Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16977 del 11/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 11/08/2016, (ud. 27/06/2016, dep. 11/08/2016), n.16977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23297-2014 proposto da:

SAIMA AVANDERO SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo

studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNI SCARPA giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 209/2013 della COMM. TRIB. REG. della

CAMPANIA, depositata il 05/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/06/2016 dal Consigliere Dott. SCODITTI ENRICO;

uditi per il ricorrente gli Avvocati LUCISANO e SCARPA che hanno

chiesto l’accoglimento con rinvio;

udito per il resistente l’Avvocato COLLABOLLETTA che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO LUIGI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nei confronti di Saima Avandero s.p.a. quale obbligato solidale venne emesso dall’Ufficio delle Dogane di Napoli (OMISSIS) relativamente all’anno 2004 invito al pagamento per omesso versamento dell’IVA, oltre sanzione ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 2, non essendo stata la merce importata inserita nel deposito IVA della medesima Saima Avandero s.p.a., secondo quanto risultante dal p.v.c.. La CTP accolse il ricorso per intervenuta decadenza dall’azione di recupero, essendo decorso il termine triennale previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20 e dall’art. 221 del codice doganale comunitario. L’appello dell’Agenzia delle Dogane venne accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania sulla base della seguente motivazione: risulta accertato che la merce importata non è stata inserita nel deposito e “la voluminosa documentazione esibita dai difensori del contribuente…non è sufficiente a smentire l’addebito operato dalla Dogana”.

Ha proposto ricorso per cassazione la contribuente sulla base di quattro motivi. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va premesso che ai fini dell’esame del ricorso non rileva il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, disposto con ordinanza 6 maggio 2016, n. 9278 in controversia relativa al deposito fiscale, sulla compatibilità della normativa interna con il principio generale del contradditorio procedimentale di matrice comunitaria laddove non prevede, in favore del contribuente che non sia stato ascoltato prima dell’adozione dell’atto fiscale da parte dell’amministrazione doganale, la sospensione dell’atto come conseguenza normale della proposizione del ricorso in via amministrativa. La controversia in esame non involge infatti profili afferenti il principio del contraddittorio procedimentale.

Con il primo motivo si denuncia omessa pronuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Osserva la ricorrente che la CTR ha omesso di pronunciare in ordine al motivo di appello dedotto dall’Agenzia avente ad oggetto la decadenza dal potere sanzionatorio rilevata dal giudice di primo grado.

Il motivo è infondato. Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando, ad esempio, la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico – giuridica della pronuncia (fra le tante Cass. 21 luglio 2006, n. 16788; 8 marzo 2007, n. 5351; 10 maggio 2007, n. 10696; 29 aprile 2006, n. 10052). Va infatti rammentato che il giudicato si forma, oltre che sull’affermazione o negazione del bene della vita controverso, sugli accertamenti logicamente preliminari e indispensabili ai fini del deciso, quelli cioè che si presentano come la premessa indefettibile della pronunzia (Cass. 8 febbraio 2012, n. 1815; 10 settembre 2013, n. 20692).

La questione della decadenza dall’azione di recupero, per il decorso del termine triennale previsto dalla legge, rappresenta questione logicamente preliminare rispetto a quella dell’integrazione dei requisiti della fattispecie del deposito fiscale. Se il giudice di merito ha accertato il mancato inserimento della merce nel deposito fiscale, statuendo così in ordine alla legittimità della pretesa impositiva, vuol dire che ha implicitamente statuito sulla questione preliminare di merito riconoscendo che non vi è stata decadenza dall’azione di recupero, essendo altrimenti logicamente incompatibile il riconoscimento della decadenza con quello della pretesa fiscale per omesso versamento dell’IVA. La ricorrente doveva pertanto impugnare non l’omessa pronuncia, nella specie mancata, ma l’implicita statuzione che non vi è stata decadenza dall’azione di recupero.

Con il secondo motivo si denuncia omessa motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Osserva la ricorrente che la CTR ha statuito in ordine alla sanzione irrogata dall’Ufficio senza tenere conto di quanto eccepito dalla contribuente, e cioè che l’immissione dei beni nel deposito, anche se irritualmente eseguita, non poteva ritenersi sanzionata ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 2, e che l’IVA risultava corrisposta mediante emissione di autofattura, equivalente all’assolvimento dell’imposta secondo la giurisprudenza unionale. Aggiunge che a fronte di tali eccezioni la CTR si era limitata ad affermare che “la voluminosa documentazione esibita dai difensori del contribuente…non è sufficiente a smentire l’addebito operato dalla Dogana”, con insufficiente esame dei punti decisivi della controversia.

Il motivo è inammissibile. La denuncia di vizio motivazionale proposta dalla ricorrente ha in realtà ad oggetto le questioni di diritto della non applicabilità della sanzione e della corresponsione dell’IVA mediante autofatturazione. Il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, può concernere soltanto una questione di fatto e mai di diritto (Cass. 24 ottobre 2007, n. 22348).

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Osserva la ricorrente che, ricorrendo nella specie un diritto doganale, non era applicabile la sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 2, riguardante l’imposta dichiarata e non versata, ma la legge doganale.

Il motivo è infondato. Va premesso che ai fini dell’esame del motivo non rileva il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, disposto con ordinanza 6 maggio 2016, n. 9278 di cui sopra, perchè l’ordinanza non rileva ai fini dell’identificazione del soggetto legittimato al recupero IVA all’importazione, sia perchè trattasi di pronuncia interlocutoria, sia perchè nel giudizio relativo all’ordinanza n. 9278 del 2016 la questione del soggetto legittimato non attiene al thema decidendum.

Benchè in rubrica sia indicato l’art. 360 n. 5, dal contenuto della censura si evince inequivocabilmente il riferimento al n. 3 dell’art. 360. In tema di depositi fiscali, previsti dal D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis, convertito, con modificazioni, nella L. n. 427 del 1993, la sanzione applicabile all’importatore che si avvalga del sistema di sospensione del versamento dell’IVA senza immettere materialmente la merce nel deposito, va individuata, in assenza di disposizioni sanzionatorie speciali per l’omesso o ritardato versamento del tributo, non rinvenibili nè nel D.P.R. n. 43 del 1973 nè nel Reg. CEE n. 2913 del 1992 (codice doganale comunitario), nel D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, che è norma di carattere generale, atteso che, conformemente a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia, nella sentenza del 17 luglio 2014 in C272/13, VIVA all’importazione è un tributo interno (Cass. 29 luglio 2015, n. 16109).

Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva la ricorrente che, pur ipotizzando il carattere virtuale del deposito, l’imposta risulta assolta mediante emissione di autofattura al momento dell’estrazione dei beni dal deposito.

Il motivo è fondato. L’Amministrazione finanziaria non può pretendere il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui al D.L. n. 331 del 1993, n. 331, art. 50 bis, comma 4, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. n. 427 del 1993, qualora costui abbia già provveduto all’adempimento, sia pur tardivo, dell’obbligazione tributaria nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile mediante un’autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite, atteso che la violazione del sistema del versamento dell’IVA, realizzata dall’importatore per effetto dell’immissione solo virtuale della merce nel deposito, ha natura formale e non può peraltro mettere in discussione il suo diritto alla detrazione, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, in C-272/13 Equoland (Cass. 29 luglio 2015, n. 16109 e n. 15988; 8 settembre 2015, n. 17815 e 8 settembre 2015 n. 17814; 29 luglio 2015, n. 16109; si veda anche Cass. 19 settembre 2014, n. 19749). A tale principio di diritto il giudice di merito dovrà attenersi.

Egli dovrà verificare anche, mancando nella sentenza impugnata il relativo accertamento, se sia stato, o no, eseguito il meccanismo dell’inversione contabile ai fini dell’assolvimento dell’imposta. Una volta accertato l’intervento dell’inversione contabile, il giudice di merito dovrà anche considerare che la sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, applicabile all’importatore che si sia avvalso del sistema di sospensione del versamento dell’imposta all’importazione senza immettere materialmente la merce nel deposito fiscale, deve essere disapplicata per contrarietà al diritto comunitario, così come interpretato dalla Corte di Giustizia nella sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13 Equoland, ove ecceda, in ragione della percentuale fissata per la maggiorazione e dell’impossibilità di graduarne la misura alle circostanze concrete, il limite necessario per assicurare l’esatta riscossione ed evitare l’evasione, atteso che, tenuto conto della natura formale della violazione, potrebbero costituire un’adeguata sanzione anche i soli interessi moratori (Cass. 8 settembre 2015, n. 17814).

PQM

La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso, rigetta il primo ed il terzo motivo e dichiara inammissibile il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2016

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