Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16987 del 04/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 04/08/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 04/08/2011), n.16987

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Luigi Giuseppe

Favarelli n. 22, presso lo studio dell’Avv. Maresca Arturo, che la

rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.P., elettivamente domiciliato in Roma, via Luigi Luciani

n. 1, presso lo studio dell’Avv. BITTI Daniele Manca, rappresentato e

difeso dall’avv. LUCIANO GIOVANNI BATTISTA per procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 71/2009 della Corte d’appello di Cagliari,

Sezione distaccata di Sassari, pronunziata in causa n. 238/08 r.g.

lav., depositata in data 4.03.2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 25.05.2011 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito l’Avv. Manca Bitti per delega Luciano;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa

CESQUI Elisabetta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

1.- S.P. chiedeva al giudice del lavoro di Sassari che fosse dichiarata la nullità del termine apposto ad un contratto di assunzione per il periodo 1.07-30.09.01 alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a. Accolta la domanda, il giudice dichiarava l’esistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e la condanna del datore al risarcimento del danno.

2.- Proposto appello da Poste Italiane, la Corte d’appello di Cagliari, Sezione di Sassari, con sentenza pubblicata il 4.03.09, rigettava l’impugnazione.

Rilevava il giudice che il contratto era stipulato in forza dell’art. 25 del CCNL Poste 11.1.01, per due causali: a) esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, b) necessità di espletamento del servizio di recapito in concomitanza di assenza per ferie del personale avente diritto alla conservazione del posto di lavoro. Pur consapevole che il contratto era stipulato nell’ambito del complesso normativo costituito dalla L. n. 56 del 1987, art. 23 e dalla successiva contrattazione collettiva attuativa e che quest’ultima era quindi legittimata a fissare ipotesi di apposizione del termine ulteriori a quelle previste dalla L. n. 230 del 1962, la Corte riteneva che, in ogni caso, al giudice competesse di verificare se la causale apposta ricorresse effettivamente nei fatti. Ritenendo non provato che nella specie ricorressero le conclamate esigenze straordinarie (prima fattispecie) e che l’assunzione fosse stata effettuata per sostituire personale in ferie (seconda fattispecie), la Corte rigettava l’impugnazione.

3.- Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso per cassazione, cui rispondeva S. con controricorso.

Il consigliere relatore ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

4.- I motivi dedotti da Poste Italiane s.p.a. possono essere sintetizzati come segue.

4.1.- Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, non avendo il giudice di appello preso in esame l’eccezione di risoluzione del contratto per mutuo consenso sollevata in primo grado e reiterata in appello.

4.2.- Violazione degli artt. 112 e 414 c.p.c. per omessa esame delle deduzioni svolte dal S. in appello, ove lo stesso non aveva contestato l’insussistenza della prova del collegamento tra le esigenze indicate nel contratto e quelle che avevano concretamente determinato l’assunzione.

4.3.- Violazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 della L. n. 230 del 1962 e dell’art. 25 del ccnl 11.1.01, in relazione alla causale “esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, …”, avendo il giudice di appello ignorato che il comma 2 di detto art. 25 contiene autorizzazione ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a termine, senza necessità di individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra i singoli contratti e le esigenze aziendali.

4.4.- Violazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 della L. n. 230 del 1962 e dell’art. 25 del ccnl 11.1.01, in relazione alla causale “concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno- settembre”, avendo il giudice di appello ignorato che l’unico presupposto richiesto per il ricorso a tale causale fosse che l’assunzione intervenisse nel periodo in cui di norma i dipendenti fruiscono delle ferie.

5.- I motivi terzo e quarto (v. nn. 4.3 e 4.4.), di cui si ritiene opportuno anticipare la trattazione per ragioni di economia processuale, sono fondati in ragione della giurisprudenza di questa Corte, che sulle questioni sollevate dalla ricorrente ha adottato orientamenti ormai consolidati.

5.1.- Nel contratto de quo – stipulato per fare fronte ad esigenze straordinarie e per la necessità di sostituzione di personale assente – pur in presenza di duplicità di ragioni legittimanti, l’apposizione del termine è dì per sè legittima, non costituendo la loro contemporanea indicazione incertezza sulla motivazione giustificatrice del contratto, con l’unica condizione che non sussista incompatibilità o intrinseca contraddittorietà tra dette motivazioni (Cass. 17.6.08 n. 16396).

5.2.- Con riferimento all’art. 25 del CCNL 11.1.01 – al pari di quanto previsto per l’art. 8 del CCNL 26.11.94 – la giurisprudenza di questa Corte ha legittimato l’interpretazione che il legislatore ha conferito una delega in bianco ai soggetti collettivi, non imponendo al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema della L. n. 230 del 1962, ma consentendo alle parti stipulanti di esprimersi secondo le specificità del settore produttivo e autorizzando Poste Italiane s.p.a. a ricorrere (nei limiti della percentuale fissata) allo strumento del contratto a termine, senza altre limitazioni.

L’assenza di collegamento con la disciplina generale del contratto a termine consente di affermare che il raccordo sindacale autorizza la stipulazione dei contratti a termine pur in mancanza di collegamento tra l’assunzione del singolo e le esigenze di carattere straordinario richiamate per giustificare l’autorizzazione (Cass. 26.9.07 n. 20157 e 20162, 1.10.07 n. 20608).

Non è richiesta, dunque, la prova che le singole assunzioni e la destinazione alle specifiche mansioni cui il dipendente fu addetto furono adottate in concreto per far fronte alle esigenze descritte nella fattispecie astratta, ma solo il riscontro che le assunzioni in questione erano ricollegabili alle esigenze aziendali considerate nella norma collettiva.

5.3.- Circa il collegamento dell’assunzione con le esigenze aziendali deve richiamarsi la giurisprudenza che ha riconosciuto l’incidenza dell’accordo del 18.1.01 (peraltro non considerato dalla sentenza impugnata). Tale accordo costituisce attuazione della procedura di confronto sindacale prevista dallo stesso art. 25 del contratto collettivo, a norma del quale prima di dare corso alle conseguenti assunzioni, la materia formerà oggetto di confronto: a) a livello nazionale, qualora risultino interessate più regioni … Sulla base del testo del suddetto accordo – ove si legge che le 00.SS. ,..

convengono ancora che i citati processi, tuttora in corso, saranno fronteggiati in futuro anche con il ricorso a contratti a tempo determinato, stipulati nel rispetto della nuova disciplina pattizia delineata dal c.c.n.l. 11.1.2001 -, è stato osservato, il significato letterale delle espressioni usate è così evidente e univoco che non necessita di un più diffuso ragionamento al fine della ricostruzione della volontà delle parti di ricollegare le assunzioni precarie alla particolare situazione di riorganizzazione aziendale (v. al riguardo la già richiamata sentenza n. 20608 del 2007).

5.4.- Analogamente deve rilevarsi che l’art. 25 consente l’assunzione a termine per la sostituzione di lavoratori in ferie.

La giurisprudenza di questa Corte, decidendo su fattispecie inerenti l’ipotesi di assunzione a tempo determinato previste e dall’art. 8 del ccnl 26.11.94 e dall’art. 25 del ccnl 11.1.01 dei lavoratori postali per “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno/settembre” ha cassato le sentenze di merito che avevano affermato la sussistenza dell’obbligo di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito ravvisando in esse di una violazione di norme di diritto e di un vizio di interpretazione della normativa collettiva.

La violazione di norme di diritto è stata individuata nella statuizione con la quale la sentenza di merito ha negato che l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva – nonostante il sistema di delega sopra indicato – fosse del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie. Ed infatti, anche in questo caso i sindacati, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere oggettivo ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente soggettivo, consentendo l’assunzione di speciali categorie di lavoratori, costituendo anche in questo caso l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i suddetti lavoratori e per una efficace salvaguardia dei loro diritti.

Per quanto concerne il vizio di interpretazione della normativa collettiva, si è ritenuto che il giudice di merito, di fronte al quadro legislativo di riferimento debba procedere all’esame del significato delle espressioni usate dalle parti stipulanti, in particolare svolgendo l’indagine sulle ragioni dell’uso di una formula contrattuale diversa da quella della L. n. 230 del 1962, e priva di riferimenti alla sostituzione di dipendenti assenti, sostituita dalla precisazione del periodo per il quale l’autorizzazione è concessa (pur potendo le ferie essere fruite in periodi diversi), verificando altresì se la necessità di espletamento del servizio faccia riferimento a circostanze oggettive, o esprima solo le ragioni che avevano indotto a prevedere quest’ipotesi di assunzione a termine, nell’intento di considerarla sempre sussistente nel periodo stabilito, in correlazione con l’uso dell’espressione “in concomitanza” (v., da ultimo, Cass. 2.3.07 n. 4933 con riferimento alla norma del 1994 e Cass. 28.5.09 n. 12530 con riferimento alla norma del 2001, oltre in entrambi i casi numerose altre conformi).

In ogni caso, altre decisioni di questa Corte hanno confermato la decisione di merito che, decidendo sulla stessa fattispecie, aveva ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo, nel senso che l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie (v. per tutte Cass. 6.12.05 n. 26678).

6.- Avendo il giudice di merito ritenuto, in contrasto con detta giurisprudenza, che nella specie dovesse essere data la prova delle conclamate esigenze straordinarie (prima fattispecie) e che l’assunzione fosse stata effettuata per sostituire personale in ferie (seconda fattispecie), i motivi terzo e quarto debbono essere ritenuti fondati.

7.- Fondati i motivi terzo e quarto ed assorbiti i motivi primo e secondo, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, la domanda del S. deve essere rigettata.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese dei due gradi di merito, atteso che la giurisprudenza della Corte di cassazione ha definitivamente enunziato i principi di diritto ora applicati solamente dopo l’inizio della causa.

Le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, invece seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta, la domanda;

– compensa tra le parti le spese del giudizio di primo e secondo grado;

– condanna il controricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi ed in Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2011

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