Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16927 del 05/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16927 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 26662-2011 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO STUMPO, EMANUELE
DE ROSE, VINCENZO TRIOLO, giusta procura in calce al ricorso;

ricattcnte
contro
SPALLUTO GIORGIO,
SCALERA MARIA;
– intimati –

Data pubblicazione: 05/07/2013

avverso la sentenza n. 5359/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 25/10/2010, depositata il 15/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;
udito per il ricorrente l’Avvocato ANTONIETTA CORETTI che si

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
MARCELLO MATERA che si riporta alla relazione scritta.
1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente
contenuto:
“Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Bari, Maria Scalera
e Giorgio Spalluto, operai agricoli a tempo determinato, convenivano
in giudizio l’I.N.P.S., chiedendo la riliquidazione dell’indennità di
disoccupazione agricola per l’anno 2004. I ricorrenti, premesso che il
suddetto trattamento di disoccupazione era stato loro corrisposto
dall’Ente previdenziale sulla base del salario medio convenzionale
congelato all’anno 1995, sostenevano che lo stesso dovesse essere
invece calcolato, ai sensi dell’art. 4 del d. lgs. n. 146 del 1997, sui
minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale,
con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto
percepito. L’adito Tribunale accoglieva la domanda includendo nella
base di calcolo per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione
anche le somme corrisposte a titolo di quota di T.F.R.. A seguito
dell’appello proposto dall’I.N.P.S., la Corte di appello di Bari, con
sentenza n. 5359/2010, confermava la decisione di primo grado.
Per la cassazione della pronuncia della Corte territoriale ricorre
l’I.N.P.S., affidandosi a due motivi.
I lavoratori sono rimasti intimati.

Ric. 2011 n. 26662 sez. ML – ud. 23-05-2013
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riporta agli scritti.

Con il primo ed il secondo motivo di ricorso l’I.N.P.S. lamenta
violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 18, del D.L. n.
98/2011 convertito in legge n. 11/2011 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.)
nonché violazione degli artt. 46, 51 e 55 del C.C.N.L. per gli operai
agricoli e florovivaisti del 2002 in relazione all’art. 6 comma 4, lett. a)

2120 cod. civ. ed all’art. 4, commi 10 e 11, della legge 29 maggio 1982
n. 297 (in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) censurando la
sentenza per avere incluso, nella retribuzione da prendere a base per la
liquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola, anche la voce
denominata quota di T.F.R., voce che – contrariamente a quanto
affermato la Corte territoriale – ha natura di retribuzione differita.
E’ manifestamente fondato il secondo motivo (con assorbimento
del primo) alla stregua della recente giurisprudenza di questa S.C.
secondo cui, ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in
agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione
collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio
convenzionale d.lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non è
comprensiva del trattamento di fine rapporto. Ne consegue che la voce
denominata quota di T.F.R. dai contratti collettivi vigenti a partire da
quello del 27.11.1991, evidenziata nei prospetti paga ma non erogata se
non alla fine del rapporto di lavoro, va esclusa dal computo della
indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa
dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della
disposizione di cui al di. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3, convertito nella
legge 29 luglio 1996, n. 402, a norma della quale, agli effetti
previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non
può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli
accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa
Ric. 2011 n. 26662 sez. ML – ud. 23-05-2013
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del d.lgs. n. 314 del 1997, nonché in relazione agli artt. 1362 e segg.,

rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna
illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia
collettiva (cfr. Cass. n. 200 del 5 gennaio 2011, id n. 11152 del 20
maggio 2011, n. 17832 del 30 agosto 2011, n. 7118 del 10 maggio 2012
e numerose altre conformi). Recentemente, peraltro, il significato della

giurisprudenza sopra citata, è stato esplicitato anche dal legislatore, che
al d.l. n. 98 del 2011, art. 18, comma 18, conv. nella legge n. 111 dello
stesso anno, ha specificato che «il d.lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 4 e il
d.l. 10 gennaio 2006, n. 2, art. 1, comma 5 conv. con modificazioni
dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, si interpretano nel senso che la
retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore
degli operai agricoli a tempo determinato non è comprensiva della
voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla
contrattazione collettiva».
Per tutto quanto sopra considerato, si propone raccoglimento del
secondo motivo di ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod.
proc. civ., n. 5”.
2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore
siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata
giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza il
presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione
camerale del processo, soluzione non contrastata da parte ricorrente che non ha depositato memoria – e condivisa dal Procuratore generale,
che ha aderito alla relazione.
3 – Conseguentemente, il ricorso va accolto e la sentenza cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 384,
comma 2, cod. proc. civ., la causa può decidersi nel merito, rigettando

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norma di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 146 del 1997, individuato dalla

i

P-

la domanda di inclusione della quota di T.F.R. nella base di calcolo della
indennità di disoccupazione agricola.
4 – L’esito complessivo del giudizio e la relativa novità della tesi
propugnata dalla sentenza impugnata consigliano la compensazione
delle spese dell’intero processo.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, rigetta la domanda quanto alla inclusione della

quota di T.F.R. nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione
agricola. Compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 maggio 2013.

P.Q.M.

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