Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1697 del 24/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2020, (ud. 10/10/2019, dep. 24/01/2020), n.1697

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29420-2018 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, ROMA, VIA LA

SPEZIA 95, presso lo studio legale NOCERA, rappresentato e difeso

dall’avvocato VALENTINA DE PASQUALE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1437/5/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 06/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PIERPAOLO

GORI.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 1437/5/18 depositata in data 6 marzo 2018 la Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 28805/46/16 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva a sua volta rigettato il ricorso di M.R. relativo all’avviso di accertamento per IRAP 2009 connesso all’accertato maggior reddito dell’attività di impresa di onoranze funebri esercitata dal contribuente;

– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo un unico motivo. L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con l’unico motivo di ricorso – dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 -, il contribuente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, e art. 36″, per aver la CTR contenente un richiamo alla decisione di primo grado priva di autonoma valutazione critica;

– Il mezzo di impugnazione è infondato. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui “La sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purchè il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata, nella quale era stata integralmente trascritta la sentenza di primo grado, senza alcun riferimento a quanto accaduto nel corso del giudizio di appello ovvero ai motivi di gravame, con l’inserimento, nella parte finale, di un’integrazione fondata su un presupposto fattuale palesemente errato).” (Cass., Sez. L -, Ordinanza n. 28139 del 05/11/2018, Rv. 651516 – 01); inoltre, va rammentato che: “In tema di ricorso per cassazione, è nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame.” (Cass. Sez. L -, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018, Rv. 651205 – 01);

– Orbene, dalla rassegna che precede si evince che il ricorso alla motivazione per relationem, anche con richiami alla decisione di primo grado, è ammissibile, alle condizioni esposte nei principi di diritto sopra riassunti e, nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata, lungi dall’essere formale, dopo una dettagliata esposizione in fatto che si diffonde sui motivi di appello e argomentatamente prende posizione. Ad esempio si legge: “In particolare l’appellante si sofferma su tale motivo di impugnazione allegando una tabella riferita ai servizi effettuati ed ai costi sostenuti, dalla quale, tuttavia, si evidenzia una discrepanza di date, ma soprattutto la fatturazione del servizio anticipatamente al costo dei fiori, per cui non sembra congruo che lo stesso possa essere poi riportato in fattura”;

– Tali argomentazioni, esemplificative della esauriente motivazione censurata, consentono chiaramente di distinguere la riproduzione dei contenuti mutuati e la autonoma valutazione critica degli elementi in fatto e di individuati elementi di prova raccolti nel processo, per prendere posizione sulle censure sollevate in appello;

– La sentenza impugnata va dunque confermata, in quanto ha rispettato i principi di diritto sopra richiamati, e al rigetto non segue il regolamento delle spese di lite, in assenza di costituzione dell’Agenzia.

PQM

La Corte: rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020

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