Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16957 del 11/08/2016

Cassazione civile sez. trib., 11/08/2016, (ud. 21/03/2016, dep. 11/08/2016), n.16957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 16815 del ruolo generale dell’anno

2010, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’avvocatura dello Stato, presso gli

uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

s.p.a. Ferrania in amministrazione straordinaria, in persona dei

commissari straordinari legali rappresentanti pro tempore,

rappresentati e difesi, giusta procura speciale a margine del

controricorso, dagli avvocati Sara Armella e Giuseppe Ciliberti,

elettivamente domiciliatisi presso lo studio del secondo in Roma,

alla piazza Martiri Belfiore, n. 2;

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Liguria, sezione 8, depositata in data 28 aprile

2009, n. 41;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

21 marzo 2016 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

uditi per l’Agenzia delle entrate l’avvocato dello Stato Carla

Colelli e per la società l’avv. Sara Armelli;

udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore

generale Basile Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito quello incidentale.

Fatto

Si legge nella narrativa della sentenza impugnata che in data 16 aprile 1999 la s.p.a. Imation e la s.p.a. Imation Ricerche, entrambe integralmente possedute da s.p.a. Imation finanziaria, hanno costituito la s.p.a. Ferrania, partecipata dalla prima nella misura dell’80% e dalla seconda per il restante 20%; successivamente, in data 1 agosto 1999, la s.p.a. Ferrania ha deliberato l’aumento di capitale sottoscritto dalle due socie, operato mediante il conferimento da parte di ciascuna di un ramo d’azienda. In particolare, il conferimento eseguito da s.p.a. Imation ha dato luogo ad una minusvalenza, determinata dalla differenza tra i valori di bilancio del ramo aziendale oggetto del conferimento ed il valore della partecipazione. Questa minusvalenza è stata neutralizzata fiscalmente mediante una variazione in aumento da parte della conferente operata nel modello unico 2000, conseguente alla rilevazione di un avviamento negativo, imputato in parte a rettifica diretta di attività di bilancio ed in parte iscritto in un fondo denominato “fondo oneri di ristrutturazione e badwill”. Dal canto suo, la conferitaria s.p.a. Ferrania, ricevendo tale fondo, lo ha ripartito in fondi rischi futuri, con corrispondenti variazioni in diminuzione.

L’Agenzia delle entrate ha ravvisato nell’operazione carattere elusivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37-bis.

Ne è scaturito un avviso di accertamento col quale l’ufficio ha disconosciuto i vantaggi fiscali ottenuti dalla s.p.a. Ferrania, recuperando a tassazione maggiore materia imponibile ai fini irpeg, irap ed iva.

La società ha impugnato l’avviso, senza successo, in primo grado.

Di contro, la Commissione tributaria regionale, accogliendone l’appello, ha escluso l’elusività dell’operazione, sostenendo che l’avviamento negativo possa esistere e possa essere contabilizzato secondo specifiche modalità, non rappresentando una posta volta ad ottenere indebiti risparmi d’imposta.

Avverso questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi, cui replica la società con controricorso e ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del principale, articolato in tre mezzi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

1.- Va preliminarmente respinta l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per difetto di ius postulandi dell’Avvocatura generale dello Stato, perchè non investita della difesa nel giudizio dall’Agenzia delle entrate.

La Corte ha già avuto occasione di chiarire che, in tema di contenzioso tributario, ed alla stregua di quanto sancito dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 72 le agenzie fiscali possono avvalersi per la loro rappresentanza in giudizio del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi del T.U. approvato con R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43 senza che occorra a tal fine un mandato alle liti o una procura speciale, restando i rapporti tra Direttore dell’agenzia ed Avvocatura erariale in ambito meramente interno (Cass. 11 giugno 2014, n. 13156; conf., 18 settembre 2015, n. 18377).

2.- Parimenti infondata è l’eccezione d’inammissibilità del ricorso proposta nel corso della discussione dal pubblico ministero in ragione della tecnica di redazione, costruita mediante assemblaggio degli atti processuali pregressi.

Sul punto, questa Corte ha già stabilito (vedi, in particolare, Cass. 18 settembre 2015, n. 18363) che la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un’esposizione dei fatti non sommaria, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza, qualora il coacervo dei documenti integralmente riprodotti, non essendo facilmente individuabile ed isolabile, non possa essere separato ed espunto dall’atto processuale.

Nel caso in esame, di contro, la riproduzione dei documenti è anche graficamente individuabile e ben distinta dal testo del ricorso, che opportunamente cura la giunzione tra i distinti atti riprodotti, costruendo, in base ad essi e non soltanto con essi, la struttura del gravame.

3.-Nel merito, infondato è il primo motivo del ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, col quale l’Agenzia delle entrate lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, denunciando l’apparenza della motivazione della sentenza sotto il profilo dell’elusività dell’operazione realizzata.

Va richiamato al riguardo il principio già affermato da questa Corte (vedi, in particolare, tra le tante, Cass 27 maggio 2011, n. 11710), secondo il quale non adempie il dovere di motivazione il giudice che non formuli alcuna specifica valutazione dei fatti rilevanti di causa, e, dunque, non ricostruisca la fattispecie concreta ai fini della sussunzione in quella astratta. Soltanto al cospetto della mancanza di valutazione il sillogismo, che distingue il giudizio, finisce per esser monco della premessa minore, e dunque necessariamente privo della conclusione razionale.

Di contro, la sentenza impugnata esclude l’elusività dell’operazione, facendo leva, per un verso, sulla configurabilità sul piano contabile dell’avviamento negativo e, per altro verso, sulla legittimità della scelta fra l’operazione di conferimento e poi di cessione di partecipazioni e la cessione d’azienda.

Una tale motivazione esclude che la si possa qualificare come apparente, ossia nei fatti mancante.

Ciò in base ai principi fissati dalle sezioni unite della Corte, secondo cui la mancanza si configura quando la motivazione manchi del tutto, nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione, oppure la motivazione formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053, punto 14.5.1 nonchè sez. un., 22 settembre 2014, n. 19881).

4.- Fondato – oltre che ammissibile, perchè, contrariamente a quanto sostenuto dalla società, dotato di quesito di fatto- è, invece, il secondo motivo del ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, col quale l’Agenzia si duole dell’omessa motivazione della sentenza impugnata sulle caratteristiche e le modalità delle operazioni, desumibili, tra l’altro, dalla sequenza dei tempi e dall’assenza di ragioni economiche, idonee a lumeggiarne l’elusività, limitandosi a considerazioni di carattere astratto.

Va premesso che l’avviamento negativo o badwill è la grandezza contabile che esprime l’inidoneità di un compendio aziendale a produrre futuri redditi adeguati e che, in conseguenza, corregge in diminuzione il valore contabile dell’azienda, esprimendo un’aspettativa di performances reddituali inferiori alla normalità e traducendosi, in definitiva, nella decurtazione di prezzo necessaria per scontare le perdite attese o le future mancate congrue remunerazioni: si tratta di un’ipotesi in cui il capitale economico che rappresenta il valore di un’azienda è inferiore alla dimensione contabile del patrimonio netto di essa.

4.1.- Il badwill identifica una qualità intrinseca del compendio aziendale, perchè ne esprime la futura iporedditività; esso non può emergere contabilmente che dall’operazione che trasferisca l’azienda, di guisa che lo si è definito come grandezza esogena, perchè presuppone un’operazione negoziale con un soggetto terzo.

Ne è conferma il trattamento ad esso riservato dallo IAS 22, applicabile all’epoca dei fatti, il par. 59 del quale stabilisce che “l’eventuale eccedenza, alla data della compravendita, della quota di partecipazione dell’acquirente nei fair value delle attività e passività identificabili acquisite rispetto al costo dell’acquisizione, deve essere rilevata come avviamento negativo”.

Secondo questo principio contabile, l’avviamento negativo connesso alla previsione di perdite e costi futuri identificati nel programma di acquisizione dell’acquirente e quantificabile in modo attendibile deve essere rilevato come provento nel conto economico dell’esercizio in cui i costi e le perdite sono rilevati (par. 61).

4.2.-In questo contesto generale, tuttavia, la sentenza impugnata dà conto del fatto che “la società conferente nel caso de quo, si è avvalsa della disciplina vigente prima della riforma attuata con il D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, e cioè quella recata dal D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 4 in materia di cosiddetto conferimento neutrale di azienda”.

Dispone difatti questa norma che “i conferimenti di aziende possedute per un periodo non inferiore a tre anni, effettuati tra i soggetti indicati nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87,comma 1, lett. a) e b), non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze”. Il che significa, come osservato dal giudice d’appello, che a seguito del conferimento la rilevanza fiscale dell’avviamento negativo è rimasta sospesa sia per la conferente, sia per la conferitaria, di guisa che la minusvalenza prodottasi per la conferente, determinata dalla differenza tra il valore dell’azienda e l’incremento del valore della partecipazione a seguito del conferimento ed il badwill trasferito alla conferitaria non hanno acquistato rilevanza per il fisco e, quindi, non hanno concorso a formare il rispettivo reddito d’esercizio soggetto a tassazione: si legge in sentenza che minusvalenza dunque non viene dedotta e l’utilizzo del badwill non è tassato”.

Nella prospettazione dell’ufficio, che emerge dall’avviso di accertamento, il testo del quale è integralmente trascritto in ricorso, la conferitaria Ferrania ha fruito, per effetto del conferimento minusvalente in neutralità d’imposta, del vantaggio scaturente dalle variazioni in diminuzione che ha potuto operare in sede di dichiarazione dei redditi relativi all’anno 1999 correlate all’utilizzo del fondo badwill, al fine di renderlo fiscalmente neutrale; variazioni, che non avrebbe potuto operare qualora, invece del conferimento, si fosse ricorso al trasferimento del ramo d’azienda. In questo quadro, l’assenza di valide ragioni economiche dell’operazione emerge, in base alla ricostruzione dell’ufficio, dal fatto che in un brevissimo torno di tempo:

– è stata costituita la s.p.a. Ferrania (il 16 aprile 1999);

– è stato aumentato il capitale sociale della Ferrania mediante il conferimento, tra l’altro, del ramo d’azienda del quale si discute (il 1 agosto 1999);

– a ridosso, il capitale sociale di Ferrania è stato interamente trasferito a Ferrania Lux s. a r.l., con sede in (OMISSIS) (il 2 agosto 1999).

Sequenza che, secondo l’Agenzia, evidenzia che la costituzione di s.p.a. Ferrania e, in particolare, il successivo conferimento del ramo d’azienda sono stati volti esclusivamente a fruire del regime previsto dal D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 4 per l’impiego del badwill, al fine di ottenere il vantaggioso effetto fiscale dinanzi indicato.

E l’Agenzia rimarca che quest’effetto è ottenibile, in base alla norma suindicata, soltanto mediante il conferimento, il quale, a propria volta, è espressamente considerato (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, comma 3, lett. b), nel testo applicabile all’epoca dei fatti) operazione riconducibile al novero degli strumenti tipici di realizzazione della manovra elusiva.

Della stretta sequenza dei tempi con particolare riferimento all’ultimo passaggio, ossia al trasferimento del capitale sociale da s.p.a. Ferrania a Ferrania Lux non v’è cenno alcuno in sentenza, che si limita a rimarcare la legittimità del conferimento neutrale.

Nessuna rilevanza può poi dispiegare il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 176, comma 3, sul quale la società punta anche in memoria e che è inapplicabile alla fattispecie, la quale concerne l’anno d’imposta 1999, là dove la norma, nel testo invocato dalla contribuente, è stata introdotta soltanto col D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, con effetti a partire dal 1 gennaio 2004 (irrilevante essendo, contrariamente a quanto sostenuto la società, la data dell’avviso dell’accertamento, che si riferisce ad una situazione di fatto già cristallizzata, da valutare in base alle regole vigenti quando si è realizzata).

4.3.-La sentenza, dunque, si presenta gravemente carente nella valutazione di elementi di fatto decisivi, dati dal passaggio alla Ferrania Lux, dai tempi in cui è avvenuto e dai vantaggi fiscali scaturenti dall’impiego del badwill.

Gli elementi pretermessi, idonei ad orientare una diversa decisione, potendo evidenziare come elemento predominante ed assorbente quello di eludere il puntuale assolvimento degli obblighi fiscali, comportano l’accoglimento della censura.

5.- Sono altresì fondati il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale, che concernono sotto diversi profili la medesima doglianza e con i quali l’Agenzia, rispettivamente ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, lamenta l’inesistenza o, in subordine, l’omissione della motivazione in ordine alle ulteriori riprese contenute nell’avviso di accertamento.

L’Agenzia, a fronte della mancanza di qualsivoglia cenno a tali questioni nella sentenza impugnata, nella quale si legge soltanto che l’ufficio si è riportato “…a quanto dedotto in primo grado in ordine alla legittimità dell’avviso di accertamento”, richiama il contenuto dell’avviso di accertamento, evidenziando l’esistenza di ulteriori riprese, consistenti nel recupero di costi ad utilizzazione pluriennali, nella contestazione d’indebita detrazione di spese di rappresentanza e nella deduzione della violazione del D.P.R. n. 332 del 1998, art. 8 in ragione della presentazione di dichiarazione annuale infedele.

6.- Infondato è poi il primo motivo del ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, col quale la società lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1 e art. 60 degli art. 101 e 145 c.p.c.e art. 156 c.p.c., comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 38 là dove il giudice d’appello ha escluso l’esistenza della notificazione dell’avviso di accertamento avvenuto nei confronti del commissario giudiziale anzichè del collegio dei commissari straordinari, benchè la società fosse già soggetta alla procedura di amministrazione straordinaria.

E’ pacifico in atti, e del resto la società espressamente lo riconosce, che la società abbia ritualmente e tempestivamente impugnato l’avviso. A tanto la stessa controricorrente aggiunge che il commissario giudiziale cui è stato notificato l’avviso ha poi assunto la funzione di commissario straordinario.

L’ipotesi di inesistenza giuridica della notificazione ricorre quando essa sia stata eseguita in modo assolutamente non previsto dalla normativa e sia pertanto inidonea a realizzare lo schema tipico dell’istituto, come accade quando la consegna dell’atto avvenga a persona ed in luogo non riferibili al destinatario e non vi sia stata una qualsiasi consegna dell’atto da notificare. Si configura invece la nullità della notificazione quando, nonostante l’inosservanza di formalità e di disposizioni di legge in tema o di individuazione delle persone legittimate a ricevere la consegna dell’atto notificato o del luogo in cui detta consegna deve essere eseguita, una notificazione sia, comunque, materialmente avvenuta mediante rilascio di copia dell’atto a persona e luogo avente un qualche riferimento con il destinatario della notificazione (Cass. 18 luglio 2008, n. 19985; Cass. 12 maggio 2011, n. 10464).

La notificazione, inoltre, non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa d’efficacia, sicchè la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio (così, tra le più recenti, Cass. 24 aprile 2015, n. 8374; 15 gennaio 2014, n. 654).

Nel caso in esame, la consegna dell’atto al soggetto che, pur avendolo ricevuto nella qualità di commissario giudiziale, era già divenuto commissario straordinario, evidenzia il riferimento col destinatario, là dove la rituale e tempestiva impugnazione ha determinato la sanatoria di ogni vizio.

7.- Infondato è anche il secondo motivo del ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, col quale la società lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., là dove la Commissione tributaria regionale ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione preliminare concernente l’illegittimità dell’avviso per difetto di motivazione.

La censura, alla quale si attaglia il n. 4 e non già il n. 3 dell’art. 360 c.p.c., comma 1 concernendo, nella prospettazione della società, un error in procedendo, è infondata, in quanto la decisione di accoglimento della domanda della parte implica la statuizione di rigetto della questione in oggetto anche in assenza di specifiche argomentazioni, in quanto l’eccezione non espressamente esaminata è incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (in termini, tra varie, Cass. 11 settembre 2015, n. 17956).

8.-Infondato è, infine, il terzo motivo del ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, col quale la società ripropone la medesima censura, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, art. 37-bis, comma 5, L. n. 212 del 2000, art. 7 e art. 24 Cost..

Con la formulazione del motivo, difatti, la contribuente postula, in fatto, che non siano stati allegati i processi verbali di constatazione cui l’avviso fa riferimento.

Questo accertamento di fatto manca in sentenza, la quale, di contro, sia pure in narrativa, dà conto del fatto che la Commissione tributaria provinciale di Savona “quanto alla motivazione per relationem sul contenuto dei PP VV CC rilevava che gli stessi erano già in possesso della società contribuente (come provato dall’Ufficio)”.

Il motivo, allora, tenuto conto di come è formulato, si presenta privo di congruenza col contenuto della decisione, per il profilo che ne costituisce oggetto.

Il ricorso incidentale va quindi integralmente respinto.

9.-Ne deriva, in accoglimento del secondo, del terzo e del quarto motivo del ricorso principale, la cassazione della sentenza impugnata per i profili corrispondenti, con rinvio, anche per la regolazione delle spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Liguria.

PQM

la Corte:

rigetta il primo motivo del ricorso principale ed accoglie i restanti; cassa per i profili corrispondenti la sentenza impugnata e rinvia, anche per la complessiva regolazione delle spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Liguria. Rigetta il ricorso incidentale.

Così deciso in Roma, il 21 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2016

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