Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16943 del 12/08/2020

Cassazione civile sez. I, 12/08/2020, (ud. 22/06/2020, dep. 12/08/2020), n.16943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2106/2019 proposto da:

O.E., rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzina

Salvatore, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 29/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2020 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 8177/2018 depositato il 29-11-2018 e comunicato nella stessa data a mezzo pec il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso di O.E., cittadino della (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della relativa domanda da parte della Commissione territoriale di Caserta. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito per timore di essere ucciso dai familiari di un suo amico, morto mentre era suo ospite, in quanto credevano che lo avesse avvelenato. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale e politico-economica della (OMISSIS) e dell'(OMISSIS), descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a), art. 2, comma 1, lett. e) e art. 7, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. d) e art. 8 e conseguente violazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra, in relazione all’art. 360 c.c., n. 3”. Ad avviso del ricorrente il Tribunale ha errato nel valutare la posizione del richiedente, limitandosi a recepire il giudizio della Commissione Territoriale. Si duole del mancato esercizio da parte del Tribunale dei poteri istruttori ufficiosi ed allega che non sia stata valutata la situazione del suo Paese al momento dell’adozione della decisione come da rapporti delle associazioni internazionali prodotti in primo grado.

2. Con il secondo motivo lamenta “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 4 e 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”. Ad avviso del ricorrente ricorrono i presupposti affinchè allo stesso sia riconosciuta la protezione sussidiaria, in considerazione della situazione di squilibrio sociale e di gravi violazioni di diritti umani attualmente esistente in (OMISSIS), che non è un Paese sicuro. Deduce che il Tribunale ha citato fonti prive del requisito dell’attualità, perchè le date riportate dal Tribunale fanno riferimento alla pubblicazione degli articoli di stampa e non agli episodi che commentano, nonchè richiama pronunce di merito e quanto risulta dal sito della Farnesina, che raccomanda di limitare allo stretto necessario i viaggi in (OMISSIS) a causa degli attentati nel nord-est del Paese.

3. Con il terzo motivo lamenta “violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; omessa motivazione, nullità in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4 ed all’art. 360 c.p.c., n. 4”. Deduce che la decisione di rigetto della protezione umanitaria deve ritenersi immotivata, non avendo distinto il Tribunale i presupposti previsti per le diverse forme di protezione. Inoltre ribadisce le censure sul giudizio di inattendibilità della vicenda personale, da contestualizzare nella situazione generale di forte tensione politico-sociale del suo Paese, e rileva che deve essere valutato positivamente il percorso di inclusione sociale intrapreso.

4. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

4.1. Il ricorrente si duole del giudizio di non credibilità della vicenda personale dallo stesso narrata limitandosi ad affermare la necessità di contestualizzare la sua vicenda nella situazione generale di forte tensione sociale del Paese, senza specificamente confrontarsi con la motivazione del decreto impugnato. I Giudici di merito, infatti, hanno in dettaglio esaminato il racconto del richiedente ed hanno evidenziato inverosimiglianza e contraddizioni (pag. n. 5 del decreto impugnato), rimarcando che il ricorrente era stato pienamente scagionato a seguito delle analisi cliniche sulla salma dell’amico deceduto, sicchè non trovava giustificazione alcuna il dedotto intento vendicativo dei familiari di quest’ultimo.

Il ricorrente svolge generiche deduzioni, prive di specifica attinenza al decisum, e, apparentemente denunciando il vizio di violazione di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni disattese prospetta, invece, inammissibilmente una ricostruzione della fattispecie concreta difforme da quella accertata dal Tribunale (Cass. n. 3340/2019).

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) una volta accertata la non credibilità, non vi è ragione alcuna di attivare i poteri di istruzione officiosa, come in tutte le ipotesi in cui il rischio prospettato dall’istante, siccome riferito a fatti non credibili, difetterebbe comunque di concretezza e non potrebbe mai presentare il richiesto grado di personalizzazione (Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).

Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori delle ipotesi, neppure dedotte dal ricorrente, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064/2018 e Cass. n. 30105/2018). Nel caso di specie il Giudice territoriale, con motivazione adeguata ed indicando le fonti di conoscenza, ha analizzato la situazione sociopolitica del Paese ed ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del richiedente.

Nel ricorso non è indicato quali siano le fonti più aggiornate che diano conto di situazioni diverse, limitandosi il ricorrente a richiamare informazioni del sito della Farnesina, che tuttavia non sono riferibili specificamente all'(OMISSIS), ossia alla zona di origine del ricorrente.

5. Anche il terzo motivo è inammissibile.

5.1. Quanto alla protezione umanitaria, occorre precisare che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

5.2. Ciò posto, non è specificata in ricorso quale sia la condizione di vulnerabilità del ricorrente, che è stata esclusa con motivazione idonea dal Tribunale. Si è detto che i Giudici di merito hanno espresso un giudizio di non credibilità della vicenda personale narrata dal ricorrente, che quest’ultimo non censura specificamente, limitandosi ad affermare la necessità di contestualizzare la sua vicenda nella situazione generale di forte tensione sociale del Paese di origine. Il ricorrente non indica altri elementi individualizzanti di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019),Infine, la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria e il fattore di integrazione sociale e lavorativa in Italia, peraltro neppure ritenuto sufficientemente dimostrato dal Tribunale, diventa recessivo, in assenza di vulnerabilità, come nella specie (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata).

6. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendosi disporre in ordine alle spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2020

 

 

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