Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1692 del 25/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 25/01/2011, (ud. 09/12/2010, dep. 25/01/2011), n.1692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 21,

presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6377/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/01/2006 R.G.N. 10529/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/12/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7-11-2001 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda proposta da B.M. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, accertata la nullita’ del termine apposto al primo contratto concluso tra le parti per “esigenze eccezionali” ex art. 8 ccnl 1994 e acc. az. 25-9-97, per il periodo 17-2-1998/30-4-1998 (prorogato al 30-5-1998), dichiarava che tra le parti stesse si era instaurato un rapporto a tempo indeterminato dal 17-2-1998 e condannava la societa’ a riammettere in servizio la B. e a corrisponderle le retribuzioni maturate dal 10-8-2000, oltre accessori di legge.

La societa’ proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma, con il rigetto della domanda di controparte.

La B. si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 10-1-2006, rigettava l’appello e compensava le spese.

Per la cassazione di tale sentenza la societa’ ha proposto ricorso con un unico motivo.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente, denunciando violazione della L. n. 230 del 1962, della L. n. 56 del 1987, art. 23 dell’art. 1362 c.c. e segg. in sostanza lamenta che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che la societa’, avrebbe dovuto provare “la necessaria correlazione” tra le “esigenze eccezionali” richiamate e “quelle specifiche dell’assunzione di un determinato lavoratore proprio in quel luogo, in quel tempo, in quel settore per lo svolgimento di specifiche mansioni”, cosi’ dimostrando che “la complessa ed estesa ristrutturazione e riorganizzazione aziendale avesse reso necessario il ricorso a quella specifica assunzione a termine”.

Al riguardo, in sintesi, la ricorrente deduce che, stante la delega in bianco conferita dall’art. 23 citato alla contrattazione collettiva, l’accertamento doveva essere condotto “unicamente nell’ambito della previsione collettiva”.

Il motivo e’ fondato.

Come questa Corte ha costantemente affermato con specifico riferimento alle assunzioni a termine di dipendenti postali previste dall’accordo integrativo 25-9-1997, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 (v.

fra le altre Cass. 26-7-2004 n. 14011, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 8-7-2009 n. 15981), l’attribuzione alla contrattazione collettiva del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine, rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare Tesarne congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per il loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali e di provare la sussistenza del nesso causale fra le mansioni in concreto affidate e le esigenze aziendali poste a fondamento dell’assunzione a termine).

La Corte di merito, quindi, in violazione di tale principio, erroneamente ha ritenuto la nullita’ del termine apposto al primo contratto, sulla base della considerazione che la societa’ non aveva offerto alcuna dimostrazione che la complessa ed estesa ristrutturazione e riorganizzazione aziendale avesse reso necessario il ricorso alla specifica assunzione della B..

Alla base della motivazione della decisione e’ l’assunto secondo cui non sarebbe consentito autorizzare un datore di lavoro ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra contratti ed esigenze aziendali cui sono strumentali; la sentenza, quindi, si muove pur sempre nella prospettiva che il legislatore non abbia conferito una delega in bianco ai soggetti collettivi, imponendo al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema di cui alla L. n. 230 del 1962, art. 1 (in contrasto, quindi, con quanto ripetutamente affermato da questa Corte e ribadito dalle Sezioni Unite con la sentenza 2-3-2006 n. 4588).

Il ricorso va pertanto accolto e la impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, la quale, statuendo anche sulle spese di legittimita’, provvedera’ attenendosi ai principi di cui sopra ed esaminera’ altresi’ le questioni ulteriori riguardanti la legittimita’ o meno dei contratti successivi (22-6-1998/30-9-1998 “per necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie” e 27-10-1998/30-1-1999 per “esigenze eccezionali” ex art. 8 ccnl 1994 e acc. az. 25-9-1997) con le relative conseguenze.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2011

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