Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16984 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/08/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 13/08/2020), n.16984

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26467-2014 proposto da:

IMMOBILIARE SAN GIOVANNI 2005 SRL, elettivamente domiciliata in ROMA

VIALE G. MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA

CIPOLLA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, pressa

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1728/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 20/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Immobiliare San Giovanni 2005 Srl ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione Regionale del Lazio n. 1728/37/14, emessa il 25 febbraio 2014, che confermando la sentenza n. 420/31/11 della CTP di Roma, ha respinto l’appello della società volto all’annullamento dell’avviso di accertamento RM0830898/2008 dell’Agenzia delle Entrate, con il quale veniva rettificato il valore della rendita catastale espressa in DOCFA da Euro 131.674,00 ad Euro 195.518,50.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente articola due motivi, ribaditi con memoria:

a) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, dell’art. 24 Cost., comma 2, e dell’art. 97 Cost., comma 1, avendo l’Agenzia motivato per relationem l’atto impositivo facendo rinvio a stime mai allegate a tale atto, neanche riprodotte nel loro contenuto essenziale, mai rese conoscibili alla contribuente per averne omesso anche l’indicazione degli estremi identificativi. Sotto altro profilo, si censura l’operato dell’Agenzia per avere modificato nel corso del giudizio la motivazione della pretesa essendo passata da una valutazione operata con il criterio sintetico comparativo ad una valutazione operata esclusivamente sulla scorta di dati estrapolati da una pubblicazione (non meglio indicata) edita dall’Osservatorio BIR.

b) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c. e dei criteri distributivi dell’onere di prova non avendo l’Agenzia assolto il proprio onere probatorio, da un lato non producendo in giudizio le asserite stime richiamate nell’atto impositivo, dall’altro basando il classamento esclusivamente sulle quotazioni estrapolate da una pubblicazione (non meglio indicata) edita dall’Osservatorio BIR inidonea di per sè a costituire prova giuridica. L’Agenzia si è costituita al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Il primo motivo è inammissibile in quanto è formulato in termini generici e contrari al principio di autosufficienza del ricorso, non avendo la ricorrente prodotto agli atti il provvedimento impugnato ovvero riprodotto le parti essenziali dell’avviso di accertamento oggetto delle censure. In base al suddetto principio, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso. In tema di ricorso per cassazione, invero, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla S.C. ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti.(tra le tante, Cass. n. 23834 del 2019).

Anche il secondo motivo è inammissibile perchè si risolve in una on consentita, in questa sede, valutazione alternativa del materiale probatorio acquisito agli atti. Il giudice dell’appello, infatti, ha formulato un giudizio di adeguatezza del comportamento processuale dell’Ufficio, avuto riguardo all’onere probatorio che lo riguardava, avendo tenuto conto degli elementi emersi dalla procedura DOCFA, per sua natura fortemente partecipativa e rispettosa delle deduzioni di parte.

Il ricorso, alla luce di quanto precede, deve essere rigettato.

Nulla per le spese in assenza di attività difensiva della controricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello spettante per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, adunanza camerale, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

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