Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16988 del 09/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16988 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MANCINO ROSSANA

SENTENZA

sul ricorso 30692-2007 proposto da:
CAVALIERE FILOMENA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA P.S. MANCINI 2, presso lo studio dell’avvocato
PUTTI PIETRO MARIA, rappresentata e difesa
dall’avvocato MENNA ANTONIO, giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
1593

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA
FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

Data pubblicazione: 09/07/2013

rappresentato

e

difeso

dagli

avvocati

RICCIO

ALESSANDRO, PATTERI ANTONELLA, VALENTE NICOLA, giusta
delega in atti;
– controri corrente nonchè contro

– intimato –

avverso la sentenza n. 568/2007 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 24/05/2007 r.g.n. 840/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/05/2013 dal Consigliere Dott. ROSSANA
MANCINO;
udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

MINISTERO DELL’ ECONOMIA E DELLE FINANZE;

30692/07 r.g.n. Cavaliere Filomena c/INPS + 1
Ud. 8 maggio 2013

L

Con sentenza del 24 maggio 2007, la Corte d’Appello di L’Aquila accoglieva il
gravame svolto dall’INPS avverso la sentenza impugnata che aveva accolto la
domanda proposta da Cavaliere Filomena per l’accertamento del diritto
all’assegno di invalidità civile con decorrenza della domanda amministrativa.

2.

La Corte territoriale puntualizzava che :
– con il gravame l’INPS evidenziava che l’assistita già percepiva l’assegno

di invalidità parziale dal 1981 conseguendone l’arbitrarietà del ricorso
giudiziale azionato indipendentemente dalla lesione di diritti soggettivi;
l’assistita, costituendosi nel giudizio di gravame, non contestava l’assunto
dell’INPS e rilevava che la percentuale del 67% riconosciuta in sede
anrunnistrativa, in caso di mancata impugnazione, avrebbe comportato la
revoca dell’assegno in godimento.

3. La Corte territoriale accoglieva il gravame sulla base del rilievo secondo cui la
provvidenza richiesta risultava già goduta dall’assistita e non revocata, e il 67
‘)/0 le era stato riconosciuto in sede di ricorso amministrativo ed era del tutto
ingiustificato. Inoltre, a cagione dell’evidente malafede dell’assistita e in
applicazione della nuova formulazione dell’art. 152 disp. att., la Corte
territoriale disponeva la condanna dell’assistita al pagamento delle spese del
doppio grado di giudizio.
4. Avverso l’anzidetta sentenza, Cavaliere Filomena ha proposto ricorso per
cassazione fondato su due motivi. L’INPS ha resistito con controricorso,
eccependo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso, illustrato
ulteriormente con memoria ex art. 378 c.p.c. Il Ministero dell’Economia e
delle Finanze è rimasto intimato.

Motivi della decisione
5. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia vizio di insufficiente,
omessa, contraddittoria motivazione per avere la Corte di merito ritenuto
arbitraria l’azione giudiziale intrapresa.
6. Occorre premettere la scarsa chiarezza nell’illustrazione della censura, svolta
sul crinale della violazione di legge e non del vizio motivazionale, come del
resto confermato dalla mancanza del momento di sintesi, a mente dell’art.

Rossana Mancino est.
30692/07 r.g.n. Cavaliere Filomena c/INPS + 1

Svolgimento del processo

366-bis c.p.c., applicabile ratione tempotis, e dall’enunciazione di quesiti di
diritto, a corredo dell’enunciazione del mezzo d’impugnazione, imperniati
sulla violazione della regolamentazione giuridica della fattispecie, piuttosto
che sulle critiche all’iter argomentativo della statuizione impugnata.

8. Si osserva, al riguardo, in linea generale, che il giudizio promosso dall’assistito
non già per la contestazione di un provvedimento di revoca del beneficio
assistenziale goduto, sibbene per il mero accertamento giudiziale della
persistente sussistenza di un requisito sanitario richiesto ex lege, pur
paventando, a suffragio della domanda, la revoca del beneficio goduto sulla
scorta di una ridotta percentuale del gradiente invalidante riconosciuta in sede
amministrativa, non palesa, in difetto del provvedimento di revoca del
beneficio goduto, né una res dubia, né la lesione attuale di un diritto
previdenziale azionabile.
9. Né assume rilievo l’evocata generica tutela dei diritti soggettivi dell’invalido
civile e il dovere del giudice, ex art. 149 disp. att. c.p.c., di valutare gli
aggravamenti verificatisi nel corso del procedimento amministrativo, giacché
non viene in considerazione, nella vicenda in esame e ai fini dell’applicazione
della richiamata disposizione del codice di rito, un diritto previdenziale del
quale l’ente previdenziale pretende di negarne il godimento, giacché,
all’evidenza, detto godimento è da sempre nella disponibilità dell’assistita.

io. Né vale a smentire quanto fin qui ritenuto l’argomento, enunciato dalla difesa
dell’assistita, di aver agito “al fine di ottenere la qualifica di invalido totale e il
diritto a percepire evidentemente la pensione di inabilità”, giacché, in questa
sede, l’affermazione si risolve in mera asserzione non introdotta puntualmente
con il ricorso per cassazione, attraverso lo svolgimento di un’adeguata critica
alla sentenza impugnata per error in procedendo o per errata qualificazione o
interpretazione della domanda.
Col secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., la
ricorrente si duole che la Corte di merito, ravvisata, nella specie, una lite
temeraria, abbia, per l’effetto, condannato l’assistita alle spese del doppio
grado di giudizio, trascurando, tuttavia, di considerare che, a cagione del

2
Rossana Mancino est.
30692/07 r.g.n. Cavaliere Filomena c/INPS + 1

7. In ogni caso va rilevato che correttamente la Corte di merito, con
motivazione immune da censure e da vizi logici, ha rilevato l’infondatezza
della domanda azionata da assistita che già godeva, fin dal 1981, del beneficio
richiesto in giudizio, l’assegno di invalidità civile, mai revocato dall’ente
previdenziale.

gravame dell’INPS avverso la sentenza di primo grado, ella si era vista
costretta a resistere nel giudi7io d’impugnazione.
12. Rileva il Collegio che il capo della sentenza della Corte territoriale ora
censurato si basa, come già esposto nello storico di lite, su due rationes
decidendi, vale a dire l’evidente malafede dell’appellata e la nuova formulazione
dell’art. 152 disp. att. c.p.c., delle quali risulta, all’evidenza, censurata solo la
prima ratio decidendi.

giurisprudenza di questa Corte, enunciando il principio secondo il quale, nel
caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un
capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a
sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, che
ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura e che il ricorso
abbia esito positivo nella sua interezza, con l’accoglimento di tutte le censure,
affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale
deve mirare alla cassazione della sentenza, in toto o nel suo singolo capo, per
tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano.
14. Ne consegue che è sufficiente che, come nella specie, anche una sola delle
dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata
impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso
il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo
inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste
a base della sentenza o del capo impugnato (v. ex multis, Cass. SU
10374/2007; Cass. 13906/2007; Cass., SU 16602/2005).
15. Ne consegue, per quanto detto, l’inammissibilità del motivo di censura in
esame.
16. In definitiva il ricorso va, pertanto, rigettato.
17. La regolamentazione delle spese di lite, in favore dell’INPS, segue la
soccombenza giacché non sussistono le condizioni previste dall’art. 152 disp.
att. c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis (trattandosi di giudizio di primo
grado iniziato in epoca successiva al 2 ottobre 2003), per l’esonero dal
pagamento delle spese processuali, in relazione alla necessaria indicazione, fin
dall’atto introduttivo del giudizio, dell’apposita dichiarazione sostitutiva di
certificazione attestante il possesso delle condizioni reddituali previste dalla
norma (ex multis, Cass. 10875/2009; Cass. 17197/2010; Cass. 13367/2011;
Cass. 5363/2012 e numerose conformi)

3
Rossana Mancino est.
30692/07 r.g.n. Cavaliere Filomena c/INPS + 1

13. Al riguardo va richiamato quanto in più pronunzie affermato dalla

Nulla deve disporsi in favore della parte rimasta intimata.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore
dell’INPS, delle spese, liquidate in euro 1.500,00 per compensi professionali,
oltre accessori di legge, ed euro 50,00 per esborsi; nulla spese per la parte
rimasta intimata.
Così deciso in Roma, 1’8 maggio 2013.

18.

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