Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16993 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/08/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 13/08/2020), n.16993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14250-2016 proposto da:

ELODIA F.LLI M. SNC, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELLA GIULIANA 82, presso lo studio dell’avvocato LEONIDA CARNEVALE,

rappresentato e difeso dall’avvocato EMILIO BAFILE;

– ricorrente –

contro

COMUNE DELL’AQUILA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1330/2015 della COMM. TRIB. REG. di L’AQUILA,

depositata il 01/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/11/2019 dal Consigliere Dott. RAFFAELE MARTORELLI.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Con sentenza n. 1330/1/15, depositata in data 1 dicembre 2015, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale di L’Aquila, rigettava l’appello proposto da ELODIA dei F.lli M. snc – titolare di immobile adibito ad esercizio alberghiero e ristorazione – avverso la sentenza n. 811/2014 emessa dalla Commissione provinciale di L’Aquila. Il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento, relativo alla tassa smaltimento rifiuti solidi urbani (TARSU) per l’anno 2008 emesso dal Comune di L’Aquila con il quale era stato intimato il pagamento dell’imposta per Euro 7.303,82 e irrogate sanzioni per Euro 14.607,64. L’imposta era liquidata in relazione a locali adibiti parte ad albergo e parte a ristorante.

2. La CTP di L’Aquila accoglieva il ricorso ritenendo illegittima la tariffa applicata dal Comune, la delibera comunale e il relativo regolamento per violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, nonchè la sanzione applicata al 200%.

Avverso tale sentenza il Comune proponeva appello che veniva accolto dalla CTR la quale, in totale riforma della decisione di primo grado, rigettava il ricorso della contribuente.

Ricorre per Cassazione la società ELODIA con ricorso notificato alla ricorrente in data 31.5.2016, affidato a tre motivi.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione – ex art. 360 c.p.c., n. 1, – del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 68 e 69, lamentando l’illegittimità della tariffa applicata e della Delib. del Consiglio comunale 3 febbraio 1995, n. 18, che stabilisce l’applicazione di tariffe diversificate per civili abitazioni, per alberghi e per ristoranti, in contrasto con la normativa statale la cui ratio è quella di sottoporre a tassazione eguale aree e locali con uguale potenziale di produzione dei rifiuti.

Con il secondo motivo si lamenta l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia consistente nella dedotta violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7, comma 3, per non avere il Comune commisurato la sanzione irrogata al contribuente a seguito di omessa denuncia TARSU alla gravità della violazione.

Con il terzo motivo, la ricorrente censura – ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio non avendo la CTR valutato la documentazione prodotta dalla ricorrente attestante la presenza di locali (quali l’ingresso, la reception, la sala TV, office) asseritamente inidonei a produrre rifiuti o tali da produrne una quantità minore i quali avrebbero perciò dovuto essere sottratti alla tassazione ovvero avrebbe dovuto essere applicata una tariffa inferiore.

Il primo e il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati.

Presupposto della TARSU, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1, è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti”. Ai sensi del comma 2, non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perchè risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione. Come costantemente affermato da questa Corte, “l’art. 62, pone quindi a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti. Ne consegue che l’impossibilità dei locali o delle aree a produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso, prevista dall’art. 62, comma 2, non può essere ritenuta in modo presunto dal giudice tributarlo, essendo onere del contribuente indicare, nella denuncia originaria o di variazione, le obiettive condizioni di inutilizzabilìtà, le quali devono essere debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione” (Cass. n. 10634 del 2019; n. 8308 del 2018, n. 1711 del 2017; Cass. n. 11351 del 2012).

Si è, inoltre, aggiunto che: “in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, per quelle aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione, atteso che il principio, secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale” (Cass. n. 10634 del 2019, n. 17622 del 2016).

Ciò posto, e venendo ad esaminare il primo motivo di ricorso, costituisce un dato di comune esperienza la maggiore capacità produttiva di rifiuti propria degli esercizi alberghieri rispetto a quella delle civili abitazioni sicchè, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di TARSU è legittima la delibera comunale che preveda una tariffa per la categoria degli esercizi alberghieri notevolmente superiore a quella applicata alle civili abitazioni (Cass. n. 8308 del 2018, Rv. 647687 – 01). D’altra parte, non assume alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore (Cass. n. 25214 del 2016, Rv. 642030 – 01; n. 8336 del 15; n. 4797 del 14). Proprio in relazione alle tariffe applicate alle strutture alberghiere, questa Corte ha, altresì, precisato che “gli elementi di riscontro della legittimità della delibera non vanno, d’altronde, riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (Cass. n. 8308 del 2018, cit.; n. 11655 del 2009; n. 15861 del 2011; Cass.24188/2016; Cass. 32792/2018). Poichè non vi sono ragioni per discostarsi da tale indirizzo, il primo motivo deve essere rigettato.

Analoga conclusione vale anche riguardo al terzo motivo di ricorso.

Ciò che deve costituire oggetto di prova ai fini della esclusione dalla tassazione, e, prima ancora, oggetto della denuncia originaria che il contribuente è tenuto a presentare, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70, o di quella di variazione, è l’inidoneità dei locali a produrre rifiuti, sicchè non è sufficiente la mera allegazione circa la peculiare destinazione dei locali stessi, quale risulta essere la relazione della ASL concernente la destinazione e la dislocazione dei locali dell’immobile.

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

Nei termini in cui è formulato, il motivo presenta un evidente difetto di autosufficienza. Sul punto questa Corte ha avuto in più occasioni modi affermare che “ai fini della verifica dell’avvenuta impugnazione,… è necessario che il ricorrente non solo deduca di aver ritualmente impugnato la statuizione, ma – per il principio di autosufficienza – indichi elementi e riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il contenuto dell’atto di appello a questo preciso proposito, non essendo tale vizio rilevabile “ex officio” (Cass. n. 7499/2019; Cass. 9888/2016). Nel caso in esame il ricorrente non trascrive il contenuto della censura, non specifica in che termini sia stata proposta anche in appello, non evidenzia compiutamente e “non genericamente” se quanto ora dedotto lo sia stato anche in primo e secondo grado.

Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla sulle spese.

PQM

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della contribuente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

 

 

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