Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16924 del 20/07/2010

Cassazione civile sez. I, 20/07/2010, (ud. 23/11/2009, dep. 20/07/2010), n.16924

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – est. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.C.A., rappresentata e difesa dall’Avv. MARRA Alfonso

Luigi, come da procura a margine del ricorso, domiciliato per legge

presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, rappresentata e difesa, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della corte d’appello di Napoli n.

1749/06 VG depositato il 19 marzo 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 23 novembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Onofrio

Fittipaldi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.C.A. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della corte d’appello che, liquidando Euro 750,00 per ogni anno eccedente il termine di tre anni ritenuto ragionevole, e quindi Euro 4.375,00, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale e’ stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al t.a.r. Campania a far tempo dal 23.2.98 e non ancora definito alla data di presentazione della domanda (3.7.2006).

Resiste l’Amministrazione con controricorso.

La causa e’ stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Luigi Salvato con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Con provvedimento del Presidente in data 25 maggio 2010 e’ stato incaricato della redazione della presente ordinanza il Cons. Vittorio Zanichelli.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della L. n. 89 del 2001 e’ inammissibile per inidoneita’ del quesito. Posto invero che “il quesito di diritto costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata e quindi non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimita’; ne deriva che la parte deve evidenziare sia il nesso tra la fattispecie ed il principio di diritto che si chiede venga affermato, sia, per ciascun motivo di ricorso il principio, diverso da quello posto alla base del provvedimento impugnato, la cui auspicata applicazione potrebbe condurre ad una decisione di segno diverso” (Cassazione civile, sez. 3^, 9 maggio 2008, n. 11535) al richiamato canone non pare rispondere il quesito proposto che si limita ad enunciare un principio generale relativo ai rapporti tra normativa nazionale e Convenzione senza che risulti l’attinenza con la concreta fattispecie.

Il secondo, il terzo e il quarto motivo con i quali si censura l’impugnato decreto per avere liquidato il danno morale discostandosi dai parametri indicati dalla Corte europea sono manifestamente infondati.

Premesso che e’ stato affermato che “In tema di equa riparazione da irragionevole durata del processo ex L. n. 89 del 2001, il comportamento non collaborativo delle parti puo’ ben influire sulla determinazione discrezionale dell’indennizzo relativo al danno non patrimoniale, a prescindere dai riflessi che esso abbia avuto sui tempi di durata del processo, che invece, rilevano ai fini dell’accertamento della violazione di cui alla predetta L. n. 89 del 2001, art. 2″ (Cass. civ., Sez. 1^, Sentenza n. 2248 del 02/02/2007) non appare irragionevole lo scostamento operato da giudice del merito che ha liquidato in Euro 750,00 in ragione d’anno l’indennizzo in considerazione dello scarso interesse dimostrato dalla parte allo svolgimento del processo omettendo di presentare istanze sollecitatorie.

Con il quinto, il sesto e il settimo motivo, che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, si deduce violazione della Convenzione e della L. n. 89 del 2001 e difetto di motivazione, in relazione al mancato riconoscimento del bonus di Euro 2.000,00 per la particolare natura della controversia (lavoro e previdenza).

I motivi sono manifestamente infondati, essendosi gia’ affermato dalla Corte che in tema di equa riparazione per eccessiva durata del processo, le considerazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in merito alla centralita’ dell’occupazione e sulla relativa opportunita’ di riconoscere un bonus, svincolato da qualsiasi parametro e dovuto in considerazione dell’oggetto e della natura della controversia, non determinano alcun automatismo nell’indennizzo: tocca al giudice nazionale valutare caso per caso l’importanza della controversia senza alcun obbligo di motivazione laddove venga esclusa la liquidazione di una somma ulteriore rispetto agli standard fissati dalla Cedu e dalla L. n. 89 del 2001” (Cassazione civile, sez. 1^, 12 gennaio 2009, n. 402).

Manifestamente fondati sono invece gli ulteriori motivi con i quali ci si duole della compensazione delle spese motivata con la mancata contestazione da parte della Amministrazione che non avrebbe dato causa al giudizio, essendo gia’ stato affermato il diverso principio secondo cui “i giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole dei processo, proposti ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non si sottraggono all’applicazione delle regole poste, in tema di spese processuali, dall’art. 91 c.p.c. e segg., trattandosi di giudizi destinati a svolgersi dinanzi al giudice italiano, secondo le disposizioni processuali dettate dal codice di rito. Ne consegue che la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione convenuta, non implicando acquiescenza alla pretesa dell’attore, non e’ sufficiente di per se’ a giustificare la compensazione delle spese processuali, la quale postula che il giudice motivi adeguatamente la propria decisione in tal senso, dal momento che e’ pur sempre da una colpa organizzativa dell’Amministrazione della giustizia che dipende la necessita’ per il privato di ricorrere al giudice (Cass. civ., Sez. 1^, Sentenza n. 1101 del 22/01/2010).

Il ricorso deve dunque essere accolto nei limiti indicati. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito e pertanto condannata la Presidenza del Consiglio dei Ministri alla rifusione delle spese del giudizio di merito liquidate come in dispositivo.

L’accoglimento solo parziale dei ricorso e unicamente in punto spese induce a compensare nella misura dei due terzi quelle di questa fase, ponendo il residuo a carico dell’Amministrazione soccombente.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa in parte qua il decreto impugnato e condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 873,00, di cui Euro 445,00 per onorari e Euro 378,00 per diritti, oltre spese generali e accessori di legge;

compensa nella misura dei due terzi le spese del giudizio di legittimita’, che per l’intero liquida in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, e condanna l’Amministrazione alla rifusione del residuo; spese distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2010

 

 

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