha rimesso gli atti alla Sezione V civile, giacchè la questione devolutale era stata risolta dall’art. 1, comma 665, della L. n. 190/2014, che peraltro subordina il riconoscimento di dette agevolazioni alla decisione degli organi comunitari. Il ricorso è stato quindi nuovamente fissato per l’odierna udienza camerale, e la ricorrente ha depositato ulteriore memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con l’unico motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e del D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, conv. in L. n. 17 del 2007, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto la C.T.R. tardiva la presentazione della domanda di rimborso.

2.1 – Nonostante la censura colga nel segno, il ricorso non può essere accolto, sufficiente essendo, per effetto dell’ius superveniens di cui infra, la correzione della motivazione, ex art. 384 c.p.c., u.c..

Invero, come anche rilevato dalle Sezioni Unite con l’ordinanza del 21.7.2015, la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, ha definitivamente chiarito che il termine biennale (D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, comma 2, secondo periodo) per la presentazione dell’istanza in parola “è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, ossia dal 1 marzo 2008 (Cass. n. 4291 del 22/2/2018; Cass. 5113 del 21/2/2019; Cass. n. 10396 del 12/4/2019; Cass. n. 5304 del 22/2/2019)” (così, da ultimo, Cass. n. 20343/2019, nonchè Cass. n. 7078/2020). Può quindi dirsi che – effettivamente – la decisione della C.T.R. è al riguardo erronea, in quanto l’istanza è stata presentata il 23.2.2009 ed è da considerare, pertanto, tempestiva.

Ciò non è però sufficiente ai fini della cassazione della sentenza impugnata, come s’è già anticipato. Infatti, in relazione alle valutazioni degli organi comunitari, cui la stessa citata ordinanza delle Sezioni Unite fa riferimento, è stata infine adottata la decisione della Commissione Europea n. C (2015) 5549 final del 14.8.2015, che ha sancito l’illegittimità (anche) della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e le successive disposizioni di proroga, perchè integranti aiuti di Stato non consentiti dall’ordinamento comunitario, al contempo prevedendo che gli aiuti individuali così corrisposti non rientrano nel divieto se conformi alle soglie fissate dai Regolamenti “de minimis” ((UE) n. 1407 del 2013 o (UE) n. 717 del 2014), ovvero ai criteri del Regolamento sugli aiuti “orizzontali” ((CE) n. 994 del 1998) o da ogni altro regime di aiuti approvato.

Senonchè, nel caso di specie non può porsi alcun problema di determinazione della soglia o dei criteri in genere, da demandare eventualmente al giudice del rinvio (trattandosi di accertamento di fatto), in quanto si verte in tema di rimborso di IVA, asseritamente versata in eccesso.

Al riguardo, in conformità con la giurisprudenza Eurounitaria, è assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio per cui “resta fermo che la riduzione dei tributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali non è applicabile in materia d’IVA, atteso che il riconoscimento del diritto al rimborso proporzionale delle somme già corrisposte, non soddisfacendo il principio di neutralità fiscale e non garantendo la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, si pone di per se stesso in contrasto col diritto dell’UE, come ha stabilito la Corte di Lussemburgo in causa C-82/14 (Corte giustizia, 15/07/2015, Nuova Invincibile; conf. Cass. sez. trib., 21/04/2017, n. 10084; 16/09/2016, n. 18205; 16/12/2015, n. 25278)” (così, Cass. n. 3078/2018, in motivazione; da ultimo, la non assoggettabilità dell’IVA alla disciplina sugli aiuti di stato è stata ribadita da Cass. n. 30927 del 2019).

L’originaria domanda di rimborso del 90% delle somme versate per l’IVA nell’anno 1990, dunque, non può in ogni caso essere accolta, nè sul punto può dirsi formato alcun giudicato interno (la questione non essendo mai stata sollevata da alcuno, nè affrontata d’ufficio, neppure implicitamente, dal giudice del merito) e ancor meno esterno, avuto riguardo a Cass. n. 7360 del 2020, resa tra le stesse parti ma per le annualità 1991 e 1992.

3.1 – In definitiva, il dispositivo di rigetto dell’appello da parte della C.T.R. è conforme a diritto, sicchè il ricorso della società è rigettato, previa correzione della motivazione. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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