Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16966 del 11/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 11/08/2016, (ud. 16/05/2016, dep. 11/08/2016), n.16966

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13481-2015 proposto da:

LOGISTA ITALIA SPA in persona dell’Amm.re Delegato e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

CRESCENZIO 14, presso lo studio dell’avvocato ENRICO PAULETTI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSAMARIA NICASTRO

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE AUTONOMA DEI MONOPOLI DI STATO in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6957/2014 della COMM. TRIB. REG. del LAZIO,

depositata il 20/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/05/2016 dal Consigliere Dott. TRICOMI LAURA;

udito per il ricorrente l’Avvocato NICASTRO che ha chiesto

l’accoglimento in via preliminare, in subordine rinvia per riunione

agli altri;

udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO RICCARDO che ha concluso per il rinvio si rimette al collegio

nel merito rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza n. 6957/06/2014, depositata il 20.11.2014 e non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio confermava la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto dalla società Logista Italia SPA avverso l’avviso di pagamento n. (OMISSIS) in forza del quale l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) le aveva intimato di versare l’importo corrispondente all’accisa gravante sui tabacchi lavorati, per Euro 2.716.318,14, a seguito dell’accertamento di svincolo irregolare dal regime sospensivo della merce, oggetto di furti o rapine perpetrate nei depositi fiscali di cui la ricorrente era titolare negli anni 2002 e 2003.

2. Il giudice di appello riteneva l’atto impugnato emesso legittimamente e motivato circa le ragioni della pretesa impositiva. Escludeva che lo svincolo irregolare dei tabacchi lavorati conservati presso i depositi fiscali della ricorrente, dovuto ad eventi delittuosi, quali furti e rapine, potesse consentire la concessione dell'”abbuono” dell’accisa, previsto dal D.L. n. 331 del 1993, art. 5, in quanto tali fatti non implicavano che la merce non venisse immessa nel circuito commerciale.

3. La società propone ricorso per cassazione articolato su tre motivi nei confronti dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, ora Agenzia delle dogane e dei monopoli, e chiede alla Corte, in via subordinata, di sollevare questione di legittimità costituzionale. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli replica con controricorso. La società deposita anche memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Primo motivo – Nullità della sentenza per ultrapetizione – Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai sensi dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

La ricorrente sostiene che alcune delle statuizioni del giudice di appello, segnatamente quelle in merito al riconoscimento della ricorrenza della motivazione dell’avviso impugnato, non hanno nulla a che vedere con il thema decidendum venutosi a delineare nel corso dei gradi di merito, in quanto le eccezioni di carenza di motivazione dell’atto e di violazione del principio di “ticipicità” degli atti amministrativi non erano state dedotte nel primo grado di giudizio, nè avrebbero potuto essere oggetto del giudizio di appello.

1.2. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.

La pronuncia di cui si duole la ricorrente non risulta alla stessa pregiudizievole, giacchè perviene ad una conclusione, circa la ricorrenza della motivazione dell’atto e la legittimità dell’atto amministrativo che non collide con alcuna sua doglianza o richiesta – atteso che la ricorrente stessa dichiara di non avere mai sollevato il vizio di violazione del principio di tipicità degli atti – e non trascende i limiti fissati dalle contrapposte richieste ed eccezioni delle parti (Cass. n. 2830/1997), dalla causa petendi e dal petitum (cfr. Cass. n. 2146/2006).

2.1. Secondo motivo – Nullità della sentenza per omessa pronuncia. Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai sensi dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Rileva la ricorrente che nella motivazione della sentenza manca la statuizione sulla dedotta illegittimità dell’atto impugnato per avere l’Amministrazione illegittimamente applicato in modo retroattivo le “disposizioni recate dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 4″, modificato dal D.Lgs. n. 48 del 2010, art. 1, lett. d), che avevano esteso l’applicazione del Testo Unico Accise n. 504/1995 (TUA) anche ai tabacchi, eccezione sulla quale la CTR non si sarebbe pronunciata.

La ricorrente ricorda di aver svolto la doglianza, ritenendo la nuova normativa peggiorativa rispetto alla previsione contenuta nel D.L. n. 331 del 1993, art. 5, comma 1, avendo la stessa introdotto una forte limitazione alla concessione dell'”abbuono” con la previsione secondo la quale la perdita deve essere “irrimediabile” e la distruzione “totale” e con la specificazione che tali caratteri ricorrono quando il prodotto perso o distrutto “risulta inutilizzabile”.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.3. Innanzi tutto va considerato che il motivo non soddisfa l’onere di autosufficienza richiesto, in quanto non riproduce l’avviso di pagamento in modo adeguato a consentire a questa Corte di valutare la rilevanza e la pertinenza dell’eccezione sollevata; invero l’avviso è riassunto molto sommariamente (fol. 2/3 del ricorso) e l’Amministrazione ha mosso una specifica contestazione circa il difetto di autosufficienza (fol. 4/5 del controricorso), deducendo che non era stata applicata la nuova normativa, ma solo indicati i riferimenti di legge.

2.4. Va, comunque, osservato che la CTR, nello svolgere il proprio ragionamento logico/giuridico, come di seguito riepilogato sub 3.2., ha fatto applicazione del D.L. n. 331 del 1993, artt. 2 e 5, e non già del D.Lgs. n. 540 del 1995, art. 4, di guisa che la censura risulta anche carente di interesse e priva di decisività.

3.1. Terzo motivo – Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 5, conv. in L. n. 427 del 1993, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

La ricorrente sostiene che la Commissione Regionale ha errato nel ritenere inapplicabile la disciplina degli “abbuoni” nel caso in esame, afferente allo svincolo irregolare dal regime sospensivo del tabacco lavorato – come si evince dalla sintetica esposizione dell’avviso di pagamento in ricorso (fol. 2) – conseguente a furto o rapina. Secondo la prospettazione della parte privata, infatti, le fattispecie criminose del furto e della rapina, evocate nell’atto impugnato, sono da ricondurre nell’ambito della “forza maggiore”, considerata dall’art. 5.

3.2. Sul punto la Commissione territoriale, dopo avere affermato che la società non aveva colto la ratto legis in materia, ha motivato rilevando che nella fattispecie in esame, sulla scorta della normativa da applicare, del D.L. n. 331 del 1993, artt. 2 e 5, “gli svincoli irregolari dei tabacchi lavorati dal regime sospensivo (..) comportino, comunque, l’esigibilità dell’accisa da parte dell’Amministrazione” (fol. 4) e ha condiviso la statuizione del primo giudice e cioè che “l’abbuono di imposta non può essere concesso nel caso di furto di tabacchi lavorati, trattandosi di fatto imputabile a terzi, non equiparabile al caso fortuito o alla forza maggiore, con la conseguenza che il pagamento dell’accisa è dovuto al semplice verificarsi degli ammanchi” (fol. 5 della sentenza impugnata).

3.3.1. Nel proporre il motivo la ricorrente espone la propria interpretazione sul campo di applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 5, comma 1. Sostiene che il primo periodo ha un contenuto generale che riconduce la concessione dell’abbuono alla ricorrenza del “caso fortuito” o della “forza maggiore” ed è applicabile anche al tabacco lavorato, mentre solo il secondo periodo, che estende la causa esimente, mediante l’assimilazione alla fattispecie ordinaria, ai “fatti imputabili a terzi o allo stesso soggetto passivo a titolo di colpa non grave”, per espressa previsione normativa non trova applicazione con il tabacco lavorato.

3.3.2. La parte privata denuncia quindi che erroneamente la Amministrazione delle dogane e la Commissione hanno ritenuto inapplicabili al tabacco lavorato non solo le fattispecie esimenti regolate dal secondo periodo (espressamente escluse dalla legge), ma anche le fattispecie disciplinate dal primo periodo, che hanno invece contenuto ed ambito applicativo generalizzato (fol. 20 del ricorso), e le hanno di conseguenza attribuito l’obbligazione fiscale a titolo di responsabilità oggettiva, in riferimento a comportamenti (furti o rapine) non riferibili al volere della contribuente stessa.

Quanto al detto secondo periodo la parte sostiene che va interpretato nel senso che le condotte considerate sono da ascrivere all’elemento psicologico della “colpa non grave” sia se riferite a terzi, sia se riferite allo stesso soggetto passivo d’imposta, con la conclusione che tra tali condotte non possono rientrare i fatti delittuosi del furto e della rapina, riconducibili alla “forza maggiore” disciplinata al primo periodo e, idonei a determinare il riconoscimento dell'”abbuono” anche al tabacco lavorato (fol. 23 del ricorso).

3.3.3. Infine, secondo la ricorrente, la Commissione ha errato nel ritenere a priori ed in astratto che, nel caso dei tabacchi lavorati, non trovi applicazione la disciplina degli “abbuoni” d’imposta dettati dal D.L. n. 331 del 1993, art. 5, al ricorrere di fattispecie di “forza maggiore”, quali sono inevitabilmente i casi di “rapina” e di “furti”, in considerazione degli “interessi sia generali che erariali, derivanti dalla alta fiscalità gravante sui tabacchi lavorati…” (fol. 29 del ricorso).

3.4. La controversia verte, quindi, in tema di applicazione delle accise ai tabacchi lavorati e, segnatamente, è incentrata sulla concedibilità o meno dell'”abbuono” nel caso in cui vi sia stato uno svincolo irregolare dei tabacchi a causa di furti o rapine intervenute mentre il prodotto era in sospensione di imposta presso i depositi fiscali della ricorrente.

3.5. E’ opportuno far precedere la disamina del motivo dalla ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

3.6.1. L’accisa è l’imposta indiretta sulla produzione e sul consumo prevista per specifici beni e prodotti, tra cui rientrano i tabacchi lavorati, ed è compresa nel novero delle imposte armonizzate.

3.6.2. La Direttiva 92/12/CEE del 25 febbraio 1992, come modificata dalla direttiva 92/108/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1992 (in prosieguo: Dir. 92/12″) relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, prevede, infatti, al quarto considerando “che, per assicurare l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno, occorre che l’esigibilità delle accise sia identica in tutti gli Stati membri;”

Il “fatto generatore” dell’accisa è dato dalla fabbricazione nel territorio della Comunità dei prodotti ad essa soggetti o dalla loro importazione in detto territorio; quando il prodotto d’importazione viene sottoposto ad un regime doganale comunitario, l’importazione si considera avvenuta nel momento in cui esso viene svincolato dal regime doganale (art. 5 della Dir. 92/12).

I prodotti soggetti ad accisa collocati presso un depositarlo autorizzato possono godere, alla ricorrenza di determinati presupposti e condizioni, di un regime fiscale particolare definito “regime sospensivo” in ragione del quale la riscossione della accisa è sospesa (art. 4, lett. c) della Dir. 92/12).

L”‘esigibilità” della accisa dei prodotti soggetti al regime sospensivo scatta, infatti, all’atto dell’immissione in consumo o della constatazione degli ammanchi. In proposito l’art. 6 della Dir. 92/12 stabilisce “1. L’accisa diviene esigibile all’atto dell’immissione in consumo o della constatazione degli ammanchi che dovranno essere soggetti ad accisa ai sensi dell’art. 14, paragrafo 3. Si considera immissione in consumo di prodotti soggetti ad accisa: a) lo svincolo, anche irregolare, da un regime sospensivo; b) la fabbricazione, anche irregolare, dei prodotti in questione al di fuori di un regime sospensivo; c) l’importazione, anche irregolare, dei prodotti in questione, quando essi non sono vincolati a un regime sospensivo. 2. Le condizioni di esigibilità e l’aliquota dell’accisa che deve essere applicata sono quelle in vigore alla data dell’esigibilità nello Stato membro in cui è effettuata l’immissione in consumo o la constatazione degli ammanchi. L’accisa viene liquidata e riscossa secondo le modalità stabilite da ciascuno Stato membro, fermo restando che gli Stati membri applicano le medesime modalità di esenzione e di riscossione sia ai prodotti nazionali che ai prodotti provenienti dagli altri Stati membri.”.

Alla luce della giurisprudenza costante dalla Corte GUE, secondo la quale per l’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione occorre tener conto allo stesso tempo del suo tenore letterale, del suo contesto e dei suoi obiettivi (v., in particolare, sentenza Spagna/Parlamento e Consiglio, C 44/14, punto 44) si deve osservare che, secondo la norma in esame, i fatti generatori dell’obbligazione rientrano in due categorie: 1) l’immissione in consumo, tra cui è ricompreso “lo svincolo, anche irregolare, dal regime sospensivo” e 2) la constatazione degli ammanchi, per i quali vi è rinvio all’art. 14, ove sono stabiliti i presupposti alla ricorrenza dei quali il depositarlo può beneficiare dell’abbuono dall’imposta.

Va rimarcato che l’applicabilità dell’art. 14 della Dir. 92/12, durante il regime sospensivo, comporta l’inesigibilità dell’imposta ed il riconoscimento al depositario autorizzato derabbuono” ed è limitata ad alcune delle fattispecie riconducibili agli “ammanchi”, mentre non è prevista per le fattispecie di immissione in consumo, tra cui rientra lo svincolo irregolare.

In particolare l’art. 14 cit. recita – “.1. Il depositario autorizzato beneficia di un abbuono d’imposta per le perdite verificatesi durante il regime sospensivo, imputabili a casi fortuiti o di forza maggiore e accertate dalle autorità di ciascuno Stato membro. Egli beneficia, inoltre, in regime sospensivo, di un abbuono d’imposta per le perdite inerenti alla

natura dei prodotti avvenute durante il processo di fabbricazione e di lavorazione, il magazzinaggio e il trasporto. Ogni Stato membro fissa le condizioni alle quali tali abbuoni sono concessi… (2)… 3. Fatto salvo l’art. 20, in caso di ammanchi diversi dalle perdite previste al paragrafo 1, nonchè in caso di perdite per le quali gli abbuoni d’imposta di cui al paragrafo 1 non sono concessi, le accise sono riscosse in base alle aliquote vigenti nello Stato membro in questione al momento in cui le perdite, debitamente accertate dalle autorità competenti, si sono verificate o, se del caso, al momento della constatazione degli ammanchi. (4)…”.

Dalla lettura dell’art. 14 si evince che gli “ammanchi” costituiscono un genus nell’ambito del quale il legislatore europeo ha distinto una pluralità di ipotesi, solo alcune delle quali, tuttavia, assumono rilevanza per il riconoscimento dell'”abbuono”: segnatamente le perdite imputabili a caso fortuito o forza maggiore (paragrafo 1, prima parte) e le perdite inerenti la natura dei prodotti (paragrafo 1, seconda parte).

3.6.3. Quindi dalla lettura del combinato disposto degli artt. 6 e 14 della Dir. 92/12 si desume che l’abbuono” non è previsto in caso di “svincolo irregolare della merce dal regime di sospensione”, ma solo in caso di “ammanchi”, e che il depositario beneficia dell’abbuono, non in ogni caso di ammanco, ma solo nel caso in cui gli ammanchi siano riconducibili alle perdite dovute a caso fortuito o forza maggiore o alle perdite inerenti alla natura del prodotto.

3.6.4. E’ utile ricordare, inoltre, che la nuova Direttiva 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise, che ha abrogato la Direttiva 92/12/CEE (di seguito Dir. 2008/118), anche se non è applicabile al caso in esame, all’art. 7, rubricato “Momento e luogo dell’esigibilità”, nel determinare il momento in cui l’accisa diviene esigibile, ha mantenuto ferma la distinzione tra l’immissione al consumo a seguito di svincolo irregolare (comma 2), a seguito del quale sorge l’esigibilità senza esclusioni di sorta, ed alcune tipologie di ammanchi, per le quali può essere riconosciuta l’inesigibilità, stabilendo che “La distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa per una causa inerente alla natura stessa di tali prodotti, per un caso fortuito o per causa di forza maggiore, o in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro”, non è considerata immissione in consumo.” (comma 3), in sostanziale continuità con le precedenti disposizioni.

3.7.1. Passando all’esame della normativa nazionale, con il D.L. n. 331 del 1993, conv. con L. n. 427 del 1993, in vigore dal 30/08/1993 al 01/04/2010 (applicabile al caso in esame ratione temporis), si è provveduto in sede nazionale ad armonizzare le disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati con quelle recate dalla Dir. 92/12, relativa all’accisa.

In particolare, il D.L. art. 2, stabilisce che “.1. I prodotti di cui all’art. 1, comma 1, sono assoggettati ad accisa al momento della fabbricazione o della importazione” e che “2. L’accisa è esigibile all’atto dell’immissione in consumo del prodotto.”, quindi precisa “Si considera immissione in consumo anche: a) l’ammanco in misura superiore a quella consentita o quando non ricorrono le condizioni per la concessione dell’abbuono di cui all’artt. 5; b) lo svincolo, anche irregolare, da un regime sospensivo; c) la fabbricazione o l’importazione, anche irregolare, avvenuta al di fuori di un regime sospensivo”. Ne consegue che l’imposta diviene liquida ed esigibile in coincidenza con l’immissione in consumo dei prodotti soggetti al tributo. Solo in quel momento l’accisa viene riscossa da parte dello Stato, mediante il versamento cui è tenuto il soggetto obbligato.

Orbene, anche se la normativa nazionale riconduce il fatto generatore dell’imposta all’unica categoria dell’ “immissione in consumo”, a differenza della Dir. 92/12, tuttavia nell’ambito di questa categoria è, comunque, ripresa la distinzione enucleata nella Direttiva tra l’ammanco e lo svincolo, anche irregolare, dal regime sospensivo, ed anche in questo caso il rinvio alla disciplina di inesigibilità di cui al cit. D.L., art. 5, denominata “abbuono”, è riservato esclusivamente ad alcune ipotesi di ammanco.

In particolare la disciplina dell’abbuono, che va letta in combinato disposto con la previsione dell’art. 2 cit. in tema di ammanchi, al D.L. n. 331 del 1993, art. 5, come conv. in L. n. 427 del 1993, prevede: “- Abbuoni per perdite e cali – 1. In caso di perdita o distruzione di prodotti soggetti ad accisa che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono dell’imposta quando è provato che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. Salvo che per i tabacchi lavorati, i fatti imputabili a terzi o allo stesso soggetto passivo a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore. 2. Per le perdite, inerenti alla natura dei prodotti, avvenute, in regime sospensivo, durante il processo di fabbricazione o di lavorazione al quale vengono sottoposti i prodotti nel caso in cui è già sorta l’obbligazione tributaria, l’abbuono è concesso nei limiti previsti dalle disposizioni vigenti in materia. 3. Per i cali naturali e tecnici si applicano le disposizioni previste dalla normativa doganale. 9. La disciplina dei cali di trasporto si applica anche per i trasporti provenienti dagli Stati membri della Comunità economica europea di prodotti in regime di sospensione di accisa”.

3.7.2. Questa è la disciplina applicabile ratione temporis al caso di specie in quanto, con la successiva emanazione del TUA n. 504 del 1995, con cui si è provveduto ad accorpare le disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e le relative sanzioni penali e amministrative, ne è stata espressamente esclusa, all’art. 1, comma 1, l’applicabilità ai tabacchi lavorati, nei seguenti termini “1. L’imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi, esclusa quella sui tabacchi lavorati e sui fiammiferi, è disciplinata dalle disposizioni del presente testo unico”, di guisa che, per questa tipologia di prodotto, l’accisa ha continuato ad essere regolata dal D.L. n. 331 del 1993, fino alla novella introdotta dal D.Lgs. n. 48 del 2010, che ha abrogato le corrispondenti norme del D.L. n. 331 del 1993 e modificato ed integrato le norme del TUA, in attuazione della Dir. 2008/118, che ha abrogato la Dir. 92/12.

3.7.3. Dalla lettura del D.L. n. 331 del 1993, artt. 2 e 5, in combinato disposto, si evince che, in conformità con quanto stabilito dalla Dir. n. 92/12, il depositano può beneficiare dell’abbuono solo in caso di ammanchi che integrino la perdita o la distruzione dei prodotti per caso fortuito o forza maggiore, ovvero che integrino la perdita inerente la natura dei prodotti e non nel caso di svincolo irregolare, fattispecie che ricorre nel caso in esame.

3.7.4. Per completezza va, comunque, rilevato che anche il testo aggiornato del TUA n. 504/1995 ricollega la disciplina degli abbuoni all’ammanco e non già allo svincolo irregolare (artt. 2 e 4).

3.8. Ne consegue l’inammissibilità del motivo, oltre che la sua infondatezza.

3.9. Dalla ricostruzione normativa si evince con chiarezza che nel caso di svincolo irregolare della merce dal regime sospensivo – come nel caso in esame, senza che si ravvisi alcuna contestazione sul punto – il depositano non può beneficiare dell’abbuono, sia alla luce della normativa unionale che di quella nazionale, essendo tale agevolazione prevista solo per alcune fattispecie di ammanchi e, comunque, mai nel caso di svincolo irregolare: pertanto la decisione impugnata risulta immune da vizi per avere dato corretta applicazione alla normativa vigente.

3.10. In proposito giova ricordare che secondo la Corte di Giustizia – ferma nel ritenere che i diritti di accisa sono, in principio, esigibili anche in caso di ammanchi e di perdite peri quali non è stata concessa un’esenzione dalle autorità competenti – l’esenzione prevista all’art. 14, n. 1, prima frase, della direttiva 92/12 per le perdite dovute a casi di forza maggiore costituisce una deroga a tale regola generale che deve quindi, essere oggetto di un’interpretazione restrittiva (Societè Pipeline Mediterranee et Rhone SPMR – Causa C-314/06 del 18.12.2007 – par. 30) ed il medesimo principio va applicato anche alla normativa nazionale: ciò conferma l’inapplicabilità dell’abbuono alla fattispecie dello svincolo irregolare, per la quale non è previsto.

3.11.1. Orbene la tesi della ricorrente, tutta fondata sulla rilevanza della forza maggiore (o del caso fortuito), nell’ambito della quale vorrebbe far rientrare anche gli eventi delittuosi ascrivibili a terzi, come il furto e la rapina, sulla scorta di una particolare interpretazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 5, ove è detto “Salvo che per i tabacchi lavorati, i fatti imputabili a terzi o allo stesso soggetto passivo a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore” non può essere in alcun modo condivisa, per plurime ragioni.

3.11.2. La ricorrente, infatti, non intercetta la vera ratio decidendi della sentenza in esame fondata – correttamente – sulla ricorrenza di uno svincolo irregolare (fol. 5/6) e non sulla perdita o distruzione della merce, presupposto necessario, quest’ultimo, per verificare la possibile l’equiparazione (ove del caso) dei fatti delittuosi dei terzi al caso fortuito o alla forza maggiore (Cass. SS.UU. n. 28536/2008, in tema di accise).

3.11.3. Ma, soprattutto, la parte privata non coglie nel segno perchè trascura di considerare che, alla stregua della disciplina unionale e nazionale prima ripercorsa, l’abbuono è riconosciuto solo quando ricorre uno specifico evento oggettivo che innesca il riconoscimento del beneficio dell’inesigibilità- segnatamente la perdita o la distruzione del prodotto, come conseguenza di uno specifico fattore causale riconducibile alla forza maggiore o al caso fortuito, di guisa che non ogni evento riconducibile alla causale del caso fortuito o della forza maggiore consente di accedere all’agevolazione, ma solo quello che abbia determinato la perdita o la distruzione del prodotto, nei termini previsti dal cit. art. 5, e su questo specifico passaggio normativo la ricorrente non si sofferma minimamente.

3.12.1. Invero i concetti di perdita e distruzione, anche in ragione della disciplina in cui si Iscrivono (regolamentazione dell’imposta di consumo) vanno considerati in senso oggettivo, e cioè riferiti alla esistenza ed alla idoneità del prodotto ad assolvere alla sua funzione di destinazione al consumo, e non in senso relazionale e soggettivo, e cioè come perdita della disponibilità del bene dal parte del soggetto che lo deteneva presso il deposito fiscale, poichè quest’ultima ipotesi è inidonea ad escludere la possibile immissione in consumo del bene.

Esclusivamente con la dispersione o la distruzione viene impedita l’immissione del prodotto nel consumo, che sola giustifica l’abbuono dell’imposta, laddove la sottrazione determina soltanto il venir meno della disponibilità del prodotto stesso da parte del soggetto per effetto dello spossessamento, ma non impedisce che il bene, sebbene sottratto, entri ugualmente nel circuito commerciale.

3.12.2. Sul punto questa Corte ha già avuto modo di ribadire (Cass SS UU. n.28536/2008, sez. semplici nn. 17195/2009 e 12428/07) che la ratio della disposizione è tesa proprio a impedire che il prodotto sottratto entri ugualmente nel circuito commerciale, specificamente ricordando che anche la Corte Costituzionale (sentenza n. 373 del 1988) aveva posto in luce che “l’obbligazione tributaria doganale per le merci è indissolubilmente collegata all’ingresso delle medesime nel mercato nazionale, e proprio in ciò trova il suo fondamento e la sua ragion d’essere”. Ragion per cui solo “la distruzione od il completo deterioramento dei beni rendono impossibile tale ingresso e perciò impediscono il sorgere dell’obbligazione tributaria” mentre “la perdita della soggettiva disponibilità non rende il bene inutilizzabile, trasferendosi soltanto ad altra persona la concreta possibilità di disporne e di effettuarne così l’immissione nel circuito commerciale. Per tali ragioni, la Corte costituzionale aveva riconosciuto che l’evento “perdita” o “distruzione dei prodotti che si trovano in regime sospensivo rilevante ai fini della norma “…è solo quello che ha determinato la “dispersione” e non la sola “sottrazione” del prodotto assoggettato ad imposta in regime sospensivo”.

3.12.3. Anche di recente questa Corte si è espressa (tra le altre sent. nn. 6398/2014, 9279/13, 25990/13, 27825/13, 28377/2013), affermando che il presupposto per l’abbuono dal pagamento dell’imposta è dato dalla sottrazione della merce dal circuito commerciale, circostanza che non risulta provata in caso di furto ad opera di terzi, poichè ciò non implica in alcun modo che il prodotto non venga immesso nel mercato, con la conseguenza che la forza maggiore o il caso fortuito possono rilevare per la concessione dell'”abbuono” solo quanto abbia determinato la perdita o la distruzione della merce e non in caso di furto.

3.12.4. Tali conclusioni trovano conforto anche nel più recente della Dir. 2008/118, art. 7, comma 4, ove è detto “Ai fini della presente direttiva, si considera che i prodotti abbiano subito una distruzione totale o una perdita irrimediabile quando sono inutilizzabili come prodotti sottoposti ad accisa”, ed al quale si è conformata la novella formulazione dell’art. 4 del TUA, ove parla di perdita irrimediabile e di distruzione totale: invero l’elemento oggettivo della distruzione e della perdita non muta in ragione dell’aggettivazione utilizzata, che ha un contenuto rafforzativo e sostanzialmente terminativo delle possibili questioni interpretative, ma non incide sul significato dei sostantivi utilizzati (perdita e distruzione) rimasti immutati.

3.13.1. Anche le più recenti pronunce della Corte di Giustizia rafforzano tali conclusioni.

3.13.2. In materia doganale la CGUE, Corte giust. 11 luglio 2013, – Harry Wiston SARL causa C- 273/12, ha chiarito definitivamente che “l’art. 203, par. 1, del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che stabilisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio,-del 20 novembre 2006, deve essere interpretato nel senso che un furto di merci sottoposte al regime di deposito doganale costituisce una sottrazione di dette merci ai sensi di tale disposizione, facendo nascere un’obbligazione doganale all’importazione, e che l’art. 206 di detto regolamento applicabile solo al caso in cui un’obbligazione doganale sorga in applicazione degli artt. 202 e 204, par. 1, lett. a), dello stesso regolamento. L’art. 71, par. 1, comma 2, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che il furto di merci detenute in regime di deposito doganale fa sorgere il fatto generatore e l’esigibilità dell’imposta sul valore aggiunto”.

In definitiva, deve concludersi che il presupposto per l’esenzione dal pagamento dell’imposta e del venir meno dell’obbligazione tributaria è e rimane, in ogni caso, la sottrazione della merce dal circuito commerciale, circostanza che non risulta affatto provata in caso di furto della merce ad opera di terzi, fatto che non implica in alcun modo che il prodotto sottratto non venga immesso sul mercato, e quindi sussiste solo in caso di perdita o distruzione (Cass. cit. nn.6398/2014, 28377/13, 25990/13, 9279/13).

3.13.3. In materia di accise la CGUE, nella causa C-64/15, BP Europa SE contro Hauptzollamt Hamburg-Stadt, del 28.01.2016 emessa in tema di riscossione dell’accisa in assenza di prova della distruzione o della perdita dei prodotti con riferimento alla nuova Direttiva 2008/118, ha affrontato e risolto questioni con principi già presenti nella precedente Direttiva e, dunque, utilmente invocabili per la soluzione della controversia in esame.

Con questa decisione la CGUE (par. 43/47) ha affermato che il combinato disposto degli artt. 7, paragrafo 2, lettera a) – che, ai fini dell’esigibilità dell’accisa, qualifica come “immissione al consumo” anche lo svincolo irregolare dei prodotti – e 10, paragrafo 2, – che, disciplina le irregolarità nella circolazione del prodotto che hanno dato luogo ad immissione al consumo – della direttiva 2008/118 deve essere interpretato nel senso che “le situazioni da esso disciplinate escludono quella contemplata all’art. 7, paragrafo 4, di tale direttiva – che esclude l’immissione al consumo solo ove sia stata provata in modo soddisfacente la distruzione o la perdita del prodotto dovuta a caso fortuito o forza maggiore.

In tal modo a CGUE ha confermato che l’esigibilità dell’accisa non è esclusa in caso di immissione al consumo irregolare e che l’immissione al consumo è esclusa solo in caso di distruzione o perdita del prodotto per caso fortuito o forza maggiore, da provare in modo soddisfacente.

Nonostante il differente tessuto normativo di riferimento, viene chiaramente confermata sia la differenza ontologica tra svincolo irregolare e distruzione o perdita del prodotto, sia la necessaria ricorrenza della non immissione al consumo del prodotto per escludere l’esigibilità dell’accisa.

3.14. Le conclusioni alle quali il Collegio è pervenuto sono conformi alla sentenza n. 6398/2014 ed alle precedenti citate, e, per altro verso, le sentenze nn. 24912 e 24913/13, decise da questa sezione all’udienza del 19 marzo 2013, ancorchè pubblicate in epoca successiva, appaiono antecedenti alle sentenze rese dalla Corte di Giustizia nelle cause C- 273/12 e C-64/15, delle quali si è detto sopra, che hanno definitivamente confermato l’indirizzo dal giudice eurounitario in tema di responsabilità del titolare di deposito fiscale e di svincolo irregolare del prodotto quale immissione al consumo. Poichè vige in materia un preciso obbligo di conformazione del giudice nazionale ai principi espressi dalla Corte di Giustizia in materia regolata dal diritto UE, la soluzione qui patrocinata sembra essere l’unica possibile.

4.1. La sollecitazione a valutare la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 331 del 1992, artt. 2 e 5, per violazione degli artt. 3, 24 e 53 Cost., svolta in via subordinata dalla ricorrente va respinta per manifesta infondatezza, in quanto è articolata – nei termini prima esposti sub 3.3.1./3.3.3.- su una lettura ed una interpretazione errata del combinato disposto delle norme indicate e della normativa unionale, che trascura del tutto l’elemento oggettivo della fattispecie in esame, consistente nello svincolo irregolare della merce, e propone esclusivamente la assimilazione tra furto e forza maggiore o caso fortuito.

5.1. In conclusione il ricorso va rigettato per inammissibilità di tutti i motivi. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo a favore della parte costituita Agenzia delle dogane e dei monopoli.

5.2. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

PQM

La Corte di cassazione;

– rigetta il ricorso per inammissibilità dei motivi;

– condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che liquida nel compenso di Euro 22.000,00, oltre spese prenotate a debito.

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2016

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