Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16934 del 10/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 10/08/2016, (ud. 23/06/2016, dep. 10/08/2016), n.16934

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6114-2015 proposto da:

ELEMARTIRRENO SRL, in persona del suo Amministratore Unico pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 106,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FALVO D’URSO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 5472/9/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO del 5/6/2014, depositata il 10/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

La Elemartirreno srl propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 5472/09/2014, depositata in data 10/09/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di liquidazione di maggiori imposte di registro, ipotecarie e catastali, emesso in relazione ad un atto di compravendita del 17/01/2008, concernente l’acquisto del 50% della nuda proprietà di un appartamento – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame della contribuente, hanno sostenuto che, come già correttamente ritenuto dai giudici di primo grado, non sussisteva alcun vizio di motivazione dell’atto impositivo, in quanto lo stesso conteneva “i riferimenti normativi, la fonte da cui è stato tratto il sistema di calcolo, i parametri della stima ed il calcolo concreto”, cosicchè la parte contribuente era stata in grado di comprendere le ragioni della rettifica e di esercitare il proprio diritto di difesa, e legittimo appariva altresì il ricorso, da parte dell’Ufficio, “ai valori dell’Osservatorio del mercato immobiliare”, confutabili in ogni caso dal contribuente. Nella fattispecie, poi, il calcolo era stato effettuato tenendo conto del valore medio per metro quadro, dell’ubicazione dell’immobile in zona periferica, del fatto che si trattava di una non recente costruzione ed altresì che era stato acquistato il 50% della quota di nuda proprietà, sia di altri parametri relativi alla determinazione del valore della nuda proprietà, mentre la contribuente non era stato in grado di spiegare le ragioni dell’attribuzione di un valore al metro quadro del tutto inattendibile.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4″ D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2 bis reiterando la contestazione, mossa in appello, in ordine al difetto di motivazione dell’avviso di liquidazione, non risultando indicati dall’Ufficio i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della rettifica e denuncia che la C.T.R. non avrebbe preso in esame il motivo di appello e si sarebbe limitata ritenere congruo il riferimento ai valori ()MI, del tutto insufficienti da soli. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta poi la “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, non avendo la Commissione sufficientemente motivato sulle doglianze mosse dalla contribuente in appello.

2. La prima censura, implicante sia un vizio di violazione di norma di diritto sia un error in procedendo, è infondata. La giurisprudenza di legittimità si e attestata nell’affermare, anche con specifico riguardo all’imposta di registro, che “l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum”, ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere” (Cass. n. 25559 del 03/12/2014; Cass. n. 4289/15); il parametro di sufficienza e satisfattivita dell’obbligo di motivazione dell’atto deve essere vagliato nell’ottica del concreto esercizio del diritto di difesa del contribuente, atteso che “in materia tributaria, l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa, in modo da poter valutare sia l’opportunita di esperire l’impugnazione giudiziale sia, in caso positivo, di contestare e cacemente l’ “an” ed il “quantum debeatur”; sicchè tali elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato “non solo tempestivamente, tramite l’inserimento “ab origine” nel provvedimento, ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità idonei a consentire un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (Cass. n. 7056/14; così Cass. 16836/14; Cass. 8336/2016).

Il giudice di merito ha esaustivamente ritenuto, nella specie, soddisfatto l’obbligo motivazionale dell’atto di rettifica, definito sulla scorta dei suddetti orientamenti normativi e giurisprudenziali, e tale valutazione è in linea con i principi di diritto sopra richiamati. Non sussiste pertanto il vizio di violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2 bis.

Non ricorre, tantomeno, un vizio di motivazione apparente. La giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (v. Cass. n. 16736/2007). La C.T.R. ha dato specifica risposta al motivo di appello concernente la ritenuta insufficiente motivazione dell’atto impositivo, già vagliata dai giudici di primo grado. Si tratta di una motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita, in forma compiuta, le ragioni della decisione.

3. Il secondo motivo (riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5 e quindi da scrutinare in base al testo di tale disposizione risultante delle modifiche recate dal D.L. n. 83 del 2012, poichè la sentenza impugnata risulta depositata in data successiva all’11 settembre 2012) è inammissibile.

Nel mezzo di ricorso non si indicano fatti storici (della cui deduzione nel giudizio di merito venga dato conto nel rispetto del canone dell’autosufficienza del ricorso per cassazione) il cui esame, omesso nella sentenza gravata, avrebbe portato ad una diversa ricostruzione dei fatti di causa, ma ci si limita a criticare l’apprezzamento delle risultanze processuali operato dal giudice di merito, contrapponendo a tale apprezzamento quello ritenuto più corretto dalla parte e sviluppando argomenti di mero fatto che non possono essere scrutinati in sede di legittimità.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo gli intimate svolto attività difensiva. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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