Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16951 del 04/08/2011

Cassazione civile sez. VI, 04/08/2011, (ud. 27/05/2011, dep. 04/08/2011), n.16951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – rel. Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

ORT ITALIA SPA (OMISSIS), in persona del Presidente del Consiglio

di Amministrazione e legale rappresentante, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DEL BABUINO 48, presso lo studio dell’avvocato PAOLO

FRANCESCO MARCELLO, rappresentata e difesa dall’avvocato MANERA

MARCO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO BARATTIERI MECCANICA SRL (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DI VAL GARDENA 3, presso lo studio

dell’avvocato DE ANGELIS LUCIO, che la rappresenta e difende, giusta

procura speciale per atto Notaio Alessandro Serioli di Breno (BS) del

30/12/2010, rep. n. 28252 allega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 378/2010 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA del

17/03/2010, depositata il 27/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/05/2011 dal Presidente Relatore Dott. GIOVANNI SETTIMJ;

udito l’avvocato Attilio Terzino, (delega avvocato Lucio De Angelis),

difensore della controricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI che

conferma la relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con relazione ex art. 380 bis c.p.c. il Presidente relatore, disattendendo l’istanza d’anticipazione dell’udienza avanzata dalla ricorrente per difetto sia del periculum in mora sia del fumus boni iuris del ricorso, ha disposto la trattazione camerale sulla base delle seguenti considerazioni:

“Rilevato che, con i primi due motivi di ricorso, l’istante denunzia la nullità riflessa dell’impugnata sentenza per nullità della notificazione dell’atto d’appello in quanto effettuata ai propri procuratori nella cancelleria del Tribunale di Brescia sezione distaccata di Breno, giudice a quo, laddove, a suo avviso, detti procuratori avendo esercitato il ministero al di fuori della circoscrizione d’appartenenza, in quanto iscritti all’albo di Crema, e non avendo eletto domicilio nel luogo ove aveva sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio era in corso, la notificazione avrebbe dovuto, per contro, aver luogo, alternativamente, o ad essa parte personalmente ex art. 137 c.p.c., ovvero ai propri procuratori presso la cancelleria del luogo ove si sarebbe svolto il giudizio d’appello;

Rilevato che, a supporto dell’esposta tesi, l’istante invoca i precedenti di questa Corte 18.2.08 n. 3970 e 23.12.99 n. 14476, dei quali riporta testualmente le massime;

Rilevato che la massimazione della sentenza 23.12.99 n. 14476 del seguente testuale tenore: In tema di notificazione dell’atto di appello, qualora la parte abbia eletto domicilio presso il proprio procuratore, e questi, svolgendosi il giudizio di gravame fuori della propria circoscrizione di assegnazione, non abbia a sua volta eletto domicilio presso un collega iscritto nel luogo ove ha sede l’autorità procedente (con conseguente fissazione di domicilio “ex lege” presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria procedente:

R.D. n. 37 del 1934, art. 82), la notifica stessa può, alternativamente, venir compiuta alla parte personalmente, ex art. 137 cod. proc. civ., ovvero al procuratore presso la cancelleria del luogo ove si svolge il giudizio d’appello, ma non anche alla parte presso detta cancelleria, dovendosi ritenere l’elezione di domicilio “ex lege” di cui al citato R.D. n. 37 del 1934, art. 82 limitata al solo procuratore costituito, e non anche estesa alla parte appellata è errata.

Rilevato che, infatti, il caso esaminato da questa Corte con la sentenza de qua, tra l’altro parzialmente diverso attenendo ad una notificazione eseguita alla parte personalmente, concerneva la notificazione dell’atto d’impugnazione non d’una sentenza di primo grado, bensì d’una sentenza di secondo grado, onde l’incipit della massima In tema di notificazione dell’atto d’appello non corrisponde alla questione trattata, che doveva essere indicata come In tema di notificazione del ricorso per cassazione, alla quale correttamente corrisponde il decisum quale desumibile dalla motivazione (punto 4) la notificazione, nel caso che ne occupa, poteva essere ritualmente effettuata al procuratore costituito presso la Cancelleria della Corte di appello; o alla parte personalmente a norma dell’art. 137 c.p.c., e segg.; o al procuratore costituito nel luogo della sua residenza effettiva; non invece alla parte personalmente presso la Cancelleria, in virtù della assenza di qualsivoglia collegamento tra la parte stessa e la Cancelleria, che emerge pacificamente dalla portata del combinato disposto degli attt. 82 e 330 citati.

Rilevato che la massima invocata dalla ricorrente meriti revisione critica anche per la sola considerazione dell’irragionevolezza ictu oculi d’una notificazione dell’atto d’impugnazione nella cancelleria del giudice ad quem, luogo che non ha alcun collegamento obiettivo e tanto meno legale con la parte destinataria od il suo difensore i quali, per tal motivo, non potrebbero mai averne conoscenza alcuna;

Rilevato che, per contro, in caso di domiciliazione ex lege del procuratore presso la cancelleria del giudice procedente, a norma del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82 la notificazione al medesimo procuratore dell’atto di appello contro la sentenza pronunciata nel giudizio in cui ha operato tale domiciliazione legale deve essere e- seguita presso la cancelleria del giudice di primo grado, come si evince dal tenore del citato art. 82 e dalla considerazione che la notificazione dell’atto d’impugnazione al procuratore della parte si basa su una prorogatio dei poteri rappresentativi relativi al grado di giudizio conclusosi, e quindi deve considerarsi giuridicamente inesistente la notificazione avvenuta presso la cancelleria del giudice d’appello (Cass. 4.12.01 n. 15306, 18.1.88 n. 347, cfr. anche Cass. 11.6.08 n. 15500);

Rilevato che l’opinione espressa da questa Corte con la sentenza 18.2.08 n. 3970 non è conferente, in quanto nella motivazione risulta solo pedissequamente trascritta la massima sopra esaminata, riprodotta poi anche nella relativa massima;

Rilevato che, in definitiva, i primi due motivi di ricorso appaiono infondati; e ciò anche a non considerare il singolare comportamento dell’istante, rilevante ai fini della buona fede processuale, che, vittoriosa nel giudizio di primo grado anche sulla propria riconvenzionale per Euro 10.845,59 oltre interessi e spese, non ha svolto attività alcuna per quattro anni sino all'”inaspettata” notificazione della sentenza in discussione in forma esecutiva e del pedissequo precetto;

Rilevato che, con il terzo motivo di ricorso, l’istante denunzia l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata circa la valutazione dell’attitudine probatoria delle prove testimoniali assunte nell’ambito del giudizio di primo grado;

Rilevato che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito d’individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge); onde il preteso vizio di motivazione sotto il profilo dell’omissione, dell’insufficienza o della contraddittorietà, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle partì o rilevabile d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione;

Rilevato, in relazione alla suddetta regola, la quale rende inammissibile in questa sede la rivisitazione del materiale istruttorio per farne discendere una valutazione difforme da quella, coerente e convincente, del giudice del merito, che le censure svolte dalla ricorrente non evidenziano vizi logici della motivazione fornita dal giudice del merito all’assunta decisione; motivazione che risulta razionale e sufficiente, basata com’è su considerazioni adeguate in ordine alla valenza oggettiva dei vari elementi di giudizio risultanti dagli atti e su corrette valutazioni di essi; un giudizio operato, pertanto, nell’ambito di quei poteri discrezionali dei quali si è in precedenza trattato esclusivi di esso giudice, a fronte del quale, in quanto obiettivamente immune dalle censure ipotizzabili in forza dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la diversa opinione soggettiva di parte ricorrente è inidonea a determinare le conseguenze previste dalla norma stessa;

Ritenuto, in definitiva, che le considerazioni di cui sopra, se non giustificano una sollecita fissazione in pubblica udienza dell’esaminato ricorso, ne consentono, non di meno, la trattazione camerale, valendo la presente quale relazione ex art. 380 bis c.p.c. e ricorrendo le condizioni di cui all’art. 375 c.p.c.”.

Al ricorso ha resistito con controricorso il Fallimento della Barattieri Meccanica S.r.l..

La relazione è stata comunicata alle parti ed al P.G..

Il Collegio condivide le ragioni e le conclusioni della relazione sul primo rilievo – tant’è che, ad oggi, l’Ufficio del Massimario, avvertito, ha deleto le due massime cui si è fatto riferimento – nonchè sul secondo, che hanno trovato concorde il P.G. ed ai quali non sono state mosse critiche ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il ricorso va, pertanto, respinto e le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese in favore del controricorrente liquidandole in complessivi Euro 2.700,00, dei quali Euro 2.500,00 per onorari oltre accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2011

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