Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16966 del 24/07/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 16966 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 30039 — 2008 R.G. proposto da:
DELLA VALENTINA IRIS — c.f. DLLRSI34S68B354Z – elettivamente domiciliata in Roma,
alla piazza Sallustio, n. 9, presso lo studio dell’avvocato Bartolo Spallina che congiuntamente
e disgiuntamente all’avvocato Paola Dalleolle la rappresenta e difende in virtù di procura
speciale a margine del ricorso.
RICORRENTE
contro
GALOTTI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in Roma, alla piazza dei Prati degli Strozzi, n. 33, presso lo studio dall’avvocato Loredana
Menicucci che unitamente all’avvocato Maurizio Bravura la rappresenta e difende in virtù di
procura speciale in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE — RICORRENTE INCIDENTALE
Avverso la sentenza n. 705 dei 11.5.2007/12.5.2008 della corte d’appello di Bologna,

1

Data pubblicazione: 24/07/2014

..

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 29 maggio 2014 dal consigliere
dott. Luigi Abete,
Udito l’avvocato Lorenzo Spallina, per delega dell’avvocato Bartolo Spallina, per la
ricorrente,
Udito l’avvocato Maurizio Bravura per la controricorrente,

Carestia, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e per la declaratoria di
inammissibilità del ricorso incidentale,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato in data 3.3.1993 la “Galotti” s.p.a. citava a comparire innanzi al
tribunale di Bologna Iris Della Valentina.
Esponeva che essa attrice e la convenuta avevano siglato in data 29.9.1990 un preliminare
avente ad oggetto la compravendita di un appartamento in Bologna, alla via Isaia, n. 24, per il
prezzo di lire 370.000.000 oltre i.v.a.; che la promissaria acquirente, immessa nel possesso
dell’immobile sin dal 16.10.1990, aveva versato la caparra e vari acconti per l’ammontare
complessivo di lire 200.000.000; che, sollecitata e convocata reiteratamente ai fini della
stipula del definitivo e del versamento del saldo, Iris Della Valentina si era sistematicamente
rifiutata.
Chiedeva che l’adito tribunale dichiarasse ovvero pronunciasse la risoluzione del
preliminare per grave inadempimento della promissaria acquirente, con susseguente sua
condanna alla restituzione dell’immobile; altresì, che si acclarasse il diritto di essa attrice a
trattenere, a titolo risarcitorio, l’importo di lire 100.000.000 versato quale caparra
confirmatoria; ancora, che la promissaria acquirente fosse condannata a risarcirle il danno
connesso all’occupazione dell’immobile nella misura da accertarsi in corso di lite.

/64

2

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Antonietta

Costituitasi, la convenuta eccepiva l’inadempimento della s.p.a. attrice; segnatamente, che
difettavano le condizioni di abitabilità a cagione della presenza — sul coperto del fabbricato
condominiale — di alcune canne fumarie collocate a distanza non regolamentare
dall’appartamento mansardato ad ella compromesso in vendita.
Chiedeva rigettarsi l’avversa domanda ed in via riconvenzionale, in esplicazione dell’ actio

Disposta in data 22.11.1995 consulenza tecnica d’ufficio, disposto in data 23.3.2000
supplemento di consulenza tecnica, con sentenza dei 20.3/2.4.2003 il tribunale adito rigettava
la domanda dell’attrice ed in accoglimento della riconvenzionale determinava nel minor
ammontare di lire 222.000.000 il prezzo dell’immobile, sicché specificava il saldo in lire
22.000.000 oltre interessi dalla domanda al dì della stipula del definitivo.
Interponeva appello la “Galotti” s.p.a..
Iris Della Valentina resisteva all’avverso gravame e spiegava appello incidentale, tra
l’altro, ai fini della disapplicazione della licenza di abitabilità eventualmente accordata per
“silenzio — assenso” ed ai fini della declaratoria del minor valore dell’appartamento, da
reputarsi corrispondente a lire 185.000.000 ovvero, quanto meno, a cifra inferiore a lire
222.000.000.
Con sentenza n. 705 dei 11.5.2007/12.5.2008 la corte d’appello di Bologna determinava il
prezzo dell’immobile oggetto del preliminare in complessivi euro 162.425,69, determinava in
euro 59.134,31 il residuo prezzo da corrispondersi al tempo del rogito con gli interessi legali
dal dì dell’instaurazione della lite, rigettava l’appello incidentale, compensava fino a
concorrenza dei 2/3 le spese del doppio grado e condannava la “Galotti” s.p.a. a rifondere
all’appellata il residuo 1/3 nonché 1/3 delle spese — se anticipate – di c.t.u..
Esplicitava — per quel che rileva in questa sede – il giudice del gravame che “il
supplemento di c.t.u., effettuato il 23.03.2000, evidenziava un prolungamento delle canne
3

quanti minoris, ridursi congruamente il prezzo d’acquisto.

fumarie che, in tal modo apparivano regolari dal punto di vista edilizio, ma che comportavano
un problema di fruizione del terrazzo della Della Valentina per i fumi che ne fuoriuscivano,
problema che poteva essere eliminato con un ulteriore innalzamento delle canne fumarie e con
una spesa di circa £ 7.000.000” (così sentenza d’appello, pag. 19); che, altresì, “ora,
l’abitabilità sussiste, posto che lo riconosce il Comune di Bologna, titolare del potere del

la disapplicazione dell’atto…, ben potendo la donna disporre commercialmente
dell’appartamento” (così sentenza d’appello, pag. 19); che, a sua volta, la domanda di
riduzione del prezzo esperita da Iris Della Valentina doveva disaminarsi “indipendentemente
dall’avvenuto rilascio dell’abitabilità dell’immobile” (così sentenza d’appello, pag. 19); che, a
tal fine, non poteva “individuarsi il deprezzamento dell’appartamento nel costo delle opere
per prolungare ulteriormente le canne fumarie, trattandosi di due aspetti diversi del problema”

(così sentenza d’appello, pag. 21); che “è fatto notorio che, nella libera contrattazione e nel
libero mercato, un appartamento occupato vale il 30% in meno di un appartamento libero”

(così sentenza d’appello, pag. 22); che, conseguentemente, “non può… un appartamento che
presenta dei difetti facilmente eliminabili con una spesa di circa € 3.000,00 comportare un
deprezzamento maggiore o simile ad un appartamento occupato” (così sentenza d’appello,

pag. 22); che “in tale ottica, si ritiene che l’appartamento oggetto del preliminare di
vendita…, sin dal 1990… nella piena disponibilità e godimento della Della Valentina, valga il
15% in meno di quanto stabilito e, quindi, £ 314.500.000” (così sentenza d’appello, pag. 22);
che, avendo già corrisposto la somma di lire 200.000.000, Iris Della Valentina “dovrà versare
alla Galotti s.p.a. la differenza, pari a £ 114.500.000_, con gli interessi legali dalla domanda
al saldo, come disposto nella sentenza appellata con decisione non colpita da gravame” (così

sentenza d’appello, pagg. 22 – 23).

4

relativo rilascio” (così sentenza d’appello, pag. 19); che, inoltre, non poteva “essere invocata

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso Iris Della Valentina; ne chiede, sulla scorta di
otto motivi, la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.
La “Galotti” s.p.a. ha depositato controricorso, contenente ricorso incidentale fondato su
di un unico motivo; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso ed
accogliersi l’esperito ricorso incidentale, con ogni susseguente statuizione in ordine alle spese

Ambedue le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente principale deduce ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3),
c.p.c. la violazione dell’art. 221 T.U. n. 1265/1934, dell’art. 50 lett. f) della legge regionale
Emilia Romagna n. 47/78, del regolamento edilizio del comune di Bologna, dell’art. 33 della
legge n. 115/1942, “per aver considerata esistente l’abitabilità dell’appartamento per cui è
causa, nonostante la sua accertata insalubrità,per intervenuto silenzio – assenso in relazione
ad una unità immobiliare insalubre ed irregolare per quanto concerne la distanza da essa delle
canne fumarie” (così ricorso principale, pag. 15); “violazione degli artt. 323 — 324 — 329
c.p.c. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. — omessa e insufficiente e contraddittoria
motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio” (così ricorso principale, pagg. 15

16) .
Adduce che “il Comune di Bologna non ha posto in essere alcuna attività positiva di
rilascio della certificazione di abitabilità e che dunque l’abitabilità è stata ritenuta sussistente
dal giudice a seguito del mero silenzio assenso dello stesso Comune” (così ricorso principale,

pag. 16); che “la circostanza che l’appartamento in oggetto sia da considerarsi antigienico ed
insalubre si ricava dal contenuto della C.T.U. 22/11/’95 e dal supplemento di C.T.U.
23/3/2000” (così ricorso principale, pag. 17); che “il supplemento di C.T.U. 23/3/’00 è non
correttamente valutato dal giudice di secondo grado” (così ricorso principale, pag. 17); che
5

di giudizio.

quivi si dà atto, tra l’altro, che “le opere eseguite da parte attrice.., non hanno eliminato gli
inconvenienti descritti nella precedente relazione peritale” (così ricorso principale, pag. 18);
che “è pacifico… che alcun intervento ulteriore sia stato invece posto in essere dalla S.p.A.
Galotti sulle canne fumarie” (così ricorso principale, pag. 18); che, segnatamente, “la
sentenza impugnata ha preso atto del fatto che le canne fumarie fossero state innalzate, ma

stesse canne fumarie dall’appartamento Della Valentina” (così ricorso principale, pag. 19);
che “nessuna motivazione è poi contenuta nella sentenza sui motivi per cui se si eccettua l’anodino riferimento al del Comune di Bologna”
(così ricorso principale, pag. 19); che l’affermazione del giudice d’appello secondo cui “i
lavori della Gallotti S.p.A. avrebbero … è però, ancora
una volta sfornita di motivazione.., e si pone anzi in contrasto… con il contenuto della C.T.U.
integrativa” (così ricorso principale, pag. 20); che “neppure esiste motivazione alcuna
sull’affermata attuale esistenza della commerciabilità e del godimento della mansarda” (così

ricorso principale, pag. 21).
Con il secondo motivo la ricorrente principale deduce la “violazione dell’art. 5 L.A.C….
in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. — Violazione degli artt. 323 — 324 — 329 e 2909 c.c. in
relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c. — Ulteriore omessa contraddittoria motivazione su punto
decisivo della controversia in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.” (così ricorso principale, pag.

23).
Adduce che “l’atto amministrativo, generato dal silenzio — assenso deve comunque essere
disapplicato, in via incidentale” (così ricorso principale, pag. 23); che “la disapplicazione
incidentale dell’atto consegue direttamente alla circostanza che l’atto stesso non sia conforme
alla legge, senza che possano aver peso considerazioni relative alla commerciabilità” (così

ricorso principale, pag. 24).
6

non ha considerato che nessuna variazione era stata effettuata rispetto alla distanza delle

Con il terzo motivo la ricorrente principale deduce “la violazione degli artt. 1490 e 1492
c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. — Omessa motivazione” (così ricorso principale, pagg.

26 2 7) .

Adduce che “non è… minimamente motivata in sentenza la… asserzione di indipendenza
fra la pretendibile riduzione del prezzo e la esistenza di un effettivo certificato di abitabilità”

Con il quarto motivo la ricorrente principale deduce ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3),
c.p.c. la violazione dell’art. 115 c.p.c.; ai sensi dell’art. 360, 10 co., n. 5), c.p.c. il vizio di
omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione nella determinazione del prezzo effettivo
dell’appartamento.
Adduce che la corte di merito “non spiega da quale indicatore sia stata dedotta l’affermata
notevole riduzione delle immissione nocive, in pieno contrasto con le conclusioni della
C.T.U. suppletiva” (così ricorso principale, pag. 29); che, in ordine alla valutazione del
deprezzamento dell’immobile, “è impropria la relazione fra il valore di un appartamento
occupato e quello dell’appartamento per cui è processo” (così ricorso principale, pag. 31);
che “manca ogni motivazione in proposito” (così ricorso principale, pag. 31); che “neppure
viene spiegato perché si ritenga che il valore di un appartamento occupato sia da
decrementare del 30% e quello dell’appartamento in oggetto del 15%” (così ricorso

principale, pagg. 31

32); che non viene esplicitato “il motivo per il quale la Corte ha

ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del C.T.U. sul maggior deprezzamento
dell’appartamento” (così ricorso principale, pag. 32); che “né… la circostanza che un
appartamento occupato valga il 30% in meno di un appartamento libero, può essere
considerato fatto notorio” (così ricorso principale, pag. 32); che “manca infine alcuna
domanda dell’appellante che richieda la diminuzione del deprezzamento determinato in primo

7

(così ricorso principale, pag. 27).

grado, con violazione del relativo onere e conseguente mancanza dell’effetto devolutivo sul
punto” (così ricorso principale, pag. 32).
Con il quinto motivo la ricorrente principale deduce “la violazione degli artt. 323 — 324 325 c.p.c. e 2909 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.” (così ricorso principale, pag. 34).
Adduce che “l’atto di appello della Galotti S.p.A. non impugna la decisione del Tribunale

come privo di abitabilità, limitandosi ad osservare che l’abitabilità invece sussisteva, per cui
non era accoglibile la domanda di svalutazione” (così ricorso principale, pag. 34); che “sulla
svalutazione dell’appartamento, in sé, come quantificata nella sentenza di primo grado…, per
l’ipotesi che l’abitabilità non sussistesse, non è stata proposta censura alcuna” (così ricorso

principale, pag. 34), sicché “su tale punto si è formato il giudicato interno in assenza di ogni
censura diversa dall’affermata esistenza dell’abitabilità” (così ricorso principale, pag. 35);
che conseguentemente “l’importo della svalutazione non poteva…, per quanto riguarda
l’appellante, essere valutato in nessun caso, a tal punto, minore rispetto a quello già statuito
dal giudice di primo grado a seguito del giudicato che si è sul punto formato” (così ricorso

principale, pag. 35); che “neppure la Galotti S.p.A. ha impugnato la decisione del Tribunale
sul punto in cui è stata da esso decisa la disapplicazione del silenzio assenso,… con ulteriore
formazione di un giudicato interno anche sull’avvenuta disapplicazione del silenzio assenso”

(così ricorso principale, pagg. 35 – 36).
Con il sesto motivo la ricorrente principale deduce “violazione dell’art. 1224 — 1282 in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. — Autonoma impugnabilità della sentenza di secondo grado
che si sia sostituita a quella di primo grado non semplicemente confermandola ma assumendo
autonome statuizioni – extrapetizione” (così ricorso principale, pag. 34).
Adduce che “la Galotti S.p.A. non ha mai chiesto la corresponsione di interessi di alcun
genere, né nell’atto introduttivo né in sede di appello” (così ricorso principale, pag. 37); che
8

sulla svalutazione dell’immobile, per l’ipotesi che esso fosse effettivamente da considerarsi

”la sentenza non qualifica.., la natura degli interessi, né la loro fonte, né la loro misura. In tal
modo quanto disposto sul punto dalla sentenza di secondo grado è in sé indeterminato ed
indeterminabile, risultando tale parte della sentenza inutiliter data” (così ricorso principale,

pag. 38).
Con il settimo motivo la ricorrente principale deduce “mancata correlazione fra quanto

accatastamento del sub 30 oggetto del preliminare inter partes — Violazione dell’art. 112 c.p.c.
in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. — Potere — dovere del giudice d’appello di valutare la
questione, quantomeno in via incidentale, ex art. 34 c.p.c., allo scopo di determinare
un’ulteriore causa di impossibile concessione dell’abitabilità. Mancanza di motivazione sul
punto — Violazione comunque dell’art. 34 c.p.c.” (così ricorso principale, pag. 40).
Adduce che “il contratto preliminare prometteva in vendita il sub 30) dell’immobile
condominiale” (così ricorso principale, pag. 40); che “si era contestato, anche nell’atto di
appello incidentale… che la Galotti avesse provveduto all’accatastamento di tale subalterno”

(così ricorso principale, pag. 40); che “l’accatastamento costituisce un presupposto per la
concessione dell’abitabilità” (così ricorso principale, pag. 40); che “spettava alla Galotti
provare l’avvenuto accatastamento, prova invece mai data” (così ricorso principale, pag. 40);
che mercé visura allegata all’appello incidentale si era acclarato “che la particella immobiliare
oggetto di causa (sub 30) risulta quale unità immobiliare soppressa” (così ricorso principale,

pag. 40); che “richiesta di accertare tale situazione, evidentemente preliminare per ogni
possibile e valida concessione di abitabilità, in qualunque forma ottenuta, la Corte ha omesso
ogni statuizione sul punto” (così ricorso principale, pag. 41).
Con l’ottavo motivo la ricorrente principale deduce “violazione del principio della
domanda – art. 112 c.p.c. – in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per non aver richiesto
l’appellante alcuna determinazione e/o riduzione del valore dell’appartamento in sede

9

richiesto in sede d’appello incidentale e quanto deciso in sentenza, in relazione al mancato

d’appello — extrapetizione — ultrapetizione rispetto a quanto richiesto in appello
dall’appellante principale” (così ricorso principale, pag. 42).
Adduce che “nell’atto di appello.., è stata… chiesta la sola risoluzione del contratto
preliminare” (così ricorso principale, pag. 42); che “la determinazione del valore
dell’appartamento è stata così effettuata dalla Corte ex officio, in mancanza di ogni domanda

valore determinato in primo grado dovrà rimanere… intangibile e definitivo” (così ricorso
principale, pagg. 42 43).

Con l’ unico motivo la ricorrente incidentale deduce il vizio di erronea, insufficiente e/o
contraddittoria motivazione in ordine al ritenuto deprezzamento dell’immobile.
Adduce che il giudice di secondo grado ha “con criterio del tutto discrezionale, soggettivo
e senza coerente motivazione, disposto una svalutazione del prezzo — valore dell’immobile di
ben il 15%,… in presenza di una valutazione peritale che aveva stimato la necessità di un
costo di circa euro 3.000,00 per rimuovere la residua problematica dei fumi asseritamente
emessi dalle canne fumarie” (così ricorso incidentale, pagg. 12 13).

Il primo, il secondo, il terzo ed il settimo motivo del ricorso principale involgono profili
strettamente connessi; se ne giustifica, pertanto, la disamina congiunta.
I motivi anzidetti, comunque, sono tutti destituiti di fondamento.
Si rileva, previamente, che per l’appartamento compromesso in vendita mercé il
meccanismo del “silenzio — assenso” è stata indiscutibilmente conseguita l’ “abitabilità”: ne
fornisce univoco riscontro la controricorrente, a pagina 6 del controricorso.
Si rileva, al contempo, che, ancorché abbia natura di un comportamento legalmente
tipizzato, il “silenzio — assenso” è equiparato, quoad effectum, ad un provvedimento di
accoglimento dell’istanza dell’amministrato e, dunque, è assoggettato – salva evidentemente

10

dell’appellante” (così ricorso principale, pag. 42); che “per quanto riguarda l’appellante il

l’impossibilità di denunziare il difetto di motivazione – all’ordinario regime di impugnazione
dei provvedimenti amministrativi.
In tal guisa ben avrebbe potuto la ricorrente, che pur ne invoca la disapplicazione
prefigurandone l’illegittimità, impugnarlo innanzi al giudice amministrativo.
Sulla scorta degli operati rilievi si reputa che le ragioni cui Iris Della Valentina àncora la

“abitabilità”, da un canto, si specificano e si qualificano essenzialmente — se non
esclusivamente – in relazione alla previsione del n. 5) del 1° co. dell’art. 360 c.p.c. (si è

anticipato in particolare in sede di illustrazione del primo motivo del ricorso principale che
la ricorrente principale censura sostanzialmente il giudizio di fatto cui la corte distrettuale ha
atteso), dall’altro, si risolvono in una vera e propria sollecitazione a rimeditare gli esiti della
consulenza tecnica d’ufficio e del supplemento di consulenza tecnica, sollecitazione,
ovviamente, estranea alla natura ed alla finalità del sindacato di legittimità a questa Corte
devoluto (la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al

giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale
sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza
giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del
merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la
concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così,
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi
tassativamente previsti dalla legge; cosicché il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo
della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi
sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia
11

formale illegittimità del “silenzio — assenso” e, quindi, il difetto “sostanziale” dell’

evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato
dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le
argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del
procedimento logico – giuridico posto a base della decisione: cfr. Cass. 9.8.2007, n. 17477;
Cass. 7.6.2005, n. 11789).

e coerente.
Vero è, segnatamente, che il consulente d’ufficio, col supplemento d’indagine disposto in
data 23.3.2000, aveva evidenziato che il prolungamento delle canne fumarie non era valso ad
assicurare l’ottimale fruizione del terrazzo dell’appartamento compromesso in vendita.
Nondimeno, l’ausiliario aveva indicato in appena lire 7.000.000 il costo da sostenersi
onde innalzare ulteriormente le canne fumarie ed eliminare in tal modo, radicalmente e
definitivamente, la possibilità di immissioni nocive.
Al cospetto di un esborso in tal misura irrisorio la corte di merito non avrebbe avuto
motivo alcuno per disapplicare, reputandolo contra legem, il “silenzio — assenso” formatosi in
relazione alla domanda di autorizzazione antecedentemente proposta.
E ciò tanto più — si aggiunge – ché in alcun modo risulta che la medesima Iris Della
Valentina abbia provveduto ad impugnar il “silenzio — assenso” innanzi al giudice
amministrativo; ché risulta, anzi, che la ricorrente abita da anni l’appartamento, appartamento
che – con atteggiamento di scarsa coerenza – giudica “sostanzialmente inabitabile”.
Al cospetto della già conseguita e giammai impugnata “abitabilità” è del tutto irrilevante,
inoltre, qualsivoglia quaestio concernente l’accatastamento ovvero la possibilità di
accatastamento della mansarda; segnatamente è del tutto sterile dedurre che “l’ accatastamento
costituisce un presupposto per la concessione dell’abitabilità” (così ricorso principale, pag.

40).
12

In ogni caso la corte distrettuale ha ancorato il suo dictum a motivazione ampia, esaustiva

Del tutto ingiustificata è, d’altro canto, la prospettazione della ricorrente secondo cui “in
realtà l’atto concessorio per silenzio — assenso è già stato disapplicato dal giudice di primo
grado… e, quindi, sull’avvenuta disapplicazione dell’atto si è formato il giudicato, in assenza
di gravame di controparte sul punto” (così ricorso principale, pag. 25).
Al riguardo è sufficiente ribadire quanto – “nello svolgimento del processo” – anticipato

esperita in via riconvenzionale da Iris Della Valentina in termini più ampi, operando ossia un
più cospicuo abbattimento del prezzo d’acquisto, ma in tal guisa per nulla ha disconosciuto o
denegato la “sostanziale” “abitabilità” dell’immobile, piuttosto ha provveduto a riscontrarla e
ad affermarla (al riguardo cfr. Cass. 13.3.1975, n. 957, secondo cui l’accertamento di una

preclusione, derivante dalla mancata impugnazione in grado di appello di una statuizione
contenuta nella sentenza di primo grado, può essere effettuato anche di ufficio dalla Corte di
Cassazione, alla quale appartiene il potere – dovere di esaminare l’esistenza o meno di un
giudicato interno, di interpretare la sentenza in base alla quale eventualmente detto giudicato
si sarebbe formato e di esaminare gli atti processuali ad essa successivi).
Per altro verso, l’affermazione della corte di merito di attender alla disamina dell’ actio

quanti minoris “indipendentemente dall’avvenuto rilascio dell’abitabilità dell’immobile” (così
sentenza d’appello, pag. 19), esprime propriamente l’esigenza di assicurare, in un’ottica per
certi versi di “giustizia sostanziale”, alla pretesa dell’appellata — ricorrente in questa sede —
una protezione reale, effettiva, protezione che, viceversa, una prospettiva rigorosamente
ancorata al dato formale della conseguita “abitabilità”, avrebbe potuto svilire.
Del resto la corte bolognese ha avuto cura di specificare che “una cosa è il costo dei lavori
necessari per la eliminazione di un vizio, altro è la riduzione del valore del bene per effetto
del vizio in parola” (così sentenza d’appello, pag. 21).

13

ovvero che il primo giudice – diversamente dal secondo – ha sì accolto l’ actio quanti minoris

La disamina del quinto motivo di ricorso, in dipendenza del profilo che involge, precede,
sul piano logico — giuridico, l’esame di qualsivoglia ulteriore ragione di doglianza.
Al quinto motivo si correla strettamente l’ottavo.
Se ne impone pertanto il vaglio contestuale.
Ambedue i motivi comunque non meritano seguito.

grado d’appello – siccome riprodotte a pagina 3 della statuizione di secondo grado – ebbe a
richiedere di, “in via subordinata ed in parziale riforma della sentenza impugnata, sempre in
accoglimento del presente appello, respingere tutte le domande della convenuta in quanto
infondate e non provate”. Del resto, siccome riconosce la stessa Iris Della Valentina,
l’appellante principale ebbe a dedurre univocamente la sussistenza della condizione dell’
“abitabilità”, “per cui non era accoglibile la domanda di svalutazione”

(così ricorso

principale, pag. 34).
In tal subordinata guisa, guisa che, evidentemente, svela ex se come del tutto ingiustificate
le prospettazioni fondanti l’ottavo motivo di ricorso (“nell’atto di appello.., è stata… chiesta

la sola risoluzione del contratto preliminare”: così ricorso principale, pag. 42), la “Galotti”
s.p.a. ebbe, reietto eventualmente l’appello principale volto a conseguire la risoluzione del
preliminare, a censurare la statuizione di prime cure non solo onde ottenere il diniego di
qualsivoglia decurtazione del prezzo, sibbene, altresì, onde conseguire, evidentemente, in
ipotesi di accoglimento dell’avversa domanda, la decurtazione del prezzo nella minor misura
possibile.
Si tenga presente che l’interpretazione dell’effettivo contenuto dell’atto di appello (che

compete al giudice del merito nell’esercizio di un potere non suscettibile di sindacato in sede
di legittimità, se correttamente e congruamente motivato quanto agli apprezzamenti
formulati) deve avvenire non solo in base alla sua letterale formulazione, ma tenendo conto
14

Al riguardo si rimarca che la “Galotti” s.p.a., alla stregua delle conclusioni rassegnate in

delle sostanziali finalità che la parte intende perseguire, quali correttamente possono ritenersi
compendiate e chiarite nelle specifiche conclusioni delle quali l’atto stesso risulti corredato
(cfr. Cass. sez. lav. 29.11.1993, n. 11811).
Ed, ancora, che il principio tantum devolutum quantum appellatum preclude al giudice di
appello l’indagine sui punti della sentenza di primo grado non direttamente investiti dal

implicito, perché non necessariamente connessi con i temi censurati (cfr. Cass. sez. lav.
6.5.1995, n. 4953).
Del pari preliminare – per il profilo che involge — è l’esame del sesto motivo fondante il
ricorso principale.
Il motivo non merita seguito.
Si è anticipato che la corte di merito ha puntualizzato che la statuizione di prime cure non
era stata colpita da gravame nella parte e limitatamente alla parte in cui aveva posto a carico
di Iris Della Valentina l’onere della corresponsione sul residuo prezzo degli “interessi legali
dalla domanda al saldo” (cfr. sentenza d’appello, pag. 23).
Al cospetto di tale specifica affermazione la ricorrente avrebbe dovuto col motivo de quo
dedurre, segnatamente, di aver appellato in parte qua agitur la sentenza del tribunale di
Bologna dei 20.3/2.4.2003.
Destituito di fondamento è il quarto motivo del ricorso principale.
Del pari per le medesime esplicitande ragioni non ha fondamento l’unico motivo del
ricorso incidentale, motivo, quest’ultimo, che afferisce allo stesso profilo che l’avverso quarto
involge.
La corte distrettuale, allorché ha provveduto a determinare la decurtazione di valore
sofferta dall’appartamento — mansarda compromesso in vendita, traendo argomento dalla
diminuzione di valore che soffre un appartamento occupato nelle libere contrattazioni, si è
15

gravame, ma solo in quanto essi non siano compresi nel thema decidendum neanche per

senza dubbio avvalsa del notorio, recte, nel solco della previsione di cui al 2° co. dell’art. 115
c.p.c., di nozioni di fatto ricomprese nella comune esperienza (al riguardo, cfr. Cass.
11.2.1987, n. 1492, secondo cui, poiché deve intendersi per notorio quel fatto che l’uomo di
media cultura conosce in un dato tempo ed in un determinato luogo, anche se relativo ad un
settore delimitato dell’attività umana, in tale nozione rientra anche la conoscenza di una crisi

rilevazioni statistiche in materia socio – economica, fra le quali vanno annoverate anche
quelle concernenti i valori dei beni immobiliari e la loro tendenza all’aumento o al ribasso
solitamente pubblicate dalla stampa, quotidiana e periodica; cfr., altresì, Cass. 26.10.1970,
n. 2162, secondo cui non si è in presenza di un giudizio di equità, allorquando la
determinazione di un corrispettivo di appalto costituisce la risultante concreta di fatti notori
(prezzi di mercato) e di nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza (onere per
l’esecuzione di lavoro), che possono essere posti dal giudice a fondamento della decisione a
norma dell ‘art 115 c.p.c.; cfr., ancora, Cass. sez. lav. 19.5.1986, n. 3307, secondo cui tra le
nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza, idonee come tali ad essere poste, a norma
dell’art. 115 c.p.c., a fondamento della decisione, rientrano le circostanze di cosiddetta
notorietà ristretta, vale a dire quelle circostanze conosciute e comunemente note non già in
senso assoluto, ma nel luogo in cui abitano il giudice e le parti in causa).
In questi termini va ribadito l’insegnamento di questa Corte secondo cui l’affermazione
del giudice di merito circa la sussistenza di un fatto notorio non può essere censurata in sede
di legittimità mediante la mera negazione della notorietà del fatto assunto come tale dal
giudice, ma solo qualora il ricorrente deduca che sia stata posta a base della decisione una
inesatta nozione del notorio, ovvero prospetti elementi specifici e significativi tali da
escludere l’utilizzabilità della nozione stessa e da infirmare, sul piano motivazionale, la
valutazione del giudice, il quale, una volta affermato che un fatto è acquisito per comune

16

edilizia e delle relative conseguenze per i valori degli immobili, stante la diffusione delle

conoscenza, non è tenuto ad indicare gli elementi sui quali tale determinazione si fonda (cfr.

in tal senso Cass. 4.6.2007, n. 13056; nella specie, questa Corte, confermando la sentenza
impugnata, ha ritenuto che i valori di mercato degli autoveicoli usati appartengono alle
cognizioni comuni e generali, essendo oggetto dell’osservazione e della percezione della
collettività, in quanto riportati in moltissime pubblicazioni di stampa a larga diffusione; cfr.

Ebbene, su tale scorta, è da escludere recisamente che Iris Della Valentina, da un canto, e
la “Galotti” s.p.a., dall’altro, abbiano addotto elementi puntuali e pregnanti idonei a
dimostrare come senz’altro priva di qualsivoglia aderenza alla realtà dei luoghi di causa la
percentuale del 15% assunta, in quanto dato notorio, dalla corte territoriale a base dell’operata
decurtazione.
La soccombenza della ricorrente ha un rilievo assolutamente preponderante, del tutto
prevalente. Il che giustifica la sua condanna alla rifusione delle spese del giudizio di
legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; condanna la ricorrente
a rimborsare alla s.p.a. controricorrente le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in
euro 3.900,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese generali e agli
accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

inoltre Cass. 11.2.1987, n. 1492).

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA