Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16980 del 24/07/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 16980 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 25281-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore Centrale
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
ALLIANZ SPA, in persona del Dirigente e del Funzionario nonchè
legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA FEDERICO CESI 72, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 24/07/2014

DOMENICO BONACCORSI DI PATTI, che la rappresenta e
difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 275/51/2011 della COMMISSIONE

depositata 1’11 /11 /2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO;
udito l’Avvocato Federico Di Matteo (Avvocatura) difensore della
ricorrente che si riporta agli scritti;
udito l’Avvocato Domenico Bonaccorsi Di Patti difensore della
controricorrente che si riporta agli scritti.

Ric. 2012 n. 25281 sez. MT – ud. 04-06-2014
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TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI del 21/10/2011,

Fatto e diritto
Ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria
la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
La CTR di Napoli ha disatteso l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n.511/08/2009 della CTP di Caserta che aveva accolto integralmente
l’impugnazione proposta dalla “Allianz spa”- ed ha perciò annullato l’avviso di
liquidazione ed irrogazione di sanzioni adottato per effetto dell’omesso pagamento
della tassa di registro pretesa in relazione alla sentenza n.881/2006 emessa dal
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in sede di appello e su impugnazione di
sentenza del locale Giudice di Pace.
La CTR ha motivato la sua decisione evidenziando che l’art.46 della legge
n.374/1991 (istitutiva del “giudice di pace”) prevede che le cause e le attività
conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di € 1.033,00
e gli atti ed i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti solo al pagamento del
contributo unificato secondo gli importi previsti dall’art.13 del T.U. di cui al DPR
n.115/2002, senza fare espresso riferimento alle controversie di primo grado, sicchè è
da intendersi che detta formulazione si riferisca anche agli eventuali successivi gradi
di giudizio. Di ciò vi è conferma anche nella pronuncia n.98/2004 della Corte
Costituzionale.
L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a unico motivo.
La parte contribuente si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnati allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Con il motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.46 dianzi
richiamato) la parte ricorrente si duole della ritenuta applicabilità dell’esenzione dal

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letti gli atti depositati

pagamento della tassa di registro anche alle sentenze pronunciate in grado di appello
avverso le pronunce del giudice di pace, nelle cause di valore non eccedente la
somma di € 1.033,00, nonostante il fatto che la norma che detta esenzione prevede sia
inserita nel testo della legge istitutiva del giudice di pace, ciò che induce a ritenere
che l’esenzione trovi applicazione alle sole sentenze pronunciate in primo grado dal

Il motivo appare infondato e da disattendersi.
Va anzitutto premesso che l’art.46 della legge n.374/1991 prevede una vera e propria
esenzione dal pagamento della tassa di registro in relazione ai provvedimenti
giudiziari come quello di cui qui si discute, siccome era fatto più esplicitamente
chiaro dalla versione del testo normativo antecedente alla novella apportata
dall’articolo 1 della legge 30/12/2004 n. 311, a mente della quale era previsto
che:”Gli atti e i provvedimenti relativi alle cause ovvero alle attivita’ conciliative
in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di due milioni di lire
sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di
qualsiasi specie e natura”. Con la nuova versione della norma (“Le cause e le
attivita’ conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di
euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al
pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall’articolo 13
del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002,
n. 115, e successive modificazioni”), applicabile alla specie di causa ratione
temporis, il Legislatore, se anche ha omesso l’utilizzo del termine “esenzione”, non
ne ha alterato la natura, per quanto ne ha certamente ampliato l’effetto esonerativo,
ponendo al centro di quest’ultimo la procedura giudiziale alla quale poi “gli atti ed i
provvedimenti” si riferiscono, in modo tale che non possa essere eluso il senso
totalmente comprensivo dell’esenzione medesima.
Ciò posto, occorre evidenziare che l’assunto di parte ricorrente -secondo il quale
l’esenzione dal pagamento della tassa di registro implica l’esistenza del duplice
presupposto oggettivo (il limite di valore della causa come dianzi indicato) e

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giudice di pace medesimo.

soggettivo (l’adozione della sentenza da parte del giudice di pace)- non trova alcun
riscontro esplicito od implicito nella previsione normativa, atteso che l’art.46 dianzi
menzionato —nel suo significato ampiamente comprensivo dianzi messo in luce- si
riferisce genericamente alle cause ed alle attivita’ conciliative in sede non
contenziosa il cui valore non eccede € 1.033,00, ciò che abilita l’interprete a ritenere

rileva, alle sentenze adottate in tutti i gradi di giudizio.
Ed invero, la sedes materiae (e cioè il fatto che si tratti proprio della legge istitutiva
del giudice di pace) non appare elemento idoneo ad escludere la conclusione che
precede, attesa la lettera omnicomprensiva della previsione normativa che appare
coinvolgere l’intero sviluppo del procedimento giudiziale che in primo grado è
attribuito alla competenza del predetto organo giudiziale, sotto l’egida dell’unica
condizione che si tratti di “cause ….il cui valore non ecceda la somma di € 1.033,00”.
E ciò anche alla luce del fatto che nell’ambito del medesimo tessuto normativo il
legislatore ha più volte distinto, in relazione all’applicazione di questo o
quell’istituto, tra la specifica attribuzione del giudice di pace e quelle degli altri
organi giudicanti (si consideri, ad esempio, l’art.20 della legge anzidetta nel quale —a
proposito della disciplina del patrocinio dettata dal novellato art.82 del cpc- si
distingue per ordini di valori e per organi giudiziari avanti ai quali le procedure si
svolgono, ciò che certamente il legislatore non avrebbe mancato di riproporre anche a
proposito dell’esenzione qui in parola, ove la “intentio” fosse stata nel senso di
prevederla esclusivamente per il grado di giudizio destinato a svolgersi innanzi al
giudice di pace).
D’altronde, la ratio manifesta della disciplina qui in esame non è quella di agevolare
l’accesso alla tutela giurisdizionale avanti al giudice di pace (perché, altrimenti,
sarebbe stato incongruo contemplare un limite di valore e sarebbe stato irragionevole
esonerare l’utente da una tassa da pagarsi “a posteriori”, pur conservando l’onere del
contributo dovuto a mente del DPR n.115/2002, la cui efficacia anche deflattiva è
assicurata dalla previsione del versamento da farsi al momento dell’iscrizione a

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che il legislatore abbia voluto fare riferimento, ai fini dell’esenzione e per quanto qui

ruolo) ma bensì quella di alleviare l’utente dal costo del servizio di giustizia per le
procedure di valore più modesto, in relazione alle quali è evidentemente apparso
incongruo pretendere l’assolvimento di un tributo che, per il fatto di essere
determinato in termini ordinariamente percentuali rispetto alla rilevanza economica
della causa avente valore determinato, ammonta comunque ad importo irrisorio e

In relazione a siffatta ratio appare del tutto coerente la previsione di una esenzione
generalizzata, in deroga alla previsione dell’art.37 del DPR n.131/1986, dal
pagamento della tassa di registro per tutte le sentenze adottate nelle procedure
giudiziarie di valore modesto, indipendentemente dal grado di giudizio e dall’ufficio
giudiziario adito, sicchè la norma qui in esame non può considerarsi —ai fini che qui
occupano- né oggetto di applicazione analogica né soggetta ad interpretazione di
genere estensivo ma semplicemente applicata nel suo lineare e chiaro tenore testuale.
Si tratta di ratio analoga a quella in virtù della quale l’Agenzia delle Entrate
(pronunciandosi con la Risoluzione del 30/10/2008 n. 408 in relazione all’analoga
fattispecie esonerativa dell’art.23 della legge n.689/1991, nella lettera vigente fino al
06/10/2011 della norma poi soppressa dall’art.34 del Decreto legislativo 01/09/2011
n. 150) ha ritenuto che “nel giudizio di opposizione all’irrogazione di sanzioni
amministrative l’esenzione da ogni tassa e imposta degli atti del processo e della
decisione si applica anche ai gradi del processo successivi al primo”, ciò che
costituisce ulteriore conferma della validità dell’assunto del giudice del merito, su cui
qui si concorda.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta infondatezza.
Roma, 27 gennaio 2014

ritenuto inoltre:
che all’adunanza camerale del 16.4.2014 il collegio ha considerato insussistenti i
presupposti dell’art.375 cpc ai fini della decisione con il rito della camera di

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spesso inadeguato a giustificare una complessa procedura di esazione.

consiglio, rimettendo la causa all’udienza pubblica;
che il presidente della sezione sesta ha perciò fissato l’udienza per la pubblica
discussione;
che si è provveduto alle comunicazione e notificazione a mente dell’art.377 cpc e
che la causa è stata discussa alla pubblica udienza del 4.6.2014;

dell’art.378 cpc;
che la Corte, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide gli
argomenti in fatto e in diritto esposti nella relazione, argomenti che possono essere
ritenuti idonea motivazione della presente decisione;
che, in considerazione di detti motivi, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q .M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite
di questo grado, liquidate in € 700,00 oltre accessori di legge ed oltre € 100,00 per
esborsi.
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Così d so in Roma il 4 giugno 2014

che la parte controricorrente ha depositato anche memoria illustrativa ai sensi

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