Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16923 del 20/07/2010

Cassazione civile sez. I, 20/07/2010, (ud. 23/11/2009, dep. 20/07/2010), n.16923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – est. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.M., N.A., Nu.Al., quali eredi di

N.S.G., rappresentati e difesi dall’Avv. MARRA

Alfonso Luigi, come da procura a margine del ricorso, domiciliato per

legge presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, rappresentata e difesa, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e sul ricorso n. 8841/08 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, come sopra domiciliata e

difesa;

– ricorrente incidentale –

contro

S.M., N.A., NU.Al., quali eredi di

N.S.G., come sopra domiciliati e difesi;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

per la cassazione del decreto della corte d’appello di Napoli n.

cron. 2021/07;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 23 novembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Fittipaldi

Onofrio.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.M., N.A., NU.Al., quali eredi di N.S.G., ricorrono per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della corte d’appello che, liquidando complessivamente Euro 6.250,00 per anni tre e mesi tre di ritardo, ha accolto parzialmente il loro ricorso con il quale e’ stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al t.a.r. Campania a far tempo dal 15.7.1997 e non ancora definito alla data di presentazione della domanda (ottobre 2006).

Resiste l’Amministrazione con controricorso e propone ricorso incidentale.

La causa e’ stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Luigi Salvato con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Con provvedimento del Presidente in data 25 maggio 2010 e’, stato incaricato della redazione della presente ordinanza il Cons. Vittorio Zanichelli.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale debbono essere riuniti in quanto proposti nei confronti dello stesso decreto.

Il primo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della L. n. 89 del 2001 e’ inammissibile per inidoneita’ del quesito. Posto invero che “il quesito di diritto costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata e quindi non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimita’: ne deriva che la parte deve evidenziare sia il nesso tra la fattispecie ed il principio di diritto che si chiede venga affermato, sia, per ciascun motivo di ricorso il principio, diverso da quello posto alla base del provvedimento impugnato, la cui auspicata applicazione potrebbe condurre ad una decisione di segno diverso” (Cassazione civile, sez. 3^, 9 maggio 2008, n. 11535) al richiamato canone non pare rispondere il quesito proposto che si limita ad enunciare un principio generale relativo ai rapporti tra normativa nazionale e Convenzione senza che risulti l’attinenza con la concreta fattispecie.

Il secondo e il terzo motivo con i quali si denuncia l’insufficiente quantificazione dell’equo indennizzo sono manifestamente infondati.

Premesso che la Corte ha enunciato il principio secondo cui “Secondo i parametri indicati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ai quali il giudice nazionale e’ tenuto a conformarsi nell’applicazione della l. n. 89 del 2001, art. 2, la durata ragionevole del processo (nella specie: dinanzi alla Corte dei conti in materia di pensione) e’ di tre anni in primo grado e di due anni in secondo grado; e l’equa riparazione deve essere liquidata in una somma variabile tra i mille/00 ed i millecinquecento/00 Euro per ciascun anno eccedente il termine ragionevole (Cassazione civile, sez. 1^, 3 gennaio 2008, n. 14), nessuna censura puo’ essere mossa all’impugnata decisione che, liquidando in Euro 1.000,00 in ragione d’anno il danno morale conseguente all’irragionevole durata del processo eccedente i tre anni, si e’ attenuta ai richiamati parametri, non essendo stati evidenziati convincenti elementi che avrebbero dovuto comportare una maggiore liquidazione.

Con il quarto, il quinto e il sesto motivo, che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, si deduce violazione della Convenzione e della L. n. 89 del 2001 e difetto di motivazione, in relazione al mancato riconoscimento del bonus di Euro 2.000,00 per la particolare natura della controversia (lavoro e previdenza).

I motivi sono manifestamente infondati, essendosi gia’ affermato dalla Corte che “In tema di equa riparazione per eccessiva durata dei processo, le considerazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in merito alla centralita’ dell’occupazione e sulla relativa opportunita’ di riconoscere un bonus, svincolato da qualsiasi parametro e dovuto in considerazione dell’oggetto e della natura della controversia, non determinano alcun automatismo nell’indennizzo: tocca al giudice nazionale valutare caso per caso l’importanza della controversia senza alcun obbligo di motivazione laddove venga esclusa la liquidazione di una somma ulteriore rispetto agli standard fissati dalla Cedu e dalla L. n. 89 del 2001” (Cassazione civile, sez. 1^, 12 gennaio 2009, n. 402).

Gli ulteriori motivi con i quali ci si duole sotto diversi profili della parziale compensazione delle spese sono manifestamente infondati in quanto il giudice ha dato rilievo non incongruamente alla incertezza della giurisprudenza in materia quale giusto motivo ed e’ principio affermato quello secondo cui “Nei giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89 trova applicazione la disciplina della responsabilita’ delle parti per le spese processuali e della condanna alle spese. Tale principio non e’ in contrasto con l’ari. 34 della convenzione europea per i diritti dell’uomo, come modificata dal protocollo n. 11, atteso che l’impegno a non ostacolare l’effettivo esercizio del diritto non postula che la parte, la cui pretesa si sia rivelata priva di fondamento, debba essere sottratta alla statuizione sulle spese giudiziali; pertanto, anche nel caso di accoglimento parziale della domanda o quando sussistano giusti motivi, l’autonomia della normativa nazionale comporta l’applicabilita’ della regola dettata dell’art. 92 c.p.c.” (Cassazione civile, sez. 1^, 15 luglio 2009, n. 16542).

Manifestamente infondato e’ anche il ricorso incidentale con il quale ci si duole della parziale condanna alle spese sostenendosi che l’Amministrazione non ha dato causa al giudizio, dovendosi applicare, anche in caso di costituzione dell’Amministrazione senza esplicita acquiescenza alla pretesa, il principio secondo cui “i giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, proposti ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non si sottraggono all’applicazione delle regole poste, in tema di spese processuali, dall’art. 91 c.p.c. e segg., trattandosi di giudizi destinati a svolgersi dinanzi al giudice italiano, secondo le disposizioni processuali dettate dal codice di rito. Ne consegue che la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione convenuta, non implicando acquiescenza alla pretesa dell’attore, non e’ sufficiente di per se’ a giustificare la compensazione delle spese processuali, la quale postula che il giudice motivi adeguatamente la propria decisione in tal senso, dal momento che e’ pur sempre da una colpa organizzativa dell’Amministrazione della giustizia che dipende la necessita’ per il privato di ricorrere al giudice” (Cass. civ., Sez. 1^, Sentenza n. 1101 del 22/01/2010).

Il rigetto di entrambi i ricorsi e giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi e li rigetta, compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2010

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