Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16992 del 11/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 11/08/2016, (ud. 04/07/2016, dep. 11/08/2016), n.16992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12383-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AMERITAL TRASPORTI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE TUPINI 133, presso

lo studio dell’avvocato ROBERTO BRAGAGLIA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PIERO BELLANTE giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 176/2012 della COMM.TRIB.REG. della TOSCANA,

depositata il 13/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato COLLABOLLETTA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato BELLANTE che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nei confronti di Amerital Trasporti s.p.a., quale titolare del deposito doganale ed obbligata in solido, vennero emessi atti di irrogazione di sanzioni per utilizzo virtuale di deposito fiscale gestito dalla medesima Amerital Trasporti, a seguito di avvisi di accertamento basati sulle seguenti circostanze: i documenti di trasporto riportavano sempre l’indirizzo dei magazzini degli importatori; le introduzioni ed estrazioni della merce risultavano effettuate nell’ambito della stessa giornata; la merce era giunta al deposito, e poi inoltrata ai singoli destinatari, a bordo del medesimo mezzo di trasporto; per i servizi di deposito erano stati riscossi compensi a forfait; non risultava un contratto di deposito fra depositante e depositario. Il ricorso della contribuente venne accolto dalla CTP. L’appello dell’Ufficio venne rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana sulla base della seguente motivazione.

In sede di verifica i locali furono ritenuti sufficientemente ampi per consentire le operazioni di carico/scarico ed in occasione dell’esame dei documenti obbligatori furono riscontrate alcune fatturazioni con data antecedente alle importazioni. A parte quest’ultimo rilievo nessuna contestazione venne mossa al titolare del deposito. Stante tale accertamento, e l’affermazione in p.v.c. secondo cui “in conclusione si può affermare che la gestione del deposito è regolare”, deve ritenersi l’idoneità della struttura ai fini della ricezione e stoccaggio della merce, anche considerando le scarse dimensioni delle partite e la natura di piccoli furgoni degli automezzi. “L’Ufficio delle Dogane non ha fornito la prova che le merci non sono state introdotte nel magazzino, nè che i mezzi di trasporto non avrebbero potuto essere introdotti nei locali…la società ha affermato di avere introdotto i beni nel deposito e questa affermazione non è stata contraddetta…neppure è condivisibile…che il depositario della merce può pianificare l’operazione di importazione scegliendo se versare VIVA al momento dell’importazione o al momento dell’estrazione dal deposito (in ciò consisterebbe la giustificazione economico-normativa del deposito IVA)…la S.C. e la Corte di giustizia hanno ritenuto che il sistema di autofatturazione rappresenta una modalità di pagamento dell’IVA del tutto equivalente all’assolvimento dell’imposta in dogana, cosicchè con la sua richiesta l’Ufficio pretenderebbe il pagamento di un’imposta già pagata in aperta violazione del meccanismo di neutralità su cui si fonda il tributo…Salvo che per quelle autofatturazioni la cui data risulta anteriore alle importazioni, si ritiene di dover confermare le decisioni di primo grado riguardanti sia il tributo che le sanzioni”.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso la contribuente, che ha depositato anche memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto del requisito di sommaria esposizione dei fatti. Il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 c.p.c., n. 3 postula che il ricorso per cassazione, pur non dovendo necessariamente contenere una parte relativa alla esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi o tradotta in una narrativa analitica o particolareggiata dei termini della controversia, offra, almeno nella trattazione dei motivi di impugnazione, elementi tali da consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite, ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari dei vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o atti, ivi compresa la sentenza impugnata (Cass. 28 febbraio 2006, n. 4403). Sia dalla esposizione delle circostanze che hanno preceduto la sentenza impugnata, che dall’illustrazione del contenuto dei singoli motivi di ricorso si evincono, letto il ricorso unitamente alla parte in fatto della decisione impugnata, gli elementi utili ai fini di una completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti.

Va premesso sempre in via preliminare che ai fini dell’esame del ricorso non rileva il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, disposto con ordinanza 6 maggio 2016, n. 9278 in controversia relativa al deposito fiscale, sulla compatibilità della normativa interna con il principio generale del contradditorio procedimentale di matrice comunitaria laddove non prevede, in favore del contribuente che non sia stato ascoltato prima dell’adozione dell’atto fiscale da parte dell’amministrazione doganale, la sospensione dell’atto come conseguenza normale della proposizione del ricorso in via amministrativa. La controversia in esame non involge infatti profili afferenti il principio del contraddittorio procedimentale. Nè l’ordinanza di rinvio in discorso rileva ai fini dell’identificazione del soggetto legittimato al recupero IVA all’importazione, sia perchè trattasi di pronuncia interlocutoria, sia perchè nel giudizio relativo all’ordinanza n. 9278 del 2016 la questione del soggetto legittimato non attiene al thema decidendum.

Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Osserva la ricorrente che la CTR ha addossato l’onere di provare il fatto negativo della mancata introduzione della merce in capo all’Amministrazione laddove invece, trattandosi di agevolazione fiscale, era onere del contribuente dimostrare l’introduzione fisica nel deposito.

Il motivo è infondato. La CTR ha riconosciuto che in sede di verifica i locali furono ritenuti sufficientemente ampi per consentire le operazioni di carico/scarico Sulla base di tale verifica, e l’affermazione in p.v.c. secondo cui “in conclusione si può affermare che la gestione del deposito è regolare”, il giudice tributario ha concluso nel senso dell’idoneità della struttura ai fini della ricezione e stoccaggio della merce, anche considerando le scarse dimensioni delle partite e la natura di piccoli furgoni degli automezzi. L’affermazione secondo cui “l’Ufficio delle Dogane non ha fornito la prova che le merci non sono state introdotte nel magazzino, nè che i mezzi di trasporto non avrebbero potuto essere introdotti nei locali” segue all’accertamento di fatto relativo all’onere probatorio incombente sul contribuente, e cioè che sulla base della gestione regolare del deposito e l’idoneità dei locali poteva reputarsi provato l’inserimento della merce nel deposito. Provata tale circostanza insorgeva l’onere dell’Ufficio di neutralizzare quanto dimostrato dal contribuente, e tale onere, afferma il giudice di merito, non è stato assolto. La sentenza della CTR, avendo prima valutato la circostanza della prova positiva dell’inserimento della merce in deposito fornita dal contribuente, e successivamente la mancata dimostrazione da parte dell’Ufficio del non avvenuto inserimento della merce nel deposito, non ha violato le regole dell’onere della prova.

Con il secondo motivo si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente di avere specificatamente dedotto nell’atto di appello le circostanze poste a base dell’avviso di accertamento e che di tali circostanze è stato omesso l’esame.

Il motivo è inammissibile. La CTR ha considerato provata la circostanza dell’inserimento della merce nel deposito sulla base della idoneità dei locali e di quanto risultante dai p.v.c., secondo cui “in conclusione si può affermare che la gestione del deposito è regolare”. Le circostanze alla base dell’atto impositivo e richiamate nel motivo di censura, e cioè, le introduzioni ed estrazioni della merce nell’ambito della stessa giornata, l’inoltro della merce ai singoli destinatari a bordo del medesimo mezzo di trasporto dopo che era giunta al deposito, la presenza di compensi a forfait per i servizi di deposito, la mancanza di indicazione sui documenti di trasporto internazionali della destinazione del deposito, la non formalizzazione dei rapporti depositante/depositario, appaiono prive di decisività, una volta che sia assunta a base della decisione la circostanza indicata in p.v.c. della regolare gestione del deposito, nel senso che risultavano effettuati tutti gli adempimenti relativi ai depositi di merce in questione, e che i locali risultavano idonei. La dimostrazione delle circostanze richiamate nel motivo di censura non fa venir meno la circostanza dell’inserimento della merce in deposito, una volta che tale circostanza sia stata accertata dal giudice tributario sulla base degli elementi fattuali evidenziati dal medesimo giudice. Di qui la non decisività del fatto di cui si lamenta l’omesso esame.

Con il terzo motivo si denuncia violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis e dell’art. 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che, stante l’onere probatorio del ricorrente, la CTR doveva esaminare, come richiesto dall’Ufficio, la simulazione del contratto di deposito, riconoscendo che tale negozio era inopponibile all’Amministrazione perchè privo di qualsivoglia ragione giuridico-economica diversa da quella di avvalersi della norma agevolativa di cui all’art. 50-bis citato.

Il motivo è inammissibile. La ricorrente denuncia nelle forme della violazione di legge la mancata valutazione di una circostanza di fatto (la simulazione del contratto di deposito), la quale richiede la denuncia del vizio motivazionale.

Con il quarto motivo si denuncia violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17, 67 e 70 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che l’autofatturazione non è equivalente al versamento dell’IVA in dogana.

Il motivo è infondato. L’Amministrazione finanziaria non può pretendere il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui al D.L. n. 331 del 1993, n. 331, art. 50 bis, comma 4, lett. b, convertito, con modificazioni, nella L. n. 427 del 1993, qualora costui abbia già provveduto all’adempimento, sia pur tardivo, dell’obbligazione tributaria nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile mediante un’autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite, atteso che la violazione del sistema del versamento dell’IVA, realizzata dall’importatore per effetto dell’immissione solo virtuale della merce nel deposito, ha natura formale e non può peraltro mettere in discussione il suo diritto alla detrazione, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, in C-272/13 Equoland (Cass. 29 luglio 2015, n. 16109 e n. 15988; 8 settembre 2015, n. 17815 e 8 settembre 2015 n. 17814; 29 luglio 2015, n. 16109; si veda anche Cass. 19 settembre 2014, n. 19749).

Il consolidamento della giurisprudenza, a seguito di quella unionale, in epoca successiva al ricorso costituisce giusto motivo di compensazione delle spese processuali.

L’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (Cass. 29 gennaio 2016, n. 1778; 14 marzo 2014 n. 5955).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dispone la compensazione delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2016

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