Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1695 del 24/01/2018


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Cassazione civile, sez. trib., 24/01/2018, (ud. 03/10/2017, dep.24/01/2018),  n. 1695

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. C.M.L. impugnava gli avvisi di accertamento emessi dal Comune di Roma in materia di Ici per gli anni dal 2000 al 2003 sostenendo che, in relazione agli immobili di sua proprietà siti in (OMISSIS), spettava la riduzione dell’Ici come previsto dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, trattandosi di beni di interesse storico ed artistico. La commissione tributaria provinciale di Roma accoglieva il ricorso ritenendo che dalla comunicazione del ministero per i beni culturali risultava riconosciuto in modo indiretto il carattere storico ed artistico degli immobili, per cui la detrazione doveva essere riconosciuta in conseguenza della minore utilità economica degli immobili stessi investiti da un complesso di vincoli e limiti che dovevano essere rispettati. Proponeva appello al Comune di Roma e la commissione tributaria regionale del Lazio lo accoglieva osservando che gli immobili di cui si tratta erano sottoposti a vincolo indiretto a norma della L. n. 1089 del 1939, art. 21, mentre l’agevolazione Ici prevista dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, concerneva i soli immobili di interesse storico ed artistico di cui al combinato disposto degli artt. 1 e 3 della legge stessa, classificati come beni d’interesse culturale diretto. Ed erano irrilevanti le note della sovrintendenza per i beni ambientali e architettonici di Roma datate 2 febbraio 1992 e 25 giugno 2002 – con cui l’amministrazione dava atto dell’operatività del vincolo di cui al D.M. 27 luglio 1950, e della conseguenze soggezione dell’immobile alle disposizioni della L. n. 1089 del 1939, sulla tutela delle cose di interesse artistico e storico – poichè le espressioni usate in tali note erano o palesemente generiche, laddove facevano riferimento a tutte le disposizioni contenute nella legge1089/1939, o fuorvianti perchè i beni oggetto di vincolo indiretto potevano avere una loro intrinseca valenza storico artistica senza che ciò rilevasse nella valutazione dell’amministrazione ai fini della apposizione di un vincolo diretto. Neppure poteva ritenersi sussistente il vincolo pertinenziale degli immobili con la prospiciente (OMISSIS) non solo perchè difettavano i presupposti soggettivi, mancando la destinazione effettuata dal proprietario dei beni, ma anche in considerazione del fatto che i due beni, principale ed accessorio, potevano formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a tre motivi illustrati con memoria. Si è costituita in giudizio con controricorso Roma Capitale.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce insufficiente motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che la CTR non ha sufficientemente motivato laddove, con riguardo alle indicazioni contenute negli atti della sovrintendenza per i beni ambientali ed architettonici del 2 febbraio 1992 – ove era stato affermato che il sub numero (OMISSIS) della particella (OMISSIS) era stato dichiarato di importante interesse artistico storico ai sensi della L. n. 1089 del 1939, -, e del 26 giugno 2002 ove era stato dichiarato che l’immobile era soggetto a tutte le disposizioni contenute nella L. n. 1089 del 1939 – la CTR ha ritenuto palesemente generiche o fuorvianti le affermazioni contenute in tali atti.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione agli artt. 817 e 818 c.c., e L. n. 1089 del 1939, art. 21. Sostiene che la CTR ha violato gli artt. 817 e 818 c.c., e L. n. 1089 del 1939, art. 21, laddove ha escluso la spettanza dell’agevolazione Ici ritenendo che non sussistesse il rapporto pertinenziale tra l’immobile e la (OMISSIS) per difetto dei presupposti soggettivo e oggettivo, dovendosi considerare che il nesso pertinenziale era sorto per effetto della L. n. 1089 del 1939, art. 21, e non esisteva alcuna disposizione che escludesse l’agevolazione Ici di cui al D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, per gli immobili soggetti a vincolo indiretto.

5. Con il terzo motivo deduce l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, per violazione degli artt. 3 e 9 Cost., e art. 53 Cost., comma 1. Sostiene che la norma si pone in contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità laddove esclude la spettanza dell’agevolazione per gli immobili soggetti a vincolo storico indiretto.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza del ricorso è infondata poichè l’esposizione dei fatti di causa e delle ragioni a sostegno dei motivo proposti, con indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, appaiono sufficienti per la comprensione del thema decidendum. Parimenti inammissibile è l’eccezione con cui si sostiene l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360 bis, nn. 1 e 2, posto che la ricorrente sostiene non già che l’agevolazione spetta nel caso di vincolo indiretto – salva l’eccezione di incostituzionalità della norma di cui al D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, ma che i beni di sua proprietà sono soggetti a vincolo diretto. Dunque il ricorso non involge questioni di diritto già decise in modo conforme dalla Corte di legittimità.

2. Quanto alla sussistenza di un giudicato esterno che la ricorrente, con la memoria depositata, riconnette alla sentenza n. 270/60/13 pronunciata dalla commissione tributaria provinciale di Roma, si osserva che trattasi di decisione con la quale è stato dichiarato estinto il giudizio per cessata materia del contendere per aver l’ente disposto l’annullamento dell’atto impositivo afferente l’anno 2004. Ora, la Corte di legittimità ha già affermato il principio secondo cui la sentenza che dichiara cessata la materia del contendere è di carattere meramente processuale ed è inidonea a costituire giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere nel relativo giudizio (Cass. n. 10960 del 06/05/2010). Quanto ai documenti prodotti con la memoria diversi dalla sentenza menzionata, trattasi di produzione inammissibile nel giudizio di cassazione perchè non attengono alla pronuncia della sentenza che costituisce giudicato.

3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile. Ciò in quanto la CTR ha rilevato che il decreto ministeriale di apposizione del vincolo (emesso dal ministro della pubblica istruzione in data 27 luglio 1950) prevedeva che, ai sensi della L. n. 1089 del 1939, art. 21, l’immobile non poteva essere alterato o modificato nel suo attuale volume, nel colore, nelle sue caratteristiche architettoniche e decorative e nelle sue condizioni di decoro senza la preventiva autorizzazione dell’amministrazione delle antichità e belle arti. Va tenuto conto del fatto che la Corte di legittimità ha più volte affermato il principio secondo cui, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’agevolazione prevista dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, comma 5, convertito in L. 24 marzo 1993, n. 75, per gli immobili qualificati d’interesse storico-artistico, trova la sua ratio nella necessità di contemperare l’entità del tributo con le ingenti spese che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili stessi; essa, pertanto, è applicabile esclusivamente agli immobili sottoposti al vincolo diretto di cui alla L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 3, richiamato dall’art. 2, comma 5, cit., e, trattandosi di norma di stretta interpretazione, non può essere estesa a quelli sottoposti al vincolo indiretto di cui alli art. 21 della medesima legge, genericamente apposto a salvaguardia di altri beni, con la conseguenza che incombe al contribuente l’onere di provare la natura diretta o indiretta del vincolo apposto, al fine di dimostrare la ricorrenza dei presupposti della fattispecie agevolativa (Cass. n. 10760 del 03/05/2017, Rv. 643967 – 01Cass. n. 19226 del 07/11/2012; Cass. n. 25703 del 24/10/2008). La CTR, dunque, con valutazione in fatto, ha accertato la sussistenza del vincolo indiretto previsto dalla L. n. 1089 del 1939, art. 21, ed ha ritenuto che la contribuente, sulla quale incombeva l’onere della prova, non avesse dimostrato che i beni di sua proprietà erano stati sottoposti al vincolo di cui all’art. 3, della legge stessa a mezzo della notifica dell’apposito provvedimento. La ricorrente, dunque, propone una diversa lettura degli atti di causa laddove non sussiste il dedotto vizio motivazionale, avendo la CTR considerato che l’apposizione del vincolo non poteva derivare dagli atti della sovrintendenza per i beni ambientali ed architettonici del 2 febbraio 1992 – ove era stato affermato che il sub numero (OMISSIS) della particella (OMISSIS) era stato dichiarato di importante interesse artistico storico ai sensi della L. n. 1089 del 1939 – e del 26 giugno 2002 – ove era stato dichiarato che l’immobile era soggetto a tutte le disposizioni contenute nella L. n. 1089 del 1939, posto che trattavasi di provvedimenti il cui contenuto era generico in quanto non prevedevano espressamente la sottoposizione al vincolo previsto dalla L. n. 1089 del 1939, art. 3, per il quale era necessario apposito atto notificato al proprietario del bene.

4. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso. Invero la ricorrente vorrebbe far derivare dalla sola imposizione del vincolo indiretto di cui alla L. n. 1089 del 1939, art. 21, genericamente apposto a salvaguardia di altri beni, il vincolo di pertinenzialità con i beni stessi. Sennonchè il fabbricato della ricorrente, pacificamente adibito ad abitazione, non può ritenersi destinato in modo durevole al servizio o all’ornamento della (OMISSIS), essendo esso un bene dotato di autonoma destinazione cui è stato solamente imposto il vincolo del mantenimento delle caratteristiche architettoniche esterne.

5. In ordine al terzo motivo, si osserva che la questione di legittimità costituzionale prospettata risulta manifestamente infondata in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore selezionare le fattispecie meritevoli di un trattamento fiscale differenziato e non è dato ravvisare nella vicenda la violazione di principi costituzionali rilevanti e di pari grado (conforme Cass. n. 10760 del 03/05/2017).

6. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a Roma Capitale le spese processuali che liquida in Euro 5.500,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2018

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