Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16926 del 03/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 03/08/2011, (ud. 28/06/2011, dep. 03/08/2011), n.16926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21906/2010 proposto da:

C.M.L., + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA EMILIA 81, presso lo studio dell’avvocato PARENTE GIOVANNI CARLO,

che li rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3189/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/09/2009 r.g.n. 4851/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l1Avvocato PARENTE CARLO GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Roma, confermando la sentenza di primo grado, respingeva le domande avanzate dai dipendenti indicati in epigrafe,inquadrati, ex CCNL comparto Ministeri e CCI 98/01 per il Ministero della Giustizia, nella posizione economica B2, proposte nei confronti di detto Ministero, aventi ad oggetto la declaratoria del loro diritto ad essere inquadrati, previa disapplicazione del richiamato CCI, nella posizione economica B3 del settore professionalità informatica, con condanna della controparte al risarcimento del danno conseguente alla lesione del loro diritto alla libera esplicazione della personalità del lavoratore nel luogo di lavoro.

La Corte del merito rilevato, preliminarmente, che non era stato specificato per ciascun ricorrente il profilo professionale ex D.P.R. n. 1219 del 1981, assumeva che in base alla declaratoria del citato contratto collettivo integrativo era corretto l’inquadramento dei ricorrenti nella posizione economica B2 essendo ivi prevista l’adibizione ad attività informatica. Nè mancava di sottolineare la Corte del merito che nella posizione economica B3 era previsto l’espletamento di mansioni qualitativamente ben superiori a quelle astrattamente descritte nel ex D.P.R. n. 1219 del 1981, artt. 281, 282 e 283, di cui ai profili professionali di provenienza dei ricorrenti.

Avverso questa sentenza i nominati dipendenti ricorrono in cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso il Ministero intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., del CCI 1998/2001 del Ministero della Giustizia (artt. 23 e 25) nonchè dell’art. 2103 c.c..

Al riguardo i ricorrenti, dopo aver sottolineato che la Corte di Appello omette di pronunciarsi sulla declaratoria d’illegittimità dell’accordo integrativo, sostengono la violazione del denunciato contratto collettivo integrativo rilevando che la predetta Corte erroneamente intendendo le mansioni ivi indicate, considera infondate le loro domande.

Il motivo non è accoglibile.

Infatti, quanto alla denunciata omessa pronuncia, è sufficiente osservare che la Corte del merito, ritenendo corretto ex CCI richiamato l’inquadramento dei ricorrenti nella posizione economica da loro rivestita, implicitamente respinge anche l’istanza di declaratoria d’illegittimità del menzionato CCI. Relativamente alla denunciata violazione delle norme del contratto collettivo integrativo va rilevato che la censura è infondata.

Invero il giudice di appello, confermando sul punto la decisione di primo grado ha dapprima evidenziato – come è stato in precedenza rimarcato – come nel ricorso introduttivo della lite non fossero state specificate quali erano esattamente i profili professionali dei ricorrenti ed ha, poi, proceduto alla stregua di un completo e corretto esame del combinato disposto del contratto di comparto e di quello integrativo, ed ha finito così per concludere che non sussistevano elementi per il riconoscimento del diritto dei lavoratori ad essere inquadrati nella posizione economica B3 con le conseguenti differenze retributive. Per concludere la sentenza impugnata, per essere supportata da un iter argomentativo congruo, privo di salti logici e per aver fatto corretta applicazione della normativa regolante la fattispecie in esame, si sottrae a tutte le censure che le sono state mosse.

Rimane, conseguentemente, assorbita la censura sotto il profilo della violazione dell’art. 2013 c.c., essendo la stessa prospettata in riferimento alla assunta erronea interpretazione del detto contratto collettivo integrativo.

Con il secondo motivo i ricorrenti,allegando vizio di motivazione, sostengono che la Corte del merito non ha attribuito alcuna rilevanza alla circostanza che essi sono stati immessi nel ruolo dei Coadiutori addetti ai centri Elettronici dell’Amministrazione esclusivamente “per le esigenze dei centri elettronici dell’Amministrazione della giustizia”. Del tutto trascurata, aggiungono i ricorrenti, è stata altresì la illegittimità del CCI nella parte in cui non ha contemplato una corrispondente posizione a favore dei suddetti coadiutori nel settore della professionalità informatica.

Attesa l’intangibilità della sentenza impugnata in punto d’interpretazione del citato contratto collettivo integrativo e, quindi, della correttezza dell’inquadramento dei ricorrenti nella posizione economica dagli stessi rivestita, risultano non decisive le circostanze che i ricorrenti assumono non valutate dalla Corte di Appello.

Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso, in conclusione, va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 10,00, per esborsi, oltre Euro 3500,00 (tremilacinquecento/00) per onorario ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2011

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