Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16946 del 10/08/2016
Cassazione civile sez. I, 10/08/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 10/08/2016), n.16946
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15890-2014 proposto da:
GALA HOTELS S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
MICHELE PRATELLI, MASSIMO SORRENTINO, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI RIMINI;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di RIMINI, depositato il 09/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/06/2016 dal Consigliere Dott. TERRUSI FRANCESCO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato QUEIROLO STEFANO, con delega,
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per: rinvio in attesa della
decisione delle SS.UU. (Ord. 1472/16).
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Gala Hotels s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, in due motivi, contro il decreto del tribunale di Rimini, depositato il 9-4-2014 e comunicato in pari data, che ha dichiarato inammissibile una sua proposta di concordato preventivo perchè giudicata, da un lato, non fattibile nel riferimento alla liquidazione di un compendio immobiliare parzialmente altrui e, dall’altro, comunque non aderente allo schema legale, e non rispondente all’interesse dei creditori, considerato lo scopo manifestamente perseguito dalla proponente di evitare, mediante la procedura, l’esecuzione forzata individuale. Il p.m. intimato non ha svolto difese.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione dellA L. Fall., art. 162 e l’omesso esame di documenti decisivi, in quanto nella proposta di concordato, che aveva previsto la vendita uno actu dell’intero complesso immobiliare, era stato chiarito che la proprietaria dell’altra porzione – CCM s.r.l. aveva conferito un mandato irrevocabile a vendere il proprio immobile unitamente a quello di essa proponente. Col secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione dellA L. Fall., art. 162, in relazione al principio secondo cui non spettava al tribunale il giudizio sulla convenienza della proposta rispetto ad altre possibili soluzioni volte a superare la crisi.
2. – Va premesso che con ordinanza n. 3472-16 questa sezione ha rimesso alle sezioni unite la questione se, in base alla normativa conseguente al D.Lgs. n. 169 del 2007, il decreto di diniego di ammissione al concordato preventivo, senza contestuale o successiva dichiarazione di fallimento, sia o meno ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost..
Ciò nonostante reputa il collegio che non sia necessario attendere, nel caso di specie, la pronuncia delle sezioni unite, dovendosi ravvisare una ragion più liquida di inammissibilità dell’attuale ricorso nel difetto di specificità del primo motivo.
Il tribunale ha osservato che l’esecuzione del piano concordatario comportava non solo la cessione di beni altrui, ma anche la destinazione del ricavato alla soddisfazione prioritaria dei creditori della società proponente, “con evidente ingiustificato e illegittimo sacrificio di quelli dell’altro soggetto titolare di una parte del compendio alienato”.
E’ dunque implicito che, secondo il giudice a quo, esistevano in effetti altri creditori, a fronte di quelli genericamente indicati nella proposta, i quali altri creditori avrebbero dovuto essere soddisfatti col ricavato del compendio della seconda società.
3. Tale elemento della ratio decidendi non è censurato e, a fronte di esso, il ricorso, pur riportando il contenuto della proposta, non consente di decifrare se, al contrario di quanto dal tribunale ritenuto, fossero stati considerati anche i creditori della società conferente il mandato a vendere.
Consegue che il primo motivo si presenta aspecifico nel punto qualificante, posto che la censura, limitata all’osservazione che la società CCM aveva conferito un mandato a vendere, non è coerente con l’ulteriore ragione di inammissibilità sollevata dal tribunale relativamente al giudizio di non fattibilità del piano.
4. – L’inammissibilità del primo motivo si riflette sul secondo, che resta assorbito.
Poichè in applicazione del principio processuale della ragione più liquida – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., – deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale irrisolta, avendo quel principio la funzione di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare (art. 276 c.p.c.), in una prospettiva attenta alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, non resta alla corte che dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della prima sezione civile, il 14 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016