Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16988 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/08/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 13/08/2020), n.16988

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25772-2016 proposto da:

IMMOBILIARE SAN GIOVANNI 2005 SRL, elettivamente domiciliata in ROMA

VIALE G. MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA

CIPOLLA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1921/2016 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 11/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Immobiliare San Giovanni 2005 Srl ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione Regionale del Lazio n. 1921/21/16, emessa il 23 febbraio 2016, che confermando la sentenza n. 774/08/15 della CTP di Roma, ha respinto l’appello della società volto all’annullamento dell’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, con il quale veniva confermato il valore della rendita catastale in Euro 195.518,50, già riportato in un precedente avviso di accertamento, pure impugnato dalla società.

Diritto

CONSIDERATO

che:

La ricorrente articola due motivi:

a) La violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7, al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, all’art. 24 Cost., comma 2, e all’art. 97 Cost., comma 1, avendo l’Agenzia motivato l’atto impositivo facendo rinvio ad un precedente classamento, a sua volta motivato per relationem a stime mai allegate a tale atto, mai riprodotte nel loro contenuto essenziale nello stesso atto, mai rese conoscibili alla contribuente con l’indicazione degli estremi identificativi. Sotto altro profilo censura l’operato dell’Agenzia per avere modificato nel corso del giudizio la motivazione della pretesa essendo passata da una valutazione operata con il criterio sintetico comparativo ad una valutazione operata esclusivamente sulla scorta di dati estrapolati da una pubblicazione non meglio indicata.

b) La violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione all’art. 2697 c.c. per inottemperanza ai criteri distributivi dell’onere di prova non avendo l’Agenzia assolto il proprio onere probatorio da un lato non producendo in giudizio le asserite stime richiamate nell’atto impositivo, dall’altro basando il classamento esclusivamente sulle quotazioni estrapolate da una pubblicazione (non meglio indicata) edita dall’Osservatorio BIR inidonea di per sè a costituire prova giuridica, trattandosi al più di un indizio.

L’Agenzia si è costituita con controricorso.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto è formulato in termini generici e contrari al principio di autosufficienza del ricorso, non avendo la ricorrente riprodotto in ricorso ovvero prodotto agli atti l’avviso di accertamento del quale lamenta la carenza di motivazione. In base al suddetto principio, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso.

In tema di ricorso per cassazione, invero, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla S.C. ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell’iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti (tra le tante Cass. n. 23834 del 2019).

Anche il secondo motivo è inammissibile perchè si risolve in una inammissibile valutazione alternativa del materiale probatorio acquisito agli atti. La sentenza impugnata ha ampiamente ed idoneamente motivato sull’adeguatezza della motivazione dell’atto di accertamento precisando che”… Quanto al difetto di motivazione dell’avviso, in primo luogo va considerato che questo riporta tutti gli elementi previsti dalla normativa vigente, quali gli identificativi catastali, l’ubicazione e la classificazione dell’Immobile e la rendita catastale, indicando per ogni elemento, es. area reception, area ristoro, residence ecc. i valori unitari.3. Va ancora considerata la lunga vicenda che precedette l’avviso oggi impugnato, in cui il contribuente ebbe modo di manifestare ampiamente le sue ragioni e confrontarsi con l’Ufficio. Il presente avviso richiama infatti il precedente di classamento, in cui venivano spiegate le modalità della valutazione. I dati censuari vennero proposti dalla parte il 15.6.2007, si trattava della prima variazione per cambio d’uso da casa di cura a residence. Vi fu la prima rettifica del 12.6.2008, ritenuta legittima dalle due sentenze citate di primo e di secondo grado. Indi l’1.9.2010 il contribuente presentava una seconda variazione per rettifica e l’Ufficio in data 8 luglio 2011 effettuava la rettifica ripristinando la medesima rendita catastale già attribuita. Pertanto i precedenti rapporti intercorsi tra le parti, e quindi la precedente conoscenza delle reciproche posizioni, ben giustificavano ampiamente il carattere schematico dell’avviso per cui è causa….”

Il ricorso, alla luce di quanto precede, deve essere rigettato. Le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Si da atto dell’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’agenzia delle entrate e le spese processuali che liquida in Euro 4000, oltre alle spese prenotate a debito.

Si da atto dell’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1.

Così deciso in Roma, adunanza camerale, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

 

 

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