Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16946 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/07/2017, (ud. 28/09/2016, dep.07/07/2017),  n. 16946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20144/2013 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,

CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.G., L.P., LO.PI., quali eredi della

signora R.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

TOMMASO CAMPANELLA 3, presso lo studio dell’avvocato GABRIELLA

ABIUSO, che li rappresenta e difende giusta procura speciale in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1016/2012 della CORTE, D’APPELLO di MILANO del

7/06/2012, depositata il 05/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato Clementina Pulli difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Abiuro Gabriella difensore dei controricorrenti che

deposita procura speciale in sostituzione dell’avvocato Antonio

Organtini e si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 5 settembre 2012, decidendo sull’appello proposto dall’I.N.P.S. e in contraddittorio con gli eredi dell’assistita, per guanto in questa sede rileva confermava la decisione di primo grado che aveva accolto la domanda di R.A. diretta ad ottenere il ripristino della pensione di invalidità civile per i ciechi e dell’indennità speciale, dal 1.12.2004 fino al 1.3.2009 (data del decesso) che era stata sospesa per l’avvenuto riconoscimento dell’indennità di accompagnamento (ai sensi della L. n. 508 del 1998, art. 1) a decorrere dal 10.12.2004.

3. Riteneva la Corte territoriale cumulabili le predette prestazioni assistenziali e generica l’eccezione dell’INPS relativa alla mancanza del presupposto reddituale.

4. Per la cassazione di tale sentenza l’I.N.P.S. propone ricorso affidato a due motivi.

5. Resistono, con controricorso, gli eredi dell’assistita che hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso, tardivamente notificato ad alcuni dei coeredi.

6. L’eccezione svolta dagli intimati è priva di fondamento in applicazione del principio consolidato di questa Corte (v., ex multis, Cass. 18364/2013) secondo cui la notifica dell’impugnazione relativa a cause inscindibili – sia nell’ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale che processuale – eseguita nei confronti di uno solo dei litisconsorti nei termini di legge, introduce validamente il giudizio di gravame nei confronti di tutte le altre parti, ancorchè l’atto di impugnazione sia stato a queste tardivamente notificato.

7. In tal caso, infatti, l’atto tardivo riveste la funzione di notificazione per integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. e l’iniziativa della parte, sopravvenuta prima ancora dell’ordine del giudice, assolve alla medesima funzione (cfr. Cass. 12 giugno 2009 n. 13753; Cass. 19 ottobre 2010 n. 21431; Cass. 8 febbraio 2011 n. 3071).

8. Nello stesso ordine di idee, è stato altresì precisato che l’omessa notifica dell’impugnazione ad un litisconsorte necessario non si riflette sulla ammissibilità o sulla tempestività del gravame, che conserva, così, l’effetto di impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, ma determina solo l’esigenza della integrazione del contraddittorio jussu iudicis, ai sensi dell’art. 331 c.p.c. (Cass. n. 5559/94; Cass. 10311/06).

9. Tanto premesso, il primo mezzo d’impugnazione è manifestamente fondato alla stregua della decisione di questa Corte, n. 24192/2013 che, in consapevole dissenso con il precedente contrario costituito dalla sentenza n. 15646/2012 (che fa riferimento alla prestazione assistenziale di cui alla L. n. 66 del 1962, ma applica i principi relativi alla prestazione previdenziale di cui alla L. n. 153 del 1969 cd al D.L. n. 463 del 1993, art. 8, come si evince anche dal richiamo, contenuto nel principio di diritto, all'”assicurato” in luogo dell’ “assistito”), ha ritenuto che non sia possibile estendere analogicamente al trattamento assistenziale previsto dalla L. n. 66 del 1962 (e, dunque, tanto alla pensione per ciechi assoluti quanto a quella per ciechi parziali), il beneficio riconosciuto a favore di chi gode di trattamento previdenziale – si veda anche nel medesimo senso Cass. n. 8752/2014 e numerose altre successive tra cui le più recenti Cass. n. 7289 del 2015, Cass. nn. 8436, 8437, 8438 del 2015, Cass. n. 8133/2015, Cass. n. 8066/2015 -.

10. Deve, pertanto, ribadirsi, con Cass., sez. sesta-L, 8459/2016 (alla cui ampia motivazione si rinvia) il principio secondo cui la pensione non reversibile per i ciechi civili (assoluti o parziali) di cui alla L. 10 febbraio 1962, n. 66, artt. 7 e 8, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell’ambito di cui all’art. 38 Cost., comma 1, con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, di conversione del D.L. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia la L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68, dettato per la pensione di invalidità erogata dall’I.N.P.S., sia il D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 8, comma 1 bis, convertito con modificazioni in L. 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l’erogazione della pensione I.N.P.S. in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all’art. 38 Cost., comma 2, intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica; tale principio è da ritenersi, per i motivi sopra evidenziati, in linea (e non in contrasto) con quanto affermato da questa Corte nella decisione n. 3814/2005.

11. Deve anche richiamarsi la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 9228/2013), secondo cui la motivazione della Corte territoriale – fondata non sulla affermazione in positivo della sussistenza della prova, da parte del ricorrente, dei requisiti ulteriori a quello sanitario, ma sulla mera genericità delle eccezioni dell’INPS, così validando, comunque, la tempestiva proposizione di eccezioni sulla sussistenza di tali requisiti da parte dell’INPS – appare non idonea ad evidenziare l’iter logico giuridico seguito dalla Corte di merito e non conforme ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, secondo cui nei giudizi volti al riconoscimento di una prestazione assistenziale il requisito reddituale, al pari del requisito sanitario, costituisce elemento costitutivo del diritto, la cui sussistenza va verificata anche d’ufficio ed è preclusa solo dalla relativa non contestazione, ove la situazione reddituale sia stata specificamente dedotta, nonchè dal giudicato, nel caso in cui non sia stato proposto sul punto specifico motivo di appello.

12. In conclusione, all’accoglimento del ricorso segue la cassazione dell’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’azionata domanda, essendo pacifica la circostanza dell’avvenuto superamento del requisito reddituale.

13. La controvertibilità delle questioni trattate e l’esistenza di precedenti difformi di questa stessa Corte di legittimità giustificano la compensazione, tra le parti, delle spese processuali dell’intero processo.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’azionata domanda; compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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