Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1694 del 23/01/2017
Cassazione civile, sez. lav., 23/01/2017, (ud. 26/10/2016, dep.23/01/2017), n. 1694
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VENUTI Pietro – Presidente –
Dott. MANNA Antonio – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 30692-2011 proposto da:
ISPA ISTITUTO STUDI PROBLEMI ARTIGIANATO C.F. (OMISSIS), in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI VALERI 1, presso lo studio dell’avvocato CARMINE
PELLEGRINO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
M.F.;
– intimata-
avverso la sentenza n. 10680/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 18/01/2011 R.G.N. 3977/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/10/2016 dal Consigliere Dott. DE MARINIS NICOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SANLORENZO RITA che ha concluso per inammissibilità del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 18 gennaio 2011, la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, accoglieva, limitatamente al periodo 2.5.1999/31.8.2003, la domanda proposta da M.F. nei confronti di ISPA -Istituto Studi Problemi Artigianato, avente ad oggetto il riconoscimento della sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro subordinato, in luogo di quello di collaborazione coordinata e continuativa formalmente instaurato, corrispondentemente limitando la condanna al pagamento delle differenze retributive spettanti con riferimento al terzo livello della classificazione del personale di cui al CCNL applicato, esclusa altresì la regolarizzazione contributiva.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, sulla base dell’accertamento istruttorio, correttamente condotto anche con riguardo alla prova richiesta in via gradata in caso di contestazione e stante l’irrilevanza del nomen iuris attribuito al rapporto dalle parti in sede negoziale, raggiunta la prova della subordinazione, anche a fronte di elementi di contraddizione presenti nella dichiarazione di uno dei testi ed altresì la prova dell’applicazione dell’invocato CCNL nonchè. stante l’inammissibilità della deduzione relativa alla pretesa ricorrenza di una interruzione del rapporto tardivamente formulata, della durata del rapporto medesimo, fatta eccezione per qual che riguarda la data di cessazione al (OMISSIS), rimasta sfornita di prova. Il ravvisato vizio di ultrapetizione era posto a fondamento della negata regolarizzazione contributiva.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’ISPA, affidando l’impugnazione ad un unico motivo. L’intimato non ha svolto alcuna attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 115, 116, 244 e 414 c.p.c., artt. 2697, 2702 e 2094 c.c., in una con il vizio di motivazione, deduce la non conformità a diritto e l’incongruità logica dell’iter valutativo seguito dalla Corte territoriale in sede di qualificazione del rapporto, censurandone sostanzialmente ogni passaggio argomentativo.
Il motivo è palesemente infondato limitandosi l’Istituto ricorrente a riproporre in questa sede le medesime censure già avanzate in sede di gravame senza che risultino confutati gli argomenti in base ai quali la Corte territoriale ha ritenuto di disattendere quelle censure: così, nel ribadire l’eccezione di inammissibilità della prova in quanto richiesta in via gradata solo in caso di contestazione, l’Istituto ricorrente non confuta l’ineccepibile rilievo della Corte territoriale per cui, non potendosi attribuire alcun significato al silenzio del convenuto contumace, la non contestazione da parte del convenuto non poteva che comportare o, come ritenuto dal primo giudice, l’ammissione della prova richiesta con il ricorso introduttivo o la raggiunta prova di quanto ivi dedotto, ma mai l’inammissibilità della prova richiesta, appunto perchè imprescindibile, come ritiene lo stesso Istituto ricorrente; parimenti, nel fondare la contestazione della conclusione cui perviene la Corte territoriale in ordine alla raggiunta prova della subordinazione ancora una volta sull’inattendibilità di una teste, l’Istituto ricorrente nulla osserva in ordine alla considerazione della stessa Corte circa l’irrilevanza delle contraddizioni in cui la teste predetta sarebbe caduta non presentando quelle contraddizioni elementi di contrarietà alla qualificazione del rapporto come subordinato; ed ancora, nel riproporre l’eccezione di inapplicabilità per il periodo antecedente all’avvenuta assunzione del CCNL, nulla oppone al corretto rilievo della Corte territoriale per cui, una volta accertata con riferimento al predetto periodo la natura subordinata del rapporto l’applicabilità del CCNL e dei relativi istituti è ampiamente comprovata dal riferimento ad esso per la disciplina del rapporto successivamente instaurato come rapporto subordinato; ed infine, nel riaffermare il valore confessorio della dichiarazione della lavoratrice circa l’interruzione del rapporto intervenuta nel 2001, l’Istituto ricorrente non si preoccupa di confutare l’argomento su cui la Corte territoriale fonda la pronunzia di inammissibilità dell’allegazione, data dall’essere stata questa formulata per la prima volta nelle note conclusive autorizzate in primo grado e dunque tardivamente ai sensi dell’art. 416 c.c..
Il ricorso va dunque rigettato, senza attribuzione di spese per non aver l’intimato svolto alcuna attività difensiva.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2017