Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16947 del 10/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 10/08/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 10/08/2016), n.16947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12365-2014 proposto da:

IDEASUONI S.R.L., già DITTA IDEASUONI di D.B.F., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CADLOLO 20, presso l’avvocato LEOPOLDO

LOMBARDI, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

O.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAVOUR 228/B,

presso l’avvocato PAOLO ADENZATO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ENZO MORELLI, giusta procura a margine del

controricorso;

A.M. EDITORE S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

NOMENTANA 299, presso l’avvocato POLVANI GIOVANNI, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1257/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2016 dal Consigliere Dott. DI MARZIO MAURO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato L. LOMBARDI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente M., l’Avvocato G. POLVANI che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito, per il controricorrente O., l’Avvocato P. ADENZATO che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p. 1. – Ideasuoni Edizioni Musicali di D.B.F. (oggi Ideasuoni S.r.l.) ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano O.F. e A.M. Editore S.p.A. e, dopo aver riferito di aver stipulato in data 20 febbraio 2001 un

contratto di edizione con cui l’ O. aveva ceduto ad essa Ideasuioni i diritti (Ndr: testo originale non comprensibile), riunite in un album musicale intitolato “(OMISSIS)”, ed aver aggiunto che l’ O. aveva successivamente stipulato con A.M. Editore S.p.A., in data 6 agosto 2001, un contratto di edizione avente ad oggetto un libro contenente, tra l’altro, i testi di 9 delle 11 canzoni menzionate, ha lamentato l’inadempimento posto in essere dallo stesso O. e la violazione, da parte di A.M. Editore S.p.A. del diritto di sfruttamento economico dell’opera, chiedendo condanna dei convenuti al risarcimento dei danni e/o alla restituzione di tutti i proventi.

p. 2. – Nel contraddittorio dei convenuti, che hanno resistito alla domanda, il Tribunale, con sentenza del 7 luglio 2010, l’ha rigettata e condannato l’attore alle spese.

p. 3 – Ideasuoni Edizioni Musicali di D.B.F. ha dunque proposto appello al quale O.F. e A.M. Editore S.p.A. hanno resistito e che la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 21 marzo 2013, ha respinto, condannando l’appellante alle spese.

La Corte d’appello, per quanto ancora rileva, ha attribuito rilievo decisivo ad una “liberatoria” sottoscritta dal D.B. e dall’ O. il 17 marzo 2003, ritenendo che essa avesse natura di transazione e che con la stessa il D.B. avesse inteso autorizzare l’uso dei testi dei brani musicali da parte dell’ O., ivi compresa la relativa cessione dei diritti di sfruttamento economico alla società editrice.

p. 4. – Per la cassazione della sentenza Ideasuoni S.r.l. ha proposto ricorso affidato a due motivi.

O.F. e A.M. Editore S.p.A. hanno resistito con distinti controricorsi.

Ideasuoni S.r.l. e A.M. Editore S.p.A. hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 5. – Il ricorso contiene due motivi.

p. 5.1. – Il primo motivo è svolto da pagina 10 a pagina 13 del ricorso sotto la rubrica: “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 1965 e seguenti c.c., libro quarto delle obbligazioni, capo 25, della transazione, in combinato disposto con gli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c.. Applicazione dell’art. 1418 c.c., in combinato disposto con l’art. 1325 c.c. e in’subordine dell’art. 1467 c.c.”.

Sostiene il ricorrente che la Corte d’appello sarebbe incorso in errore nell’interpretare la “liberatoria” del 17 marzo 2003 come transazione, dal momento che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, essa non arrecava alcun vantaggio ad Ideasuoni Edizioni Musicali, ma costituiva anzi per essa una rinuncia, tant’è che la stessa avrebbe visto annullati tutti i suoi diritti sull’opera in discorso in assenza di alcun corrispettivo.

p. 5.2. – Il secondo motivo è svolto da pagina 13 a pagina 16 del ricorso sotto la rubrica: “Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

Secondo Ideasuoni S.r.l. la motivazione della sentenza sarebbe totalmente insufficiente, giacchè il giudice di merito non avrebbe approfondito il fatto che la supposta transazione comportava la rinuncia, da parte di Ideasuoni Edizioni Musicali di D.B.F., ai legittimi diritti sul master dell’album intitolato: “(OMISSIS)”. La “liberatoria”, per conseguenza, non poteva essere qualificata come transazione ed era pertanto nulla per evidente mancanza della causa o, in subordine, risolubile per eccessiva onerosità.

p. 6. – Il ricorso è inammissibile.

p. 6.1. – E’ inammissibile il primo motivo.

La Corte territoriale ha ritenuto decisiva la sottoscrizione della “liberatoria”, qualificandola come transazione sull’assunto che le reciproche concessioni potessero individuarsi, per un verso nella rinuncia da parte di Ideasuoni Edizioni Musicali ai diritti ad essa derivanti dalla stipulazione del contratto di edizione stipulato con l’ O. il 20 febbraio 2001 e, per altro verso, dal venir meno dell’obbligo, sorto in dipendenza del medesimo contratto, di dar corso alla commercializzazione dell’album contenente i brani musicali cui si è fatto cenno in espositiva.

Nel pervenire a tale risultato interpretativo la Corte d’appello ha posto l’accento sulla formulazione letterale della “liberatoria”, la quale, nel menzionare sia il “contratto discografico relativo all’album “(OMISSIS)””, stabilendo in proposito che “l’artista stesso è libero da ogni vincolo contrattuale e di opzione e potrà pubblicare fin dalla data di oggi 17 marzo del 2003 i brani presenti nell’album sopraccitato”, sia la già intervenuta pubblicazione di due volumi (“Il momento è catartico” e “Bis. Nuovi momenti catartici”), prevedeva espressamente che: “A fronte di ciò la commercializzazione dell’album dei brani contenuti si intende sospesa”, con l’ulteriore aggiunta che: “A fronte della firma in calce D.B.F. e O.F. congiuntamente dichiarano di non avere più nulla a pretendere altro”.

In tal modo la Corte di merito ha ritenuto infondata la tesi difensiva dell’attore – appellante secondo cui le pubblicazioni effettuate da M. sarebbero state illegittime, dal momento che la “liberatoria” avrebbe riguardato soltanto la versione musicale delle canzoni (su supporto audio) e non anche quella scritta (su supporto cartaceo).

Orbene, a fronte di ciò il primo motivo non pone in discussione il significato attribuito dal giudice di merito alle norme dettate dal codice civile in materia di transazione, ma censura la valutazione compiuta da quel giudice, per aver reputato esistente l’invece inesistente requisito dell’aliquid datum, aliquid retentum.

Ed infatti, la violazione della legge, intesa in generale, si articola nei due momenti ai quali si riferisce l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ossia la violazione in senso proprio e la falsa applicazione: a) l’una concernente la ricerca e l’interpretazione della norma regolatrice del caso concreto; b) l’altra concernente l’applicazione della norma stessa al caso concreto, una volta correttamente individuata cd. interpretata. In relazione al primo momento, il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella erronea negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non ha riguardo alla fattispecie in essa delineata; con riferimento al secondo momento, il vizio di falsa applicazione di legge consiste, alternativamente: a) nel sussumere la fattispecie concreta entro una norma non pertinente, perchè, rettamente individuata ed interpretata, si riferisce ad altro; b) nel trarre dalla norma in relazione alla fattispecie concreta conseguenze giuridiche che contraddicano la sua pur corretta interpretazione (in questi termini Cass. 26 settembre 2005, n. 18782). Ricorre insomma la violazione ogni qualvolta vi è un vizio nella individuazione o nell’attribuzione di significato ad una disposizione normativa; ricorre invece la falsa applicazione qualora l’errore si sia annidato nella individuazione della esatta portata precettiva della norma, che il giudice di merito abbia applicato ad una fattispecie non corrispondente a quella descritta nella norma stessa.

Dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto va tenuta distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge. Il discrimino tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (da ult. tra le tante Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110).

Quanto, poi, alla violazione delle norme sull’interpretazione contrattuale, pure richiamate in rubrica, il motivo, in realtà, è rimasto totalmente inespresso, avuto riguardo al principio secondo cui la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica contrattuale richiede la specifica indicazione – in questo caso totalmente mancante – dei canoni in concreto inosservati e del modo attraverso cui si è realizzata detta violazione (Cass. 2 maggio 2006, n. 10131; Cass. 20 novembre 2009,n. 24539).

Sicchè anche sotto tale profilo il motivo è inammissibile.

p. 6.2. – E’ inammissibile anche il secondo motivo.

La sentenza impugnata è stata pubblicata il 21 marzo 2013.

L’art. 360 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, stabilisce che le sentenze pronunciate in grado d’appello possono essere impugnate con ricorso per cassazione, tra l’altro, ai sensi dell’art. 360, n. 5, comma 1, non più “per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, bensì “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

La modificazione del numero 5 dell’articolo 360 ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv., con modif., in L. 7 agosto 2012, n. 134, si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno (12 agosto 2012) successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

Ha in proposito stabilito questa Corte, a Sezioni Unite, che: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 Preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

Nel caso in esame, anche a voler tralasciare l’errore di impostazione commesso dalla società ricorrente (che ha richiamato la norma previgente) e a voler esaminare il ricorso come se fosse stato spiegato in base alla norma vigente e non a quella abrogata, sta di fatto che, tenuto conto della motivazione riassunta al paragrafo precedente, è da escludere non soltanto la mancanza assoluta di essa, ma anche di un’ipotesi di “motivazione apparente”, giacchè la Corte d’appello, lungi dal limitarsi a stabilire la regola del caso concreto fondandola sul mero rinvio a precedenti o a massime giurisprudenziali o ad atti o a risultanze istruttorie richiamate in modo generico ed acritico e non riconducibili in modo immediatamente comprensibile alla fattispecie controversa, così da impedire l’identificazione stessa della ratio decidendi, ha spiegato in modo chiaro e lineare che la “liberatoria” presentava caratteri della transazione dalla quale discendeva il diritto dell’ O. accedere alla società editrice i diritti di sfruttamento economico delle menzionate canzoni mediante pubblicazione in cartaceo. Ciò basta altresì ad escludere la ricorrenza di un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” nonchè quella della “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”.

p. 7. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese sostenute per questo grado del giudizio, liquidate, quanto ad ognuno di essi, in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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