Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16981 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/07/2017, (ud. 06/06/2017, dep.07/07/2017),  n. 16981

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8269-2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO

SGROI, LELIO MARITATO ed EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente –

contro

V.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 94, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA FIORE, che lo

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato

FEDERICO SALA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 677/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 06/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/06/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO

che il Tribunale di Milano dichiarava l’illegittimità della iscrizione a ruolo ed annullava la cartella di pagamento opposta da V.S. (socio ed amministratore della Antifurti Satellitari sii, come tale iscritto alla Gestione Separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26), avente ad oggetto le somma di Euro 770,66, da corrispondere all’I.N.P.S. a titolo di omessi contributi e relative sanzioni di pertinenza della Gestione Commercianti relativi all’anno 2010;

che la Corte di appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe confermava la decisione di primo grado, sul rilievo che, pur dovendo aderirsi alla tesi della legittimità della doppia iscrizione, non operando nel caso specifico la “fictio inrú” dell’unificazione della contribuzione sulla base dell’attività prevalente, tuttavia non era riscontrabile, ai fini della iscrizione alla Gestione Commercianti, la sussistenza dei requisiti specificamente previsti dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, posto che gli elementi probatori raccolti nel corso dell’accertamento istruttorio non erano stati idonei a comprovare la sussistenza di un impegno lavorativo del V., nel suo momento esecutivo, abituale e prevalente rispetto agli altri fattori produttivi, potendo le attività dallo stesso svolte, quali individuate dall’INPS (di mantenimento di rapporti con clienti, fornitori e banche e di referente della maestranze), essere limitate al momento decisionale e non a quello propriamente attuativo, delegato alle apposite strutture aziendali; che si aggiungeva che le attività espletate erano compatibili con l’espletamento del ruolo di amministratore;

che per la cassazione di tale decisione ricorre l’I.N.P.S., in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.p.A., affidando l’impugnazione ad unico motivo, cui resiste, con controricorso, il V.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale il V. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2. che l’Istituto denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. dalla L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 cod. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che le norme richiamate della L. n. 662 del 1996avevano inteso estendere l’obbligo di iscrizione a soggetti, tra i quali i soci di società a responsabilità limitata, prima esclusi in ragione della limitazione della loro responsabilità, e che il requisito della personale partecipazione al lavoro aziendale con abitualità e prevalenza, previsto ai fini dell’iscrizione alla gestione commercianti, doveva estendersi a quelle prestazioni di lavoro relative alle attività connesse, grazie alle quali il servizio veniva reso, potendo anche attività limitate alla funzione organizzativa e direttiva di natura intellettuale essere idonee a rendere effettivo l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti;

3 che il Collegio ritiene il ricorso infondato;

4. che la giurisprudenza di legittimità in tema di “doppia iscrizione” ha ripetutamente affermato che, al fine dell’insorgenza dell’obbligo di iscrizione (anche) alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, la disciplina di riferimento richiede che l’esercizio di attività in forma d’impresa ad opera di commercianti, artigiani o coltivatori diretti debba essere contemporaneo all’esercizio di attività autonoma per la quale è obbligatoria l’iscrizione alla gestione separata L. n. 335 del 1995, ex art. 2, comma 26, e che, ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, autenticamente interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. in L. n. 122 del 2010, non opera la fictio iuris dell’unificazione della contribuzione sulla base del parametro dell’attività prevalente, ma vale il principio della doppia iscrizione. Pertanto, il socio di una società a responsabilità limitata, che svolge per la società stessa attività di lavoro autonomo, quale collaboratore coordinato e continuativo, è soggetto a doppia contribuzione, presso la gestione separata per i compensi di lavoro autonomo e presso la gestione commercianti per il reddito d’impresa (Cass. ss.uu. n. 17076 del 2011, ord. n. 9803 del 2012 e n. 9153 del 2012);

che, ai fini dell’affermazione dell’obbligo della doppia iscrizione (nella gestione separata e nella gestione commercianti) è necessario che, nella situazione data, del socio amministratore di una società di capitali che partecipi personalmente al lavoro aziendale, la prestazione offerta abbia carattere di abitualità e preponderanza rispetto agli altri fattori produttivi, intendendosi per partecipazione al lavoro aziendale lo svolgimento dell’attività operativa in cui si estrinseca l’oggetto dell’impresa (cfr., da ultimo Cass. 8474/2017 e Cass. 12560/2017 con riguardo ai criteri da utilizzare per tale ordine di valutazione);

che la verifica della sussistenza di requisiti di legge per tale “coesistenza” è compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo – cfr. ex multis Cass. 20 aprile 2002, n. 5763; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600 -) venga compiutamente assolto, potendo assumere rilevanza, ai fini di tale valutazione e, quindi, della prova del personale apporto all’attività di impresa, con diretta ed abituale ingerenza dell’amministratore nel ciclo produttivo della stessa, elementi quali la complessità o meno dell’impresa, l’esistenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni (Cass. n. 11685 del 2012);

5. che, nella specie, il decisum della Corte territoriale, incentrato sullo svolgimento da parte del V. della attività collegata alla funzione gestoria propria del ruolo di amministratore della società, senza alcuna abituale e prevalente, rispetto agli altri fattori produttivi, partecipazione diretta all’ attività dell’azienda relativa all’aspetto propriamente attuativo (per la quale si avvaleva di apposite strutture aziendali), non è validamente infirmato dalla parte ricorrente e dai mezzi d’impugnazione articolati;

che la qualifica di socio di una società di capitali (con responsabilità limitata al capitale sottoscritto e con partecipazione alla realizzazione dello scopo sociale esclusivamente tramite il conferimento di tale capitale) non può di per sè essere significativa dell’esercizio di diretta attività commerciale nell’azienda;

che, conclusivamente, deve rilevarsi come, nel caso in esame, la regola dell’onere della prova di cui alla denunciata violazione di legge è stata osservata, mentre esula dall’esame di questa Corte, delimitato dai rilievi dell’Istituto ricorrente, la valutazione in concreto degli elementi a sostegno di una “coesistenza”, per l’intero periodo di cui alla pretesa contributiva, di attività riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione societaria;

6. che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso deve essere rigettato, essendo i rilievi contenuti in memoria confotnii al contenuto della proposta;

7. che le spese del presente giudizio di legittimità cedono a carico del ricorrente, per il principio della soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

6. che, essendo stato il ricorso notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’istituto di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 1500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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