Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16932 del 20/07/2010

ssazione civile sez. I, 20/07/2010, (ud. 26/11/2009, dep. 20/07/2010), n.16932

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – est. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.D., elettivamente domiciliata in Roma, viale

Pinturicchio 21, presso l’avv. Abbate Ferdinando Emilio, che la

rappresenta e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore;

– intimata –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, cron. n. 7028, del

19 settembre 2006, nel procedimento n. 54797/05;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26 novembre 2009 dal relatore, cons. Dr. Onofrio Fittipaldi;

udito, per la ricorrente, l’avv. Rossana Tebaidi, per delega;

udito il Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale, Dott. PIVETTI Marco, che ha concluso in conformità alla

relazione.

LA CORTE:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

CHE:

è stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata al difensore della ricorrente; D.D. ha proposto ricorso per Cassazione, sulla base di quattro motivi, avverso il decreto in data 19 settembre 2006, con il quale la Corte di appello di Roma ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in suo favore della somma di Euro 3.450,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla data del decreto, a titolo di equa riparazione del danno non patrimoniale patito in conseguenza del superamento del termine ragionevole di durata di un giudizio promosso davanti al TAR del Lazio nel maggio 1994 e concluso in primo grado con sentenza del 27 luglio 1998, proseguito in appello davanti al Consiglio di Stato nell’ottobre 1999 e concluso in data 15 giugno 2004;

la Presidenza del Consiglio dei Ministri intimata non ha svolto difese;

con il primo motivo la ricorrente censura la decisione impugnata, per avere la Corte di appello determinato la durata ragionevole del processo in tre anni per il primo grado e in due anni per l’appello, senza tener conto della natura della controversia, attinente a un rapporto di lavoro, che richiede una trattazione più sollecita e celere;

con il secondo motivo si contesta la liquidazione del danno non patrimoniale, in misura inferiore a quella dovuta anche in ragione della natura della controversia;

con il terzo motivo viene censurata la decisione, per avere la Corte di appello liquidato gli interessi legali con decorrenza dalla data del decreto anzichè da quella della domanda;

con il quarto motivo si contesta la liquidazione delle spese processuali, effettuata in violazione degli importi tariffari inderogabili; il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto la Corte di merito ha applicato nella specie i criteri cronologici indicati dalla Corte di Strasburgo (tre anni per il giudizio di primo grado e due anni per il giudizio di appello); di contro, la ricorrente ha prospettato un termine ragionevole di durata inferiore, trattandosi di controversia in materia di lavoro, ma ha addotto profili astratti sulla base di argomentazioni generiche;

inammissibile per carenza d’interesse all’impugnazione è la seconda censura, in quanto l’indennizzo è stato liquidato, in relazione al periodo di durata non ragionevole determinato in tre anni e dieci mesi, nella misura di Euro 900,00 mensili, per un importo complessivo di Euro 3.450,00 comunque superiore a quello di Euro 3.080,00, che sarebbe risultato dall’applicazione dei parametri indicati da questa Corte anche alla stregua alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo, ossia Euro 750,00 per ciascun anno di ritardo per i primi tre anni ed Euro 1.000,00 ad anno per gli anni successivi (Cass. 2009/16086; 2009/21840);

manifestamente fondato è il terzo motivo, con conseguente assorbimento del quarto; infatti, per costante giurisprudenza di questa Corte, (Cass. 2003/2382; 2004/1405), gli interessi sulla somma liquidata a titolo di equa riparazione per superamento del termine ragionevole di durata del processo ai sensi della L. n. 89 del 2001, vanno riconosciuti dal momento della domanda proposta davanti alla Corte di appello e non già a decorrere dalla data del decreto che abbia accolto la domanda;

in conseguenza dell’accoglimento del terzo motivo, il decreto impugnato deve essere annullato in ordine alla censura accolta e poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, statuendosi che gli interessi legali da applicare sull’indennizzo liquidato alla ricorrente devono essere conteggiati a decorrere dalla data della domanda e non da quella del decreto di condanna, come ritenuto dalla Corte di merito;

le spese del giudizio di merito e di quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), compensate per la metà quelle del giudizio di cassazione in considerazione dell’accoglimento solo parziale del ricorso, con distrazione delle spese di entrambi i giudizi in favore del difensore della ricorrente, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo e dichiara inammissibile il secondo.

Accoglie il terzo motivo, assorbito il quarto.

Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, dispone che gli interessi legali da conteggiarsi sull’indennizzo liquidato in favore della ricorrente decorrano dalla domanda.

Condanna inoltre la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 873,00, di cui Euro 378,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di Cassazione, compensate per la metà, che si liquidano per l’intero in Euro 665,00 di cui Euro 565,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore della ricorrente, avv. Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2010

 

 

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