Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1697 del 24/01/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 1697 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA
sul ricorso 9577-2008 proposto da:
BARBIERI STEFANO, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAMERINO 15, presso io studio dell’avvocato
ALESSANDRA VICINANZA, rappresentato e difeso dagli
avvocati BORRI PAOLO e ROMOLO GIUSEPPE CIPRIANI,
giusta delega in atti;
– ricorrente-

2012
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contro

INTESA SANPAOLO S.P.A. (già BANCA INTESA S.P.A.), in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LEONE IV 99

Data pubblicazione: 24/01/2013

INT. 14, presso lo studio dell’avvocato FERZI CARLO,
che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
CHIELLO ANGELO, POZZOLI CESARE, giusta delega in atti;
controricorrente

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2012 dal Consigliere Dott. ENRICA
D’ANTONIO;
udito l’Avvocato FERZI CARLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

depositata il 27/06/2007 R.G.N. 928/2005;

RG n 9577/2008

Barbieri Stefano/ Banca intesa

Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 27 giugno 2007 la Corte d’appello di Firenze, in riforma della sentenza
del Tribunale di Arezzo, ha respinto la domanda proposta da Stefano Barbieri, responsabile della
filiale di Arezzo di Banca Intesa ,volta alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimato

La Banca aveva contestato al lavoratore di avere consentito ,nel breve lasso di tempo dal 16 gennaio
2003 al 26 maggio 2003, il formarsi di un’esposizione debitoria complessiva di euro 371. 723,88
con riferimento alla posizione di tale Rosadini Roberto, autorizzando operazioni a debito in
violazione, sia della normativa interna, sia delle regole della più comune prudenza.
La Corte territoriale ha riferito che i fatti descritti nella lettera di licenziamento non erano stati
contestati dal lavoratore ,come desumibile dalla relazione dallo stesso sottoscritto e consegnata in
sede ispettiva e dal verbale di audizione.
,quindi, rilevato che la tesi difensiva del lavoratore poggiava sul fatto che egli stesso era stato
ingannato dal Rosadini il quale gli aveva fatto credere di essere sul punto di concludere l’acquisto di
un complesso immobiliare di pregio da trasformare in un centro benessere e che il finanziamento
per circa 8 milioni di euro sarebbe stato procurato con garanzia ipotecaria da tale Berardi,
importante dirigente della Banca Intesa, ed in parte con il rientro di capitali dall’estero.
La Corte ha rilevato che il Barbieri era venuto meno ai minimi criteri di prudenza omettendo
elementari controlli ai quali doveva sentirsi tenuto a causa di talune palesi anomalie che la vicenda
presentava fin dall’inizio e che pertanto la condotta del lavoratore era tale da giustificare il
licenziamento del tutto proporzionato ai fatti.
La Corte ha osservato , inoltre, che la vicenda non aveva nulla a che vedere con la politica della
Banca volta ad incoraggiare il conseguimento del profitto anche a costo di considerevoli rischi; che
,infatti, l’area propria dell’attività creditizia non doveva essere confusa con il rischio al quale il
banchiere va incontro quando non verifica neppure l’esistenza di fatti, persone, immobili, e
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dalla Banca in data 18/11/03 con conseguente ordine di reintegra e di risarcimento del danno.

patrimonio che gli vengono esposti dalla clientela. La Corte ha , poi, precisato che il lavoratore non
aveva segnalato ai suoi diretti superiori dubbi o sospetti sulle operazioni e che pertanto non era
sostenibile che la sua condotta fosse stata in qualche modo approvata dalla banca.
La corte ,infine, ha rilevato che nessun ritardo vi fu né tempi di reazione della Banca tra la
conoscenza dei fatti e la contestazione degli addebiti .

Si costituisce Banca intesa con controricorso.

Motivi della decisione
I )Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 7della
legge n. 300 del 1970, violazione e falsa applicazione dell’articolo 2119 e dell’articolo 2106 cc
Omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia in
relazione all’articolo 360 n. 3 e 5 c.p.c
Censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto tempestiva la contestazione degli addebiti ,nonché
per aver considerato proporzionato il licenziamento omettendo di valutare alcune circostanze
oggettive idonee a condurre alla diversa decisione.
Osserva, infatti, che la Corte non aveva valutato che la banca era venuta a conoscenza dello
scoperto fin dal 15 maggio 2003 quando il capo area Zazzeri aveva segnalato all’ufficio che c’era
qualcosa da indagare circa la questione dei conti correnti presso l’agenzia di Arezzo; che durante
l’ispezione della prima settimana di giugno 2003 era stato accertato che nel conto corrente del
Rosadini vi era una annotazione del capo mercato Magherini risalente al mese di aprile 2003 in cui
questi avallava la decisione di attendere il flusso dei fondi per il completamento di un affare; che
nel maggio 2003 il lavoratore aveva ricevuto incentivi economici accompagnati da giudizi
positivi;che con una certa frequenza erano consentiti sconfinamenti quando si attendeva una
prossima probabile rimessa ; che era comune che clienti della Banca accendessero conti correnti
senza avervi depositato valuta ; che in epoca pressoché contestuale altro dipendente aveva
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Avverso detta sentenza propone ricorso in cassazione il Barbieri formulando 3 motivi di censura.

commesso infrazioni identiche per il quale era stato sanzionato solo con il rimprovero scritto.
Deduce che qualora la Corte avesse valutato tali fatti avrebbe dovuto escludere la tempestività della
contestazione (in quanto la Banca era a conoscenza fin dal mese di aprile del comportamento del
Barbieri ), nonché la stessa proporzionalità della sanzione espulsiva
2) Con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art 7 L n 300/1970.

2697 ce. Omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ( art 360n
3 e 5 cpc) . Ripropone la questione della tempestività della contestazione.
In ordine alla tempestività il ricorrente osserva che la contestazione era stata fatta due mesi dopo
rispetto all’accertamento ispettivo ( prima settimana di giugno 2003) e tre mesi dopo la conoscenza
da parte del capoarea Zazzeri ( 15/5/2003) e 4 mesi dopo la conoscenza da parte del capo mercato
Magherini; che la Banca neppure aveva provveduto a disporre la sospensione .Tali circostanze
avrebbero dovuto convincere la Corte d’Appello dell’inosservanza del principio dell’immediatezza.
3) Con il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art 2119 cc. Violazione e falsa
applicazione degli artt 2105 , 2106 cc. Violazione e falsa applicazione degli artt 1322,1362 e seg cc.
Violazione e falsa applicazione degli art 115 e 116 cpc. Omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia.
Ripropone la questione della sproporzione del licenziamento rispetto ai fatti contestati. Rileva che la
Corte d’Appello ha espresso un giudizio perentorio senza prendere in considerazione gli aspetti
soggettivi e oggettivi del comportamento del lavoratore. Sotto l’aspetto soggettivo la Corte non
aveva valutato che il Barbieri era stato vittima di una truffa, aveva agito nell’aspettativa del buon
fine dell’operazione e di guadagni per la Banca senza dolo e colpa. Sotto il profilo oggettivo la
Corte non aveva valutato che il Barbieri non era stato inadempiente ai suoi obblighi essendosi
avvalso di una diffusa e datata prassi interna alla banca derogatoria dei regolamenti aziendali sulla
gestione del rischio.
I motivi sono infondati.
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Violazione e falsa applicazione dell’ad 1175 e 1375 cc. Violazione e falsa applicazione dell’art

Le censure mosse dal ricorrente sono riconducibili alla decisione della Corte di ritenere tempestivo
il licenziamento comminato al Barbieri , nonché proporzionato rispetto agli addebiti.
Circa la tempestività della contestazione questa Corte ha più volte affermato che “nel
licenziamento per motivi disciplinari, il principio della immediatezza della contestazione
dell’addebito e della tempestività del recesso datoriale, che si configura quale elemento costitutivo

essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l’accertamento e la
valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore, ovvero quando la complessità della
struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso; in ogni caso, la
valutazione relativa alla tempestività costituisce giudizio di merito, non sindacabile in cassazione
ove adeguatamente motivato” ( cfr tra le altre, Cass. n.7889/96; Cass. n. 10618/02; Cass. n.
6228/04) .
Nella fattispecie in esame la Corte d’Appello ha rilevato che le modalità di reazione datoriale erano
state rapide e concentrate nel tempo . La Banca, infatti, in data 19/5/03 aveva disposto il blocco
dell’operatività del conto del Rosadini ; in data 5/6/03 aveva inviato ad Arezzo gli ispettori ed in
data 30/6/03 aveva consegnato al lavoratore la lettera di contestazione degli addebiti.
Le circostanze di fatto che, secondo il ricorrente la Corte d’Appello non avrebbe valutato, nulla
aggiungono a quanto accertato dalla Corte d’Appello ma anzi ne confermano la correttezza. Il
ricorrente ha esposto infatti, che la banca era venuta a conoscenza dello scoperto fin dal 15 maggio
2003 quando il capo area Zazzeri aveva segnalato all’ufficio che c’era qualcosa da indagare circa la
questione dei conti correnti presso l’agenzia di Arezzo e che l’ispezione della Banca si era svolta
nella prima settimana di giugno 2003 .
Il ricorrente si duole , inoltre, che la Corte d’Appello non aveva tenuto conto che nel corso
dell’ispezione era risultata un’annotazione del capo area Magherini risalente al mese di aprile 2003
in cui questi avallava la decisione di attendere il flusso dei fondi per il completamento di un affare.
A prescindere dalla circostanza che sul punto il ricorso non risponde al dettato di cui all’art 366 n
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del diritto al recesso del datore di lavoro, deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto

3 e 6 cpc che impone un onere di specificità e compiutezza espositiva dei fatti rilevanti e di
indicazione dei documenti o atti processuali sui quali il ricorso provvedendo a specificare sia il
momento processuale in cui il documento è entrato nel giudizio , sia la sua attuale collocazione al
fine di renderne possibile l’esame, deve rilevarsi che, contrariamente a quanto affermato dal
ricorrente, la Corte d’Appello ,con decisione in fatto non censurabile in Cassazione , ha affermato

mai segnalato a nessuno dei suoi diretti superiori ( capo mercato e capo area) dubbi o sospetti sulle
operazioni del Rosadini e che ” semmai ancora nel mese di aprile 2003 rassicurò il capo mercato
Magherini informandolo che si era in attesa di un afflusso di capitali dall’estero” .
In conclusione , pertanto, le censure del ricorrente non sono idonee ad invalidare la decisione
impugnata : la Corte d’Appello ha, infatti,valutato il momento in cui la Banca è venuta a
conoscenza dei fatti poi contestati al lavoratore e della loro effettiva gravità, conoscenza che deve
farsi risalire all’esito dell’ispezione.
Devono, altresì, essere respinte le censure mosse dal ricorrente avverso la sentenza impugnata nella
parte in cui ha ritenuto proporzionata la sanzione adottata.
Circa la proporzionalità della sanzione adottata rispetto ai fatti addebitati

questa Corte ha

affermato che “la valutazione della gravità dell’infrazione e della sua idoneità ad integrare giusta
causa di licenziamento si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed
incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato. ( cfr Cass n 35/2011) e che ” Il
ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito
dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo la facoltà di controllo, sotto il
profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal
giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive
risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad
essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i

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che dalle prove testimoniali ( Zazzeri, Sacchetti e Rossi) risultava chiarito che il Barbieri non aveva

casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione sotto il
profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi
sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del
mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o
rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni

giuridico posto a base della decisione. ” ( Cass n. 2357 del 07/02/2004; n 7846 del 4/4/2006; n
20455 del 21/9/2006; n 27197 del 16/12/2011) .
Nella fattispecie in esame il ricorrente si limita a proporre una diversa valutazione dei fatti
formulando in definitiva una richiesta di duplicazione del giudizio di merito ,senza evidenziare
contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata o lacune così gravi da risultare detta
motivazione sostanzialmente incomprensibile o equivoca.
La Corte territoriale ha, invece, sottolineato la condotta impudente del Barbieri che , contrariamente
a quanto sostenuto dal lavoratore, non aveva nulla a che vedere con “la politica della banca volta
ad incoraggiare il conseguimento del profitto anche a costo di considerevoli rischi . …l’alea propria
dell’attività creditizia è quella connessa all’andamento dei mercati e all’esito delle imprese
commerciali e industriali , ma non riguarda affatto il rischio ( certo ed elevato) al quale il banchiere
va incontro quando non verifica neppure l’esistenza di fatti , persone, immobili, cespiti patrimoniali
che gli vengono esposti dalla clientela”
Per le considerazioni che precedono il ricorso va respinto con condanna del ricorrente a rimborsare
alla controricorrente le spese processuali

PQM
Respinge il ricorso e condanna il ricorrente a pagare alla controricorrente € 40,00 per esborsi ed €
3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Roma 4/12/2012
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complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-

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