Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1696 del 26/01/2021

Cassazione civile sez. II, 26/01/2021, (ud. 07/10/2020, dep. 26/01/2021), n.1696

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Cristiana – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22807-2019 proposto da:

O.J., rappresentata e difesa dall’Avvocato ANGELO RUSSO, ed

elettivamente domiciliata presso il suo studio in REGGIO EMILIA, VIA

ROSARIO LIVATINO 9;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 3254/2019 del TRIBUNALE di BARI depositato il

19/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

7/10/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso, depositato in data 24.12.2018, O.J. proponeva opposizione avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale emesso dalla competente Commissione Territoriale, chiedendo il riconoscimento della protezione internazionale o della protezione sussidiaria, ovvero di quella umanitaria.

Sentita dalla Commissione, la ricorrente aveva riferito di essere nata in un villaggio vicino (OMISSIS) nell'(OMISSIS) ((OMISSIS)) e di essere fuggita dal proprio Paese per scampare a una maledizione dello zio paterno stregone e per consentire ai propri figli di raggiungerla in Italia in modo da assicurare loro un’istruzione; di aver dichiarato dati anagrafici difformi rispetto a quelli resi nel 2007 nel corso della sua prima audizione dinanzi alla Commissione, in quanto all’epoca aveva seguito quanto le era stato consigliato da chi l’aveva condotta in Italia (aveva dichiarato di provenire dalla (OMISSIS) e di chiamarsi G.H.); aveva descritto gli eventi verificatisi dopo il primo provvedimento di diniego della protezione internazionale emesso dalla Commissione Territoriale e il suo forzato rimpatrio in (OMISSIS). In particolare, aveva riferito che in (OMISSIS) la sua vita era diventata frustrante e anche per mangiare era diventato un problema, per cui aveva deciso di allontanarsi, recandosi in Niger e poi in Libia fino a giungere in Italia, dove – dopo alcuni mesi trascorsi prostituendosi e vivendo per strada – era stata accolta dalla (OMISSIS), con la quale collaborava facendo le pulizie e la sarta.

Con decreto n. 3254/2019, depositato in data 19.6.2019, il Tribunale di Bari rigettava il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti della protezione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 7 non essendo state dedotte situazioni di persecuzione intesa quale vessazione o repressione violenta implacabile.

Anche la domanda di protezione sussidiaria non poteva essere accolta, in quanto non erano state enunciate circostanze suscettibili di rientrare nel concetto di danno grave, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) si sottolineava che da sicure fonti internazionali risultasse che la zona di provenienza della ricorrente non vivesse una condizione di conflitto armato con violenza generalizzata. Ugualmente, la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria doveva essere rigettata in quanto non risultava un’effettiva lesione di diritti fondamentali, nè era comprovata una specifica situazione denotante vulnerabilità della ricorrente.

Avverso detto decreto propone ricorso per cassazione O.J. sulla base di tre motivi. L’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la “Nullità del provvedimento impugnato per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, lett. a) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″, giacchè in assenza della videoregistrazione dell’audizione in sede di Commissione, il Giudice avrebbe dovuto necessariamente fissare l’udienza per l’audizione delle parti, ai sensi della citata norma”.

1.2. – Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 in merito al giudizio sulla veridicità e fondatezza del racconto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

1.3. – Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, poichè il Tribunale non aveva tenuto in debita considerazione il passato traumatico della giovane e la condizione socio-economica della (OMISSIS).

2. – Il primo motivo è fondato.

2.1. – Questa Corte ha posto in evidenza che (ove non sia disponibile la videoregistrazione con mezzi audiovisivi dell’audizione dinanzi alla Commissione territoriale), il giudice di merito, chiamato a decidere del ricorso avverso la decisione adottata dalla Commissione, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione delle parti a pena di nullità del suo provvedimento decisorio, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente (Cass. n. 618 del 2020; Cass. n. 17076 del 2019; Cass. n. 32029 del 2018; Cass. n. 17717 del 2018; Cass. n. 27182 del 2018). E ciò, a meno che: a) non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria la acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile.

Sicchè, così come non sussiste alcun automatismo tra la mancanza di videoregistrazione e la rinnovazione dell’ascolto del richiedente (Cass. n. 17717 del 2018), neppure tale automatismo si ravvisa tra la obbligatoria fissazione della udienza di comparizione davanti al giudice di merito e la eventuale rinnovazione dell’ascolto del richiedente (Cass. n. 17717 del 2018).

Nel caso di specie, il Tribunale non ha assolto al detto obbligo di fissare l’udienza comparizione, come invece richiesto dalla ricorrente, così venendo pregiudicata la valenza dei principi di diritto sopra affermati.

3. – Va pertanto accolto il primo motivo, con assorbimento del secondo e del terzo, imponendosi la cassazione del provvedimento, con rinvio al Tribunale di Bari, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie, per quanto di ragione, il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo e del terzo; cassa il decreto impugnata e rinvia al Tribunale di Bari, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021

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