Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16979 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/06/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 16/06/2021), n.16979

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCITO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22445/2016 R.G. proposto da:

(OMISSIS) srl unipersonale, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Luciano Pennacchio, con

domicilio eletto in Roma, via Ennio Quirino Visconti n. 11, presso

lo studio dell’avv. Angela Fiorentino;

– ricorrente –

contro

Equitalia Servizi di Riscossione spa, incorporante Equitalia Sud spa,

in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa dall’avv. Alba Amatucci, con domicilio eletto in Roma, via

Antonio Bertoloni n. 55 presso lo studio dell’avv. Simone

Stefanelli;

– controricorrente –

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 1695/31/16, depositata il 22 febbraio 2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio

2021 dal Consigliere Enrico Manzon.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 1695/31/16, depositata il 22 febbraio 2016 la Commissione tributaria regionale della Campania dichiarava inammissibile l’appello proposto da (OMISSIS) srl unipersonale avverso la sentenza n. 1554/9/15 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che ne aveva dichiarato inammissibile il ricorso contro la cartella esattoriale per imposte dirette ed IVA 2007.

La CTR osservava in particolare che la sentenza impugnata era stata depositata il 23 gennaio 2015 e notificata in data 12 marzo 2015 presso lo studio dei difensori domiciliatari della società contribuente; che pertanto, essendo il termine per appellare detta decisione di 60 giorni, la notifica del gravame avvenuta sia per l’agente della riscossione che per l’agenzia fiscale il 21 luglio 2015 doveva considerarsi tardiva, con la conseguente inammissibilità dell’appello.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) srl unipersonale deducendo un motivo unico.

Resistono con controricorso Equitalia Servizi di Riscossione spa, incorporante Equitalia Sud spa, e l’Agenzia delle entrate.

Nelle more del giudizio la società ricorrente ha depositato una memoria con allegato dispositivo di sentenza dichiarativa del suo fallimento.

Diritto

CONSIDERATO

che:

In via preliminare deve rigettarsi l’istanza di interruzione/sospensione del procedimento a causa della dichiarazione di fallimento della ricorrente formulata dal difensore della stessa con la memoria depositata in vista dell’odierna adunanza camerale non partecipata.

Va infatti dato seguito al principio che “L’intervenuta modifica dell’art. 43 L. Fall., per effetto del D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 41, nella parte in cui stabilisce che “l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo”, non comporta l’interruzione del giudizio di legittimità, posto che in quest’ultimo, in quanto dominato dall’impulso d’ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge” (Cass., n. 27143 del 15 novembre 2017, Rv. 646008 – 01)

Con l’unico motivo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 149 e 327 c.p.c., della L. n. 890 del 1982, art. 7, poichè la CTR, sulla base della considerazione che la notifica della sentenza appellata fosse da ritenersi valida e che quindi il termine per appellarla fosse quello c.d. “breve”, ha ritenuto il suo gravame tardivo e quindi inammissibile.

La censura è infondata.

Va ribadito che:

– “In materia di notificazione eseguita dall’agente postale, la corrispondente relata fa fede, fino a querela di falso, per le attestazioni che riguardano l’attività svolta e le dichiarazioni ricevute dall’agente postale, sicchè la dichiarazione del ricevente (nella specie, di essere “assistente al servizio del destinatario”), secondo l’attestazione posta dall’agente sulla relazione di notificazione, legittima una presunzione semplice di conformità al vero di quanto dichiarato, che spetta al destinatario vincere allegando e provando il contrario” (Cass., n. 26134 del 19/12/2016, Rv. 642773 – 01);

– “Allorchè l’ufficio finanziario proceda alla notifica mediante invio diretto dell’atto a mezzo posta, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, si applicano le disposizioni concernenti il servizio postale ordinario con la conseguenza che, in caso di consegna a persona diversa dal destinatario la quale si sia dichiarata “autorizzata al ritiro della posta”, deve presumersi che la qualità indicata, sostanzialmente equivalente a quella di “incaricato”, sia stata dichiarata proprio da chi ha ricevuto l’atto sicchè, per vincere la presunzione derivante dalla consegna a tale persona, occorre provare che il consegnatario non era nè dipendente del notificando nè addetto alla casa per non aver ricevuto neppure un incarico provvisorio e precario” (Cass., n. 9240 del 03/04/2019, Rv. 653413 – 01);

– “Nel caso di notifica a mezzo del servizio postale di cartella esattoriale, ove l’atto sia consegnato all’indirizzo del destinatario a persona che abbia sottoscritto l’avviso di ricevimento, con grafia illeggibile, nello spazio relativo alla “firma del destinatario o di persona delegata”, e non risulti che il piego sia stato consegnato dall’agente postale a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 2, la consegna deve ritenersi validamente effettuata a mani proprie del destinatario, fino a querela di falso, a nulla rilevando che nell’avviso non sia stata sbarrata la relativa casella e non sia altrimenti indicata la qualità del consegnatario, non essendo integrata alcuna delle ipotesi di nullità di cui all’art. 160 c.p.c.” (Cass., n. 4556 del 21/02/2020, Rv. 657324 – 01).

La sentenza impugnata è senz’altro conforme ai principi di diritto di cui a tali arresti giurisprudenziali, avendo appunto accertato la ritualità della notifica della sentenza appellata ai difensori domiciliatari di prime cure presso il – medio tempore non variato -domicilio dichiarato, con consegna “a mani di soggetto dichiaratosi addetto alla ricezione delle notificazioni”.

L’illeggibilità della firma di tale soggetto non ha rilievo a fronte della attestazione da parte dell’ufficiale postale di averne ricevuto la dichiarazione di possedere detta qualità/legittimazione.

Doveva essere dunque la società contribuente a dimostrare in sede processuale che tale qualità invece non sussisteva e ciò non è pacificamente avvenuto.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.000 oltre 15% per spese generali ed accessori di legge per l’agente della riscossione e oltre alle spese prenotate a debito per l’Agenzia delle entrate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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