Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16917 del 02/08/2011

Cassazione civile sez. II, 02/08/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 02/08/2011), n.16917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13278-2006 proposto da:

RECI DI DI PIETRO FABRIZIO & C SNC IN LIQ IN PERSONA DEL

LIQUIDATORE

NONCHE’ LRPT SIG. DI P.F. P.I. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SANNIO 61, presso lo studio

dell’avvocato LA CORTE VINCENZO A, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.A.V. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEL MASCHERINO 72, presso lo studio

dell’avvocato SEVERA ENNIO, che lo rappresenta e difende;

A.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FLAMINIA 380, presso lo studio dell’avvocato SINDONA CIRO,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1000/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato La Corte Vincenzo difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito qli Avv.ti Severa Ennio e Sindona Ciro per i resistenti che

hanno chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 18.12.93 la società Reci di Di Pietro Fabrizio e C. s.n.c. citò al giudizio del Tribunale di Roma l’arch.

D.A.V. e la sig.ra A.S., esponendo che il primo le aveva affidato in subappalto l’esecuzione dei lavori di realizzazione di un parcheggio interrato in Roma, su area di proprietà e con l’assenso della seconda, committente delle opere, per l’esecuzione delle quali l’istante avrebbe dovuto percepire la somma di L. 21.000.000, pari alla metà del corrispettivo dovuto all’appaltatore; soggiungeva che, dopo l’inizio delle operazioni, a causa di rilevanti modifiche in ampliamento richieste dalla committente, si erano rese necessarie opere aggiuntive, per le quali era stato pattuito l’ulteriore corrispettivo di L. 12.000.000, oltre al rimborso di spese per L. 3.500.000, ma che l’ A., dopo avere, con lettera del 16.9.93, comunicato la necessità di sospendere i lavori, a causa di infiltrazioni provenienti da un vicino fabbricato, le aveva impedito di accedere al cantiere. Su tali premesse l’attrice chiese la condanna dei convenuti al pagamento in solido della somma di L. 18.000.000, con interessi e rivalutazione, a titolo di corrispettivo per le opere eseguite, oltre all’indennizzo di cui all’art. 1671 c.c. ed al risarcimento dei danni per inadempimento.

Costituitosi il D.A., dedusse: che la sospensione, pur essendo stata formalizzata con riferimento alle sopra menzionate infiltrazioni, durava già da tempo, in quanto la A. addebitava difformità rispetto all’originario contratto, pur avendo ella stessa ordinato varianti; che egli era ancora creditore di L. 28.550.000 verso la committente, mentre nulla più doveva alla subappaltatrice, tenuto conto dell’ammontare delle opere non realizzate. Il convenuto propose, pertanto, nei confronti della A. domanda, salvo accettazione del relativo contraddittorio, di condanna al pagamento del saldo dovutogli, da ridursi a L. 16.000.000 per l’ipotesi in cui fosse risultato che per le opere aggiuntive, ammontanti a L. 12.000.000, l’attrice avesse instaurato un rapporto diretto con la suddetta committente.

Costituitasi la A., dedusse: di avere pagato in anticipo al D.A. la somma di L. 42.000.000 pattuita per la costruzione del garage;di aver poi concordato con il suddetto ulteriori opere in ampliamento, per l’importo di L. 12.000.000; che a causa di infiltrazioni dovute alla natura argillosa del terreno i lavori erano stati sospesi ed il contratto bonariamente risolto l’8.10.93, con l’intesa di calcolare la consistenza del lavoro fino a quel momento eseguito;che aveva versato al D.A. ulteriori acconti per L. 25.000.000;di non aver assentito al subappalto e di non aver avuto alcun rapporto con la società attrice;che l’ammontare dei lavori effettivamente eseguiti era di L. 27.000.000, ma che gli stessi presentavano gravi difetti, che avevano impedito l’utilizzazione del garage e reso necessarie opere urgenti di sistemazione, per evitare azioni dal parte del condominio. Su tali premesse la convenuta chiese il rigetto della domanda ed, in via subordinata e riconvenzionale, la condanna dell’attrice al risarcimento dei danni per i vizi dell’opera, nonchè, nei confronti del D.A., la manleva per quanto fosse stata eventualmente tenuta a corrispondere alla suddetta, oltre al risarcimento dei danni per la mancata utilizzazione del garage e 1′ eliminazione dei relativi vizi.

Sulla scorta dell’espletata consulenza tecnica di ufficio, con sentenza n. 6526/02 l’adito tribunale, ritenute verificata un’ipotesi di impossibilità di esecuzione dell’opera ai sensi dell’art. 1672 c.c. e pertanto esclusi inadempimenti delle parti, tenuto conto del valore delle opere eseguite e delle relative imperfezioni, condannava la A. al pagamento a saldo in favore della società Reci della somma di L. 20.000.000, comprensiva di rivalutazione, e riconosceva al D.A. un credito residuo verso la committente di L. 9.700.000, comprensivo di rivalutazione, compensando le spese del giudizio.

Appellata la sentenza dalla A., con resistenza sia del D. A., sia della Reci e proposizione da parte di quest’ultima di appello incidentale sulle spese, con sentenza 10.11.04-3.3.03 la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento per quanto di ragione dell’appello principale, rigettava la domanda della società Reci contro la A., nonchè la riconvenzionale di quest’ultima contro la società, rigettava, inoltre, la domanda proposta dal D. A. contro l’appellante e lo condannava al pagamento in favore della medesima della somma di Euro 1160,31 oltre interessì, condannava infine la società anzidetta ed il D.A. al rimborso delle spese dei due gradi in favore della A..

Tali, in sintesi e per quanto ancora rileva, le ragioni della suddetta decisione:

a) in accoglimento della eccezione “in senso lato”, come tale ammissibile anche se “nuova” .. proposta dalla A., doveva ritenersi la società Reci non “legittimata alla causa”, non essendo stato dimostrato alcun rapporto contrattuale tra la stessa e la suddetta committente, al riguardo non assumendo alcuna rilevanza la circostanza che qust’ultima avesse sorvegliato personalmente l’esecuzione delle opere e, di fatto, autorizzato spese “eseguite in subappalto dalla società”, poichè anche in tale ipotesi obbligato verso la stessa sarebbe rimasto il solo appaltatore D.A., come confermato anche dalle circostanze che la lettera di sospensione dei lavori fu diretta solo a quest’ultimo ed al direttore dei lavori, così come alla sola A. fu richiesto, dalla società, il saldo del corrispettivo calcolato su tutte le spese;

b) le suesposte considerazioni comportavano, specularmente, il rigetto della riconvenzionale A.-Reci, con assorbimento del motivo di appello principale attinente alla decadenza ex art. 1667 c.c., comma 2;

c) dalle risultanze della consulenza tecnica di ufficio, non poste in discussione dalla sentenza appellatale in secondo grado, era stato accertato un valore complessivo delle opere, progettuali ed aggiuntive, di L. 33.261.310, che detratti i costi, di L. 10.508.000, per quelle di ripristino sopportati dalla committente, si riduceva a L. 22.753.310, somma inferiore a quella di L. 25.000.000 che il D. A. aveva ammesso di aver ricevuto in acconto, sicchè quest’ultimo risultava debitore della differenza di L. 2.246.690, pari ad Euro 1160,31 oltre agli interessi.

Avverso la suddetta sentenza la società Reci di Pietro Fabrizio e C. s.n.c., in liquidazione, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati con successiva memoria. Ha resistito la A. con controricorso, mentre il D.A. si è costituito con un controricorso, nel quale, dichiarando la propria “sostanziale adesione al ricorso della ditta RE.CI.”, articola ed espone un motivo di censura, concludendo per la cassazione della sentenza di secondo grado e “la conferma integrale di quella di prime cure”, salvo che sul regolamento delle spese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente ex art. 335 c.p.c. disposta la riunione tra il ricorso principale e quello incidentale, che pur senza essere espressamente qualificato tale, risulta in concreto proposto con le sopra riportate richieste, adesive alle posizioni della ricorrente principale, formulate dal controricorrente D.A..

Va poi disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso principale, proposta dalla controricorrente A., per ritenuta tardività ex art. 325 c.p.c., considerato che la, pur documentata, notificazione in data 21.4.05 della sentenza d’appello alla società ricorrente, in quanto eseguita (a fini esecutivi, unitamente al precetto) presso la sede della stessa e non anche presso lo studio del difensore, domicilio eletto nel giudizio di secondo grado, non era idonea, ai sensi dell’ari. 285 in rei. all’art. 170 c.p.c., a far decorrere il termine breve per l’impugnazione (v., tra le tante, Cass. nn. 10026/10, 1770/03, 1069/00).

Conseguentemente il ricorsola cui notificazione è stata attivata il 14.4.06, risulta tempestivamente proposto ex art. 327 c.p.c. considerato che a tale data non era ancora scaduto il termine di un anno, aumentato di gg. 46 per l’interposto periodo feriale decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza, eseguita il 3.3.05.

Con il primo motivo del ricorso principale viene dedotta “violazione e/o erronea applicazione e/o interpretazione degli artt. 103 e 112 c.p.c.”, censurandosi il rigetto della “eccezione della Reci circa la inammissibilità del motivo secondo il quale, ad avviso della A., detta società non è legittimata alla causa”, al riguardo ribadendosi la “novità” di cui sarebbe “permeata la domanda svolta sul punto dalla medesima A., “che non potrebbe essere considerata alla stregua di eccezione in senso lato atteso che la delibazione su tale eccezione comporterebbe …. l’accertamento della presunta carenza di legittimazione attiva in capo alla Reci”. Si soggiunge che, peraltro, la A. avrebbe espressamente, nel corso del giudizio di primo grado, “manifestato l’intento di accettare il contraddittorio”, segnatamente non disconoscendo che la Reci avesse eseguito le opere in questione, circostanza che, se per un verso non escludeva la precipua responsabilità del sub- committente D.A., dall’altro avrebbe comportato la concorrente responsabilità della “stazione appaltante (e cioè la A.) in relazione all’obbligazione indennitaria proposta dalla Reci in ragione dell’opus eseguito”.

Il motivo è privo di fondamento.

Precisato che la questione non atteneva alla legittimazione, bensì alla titolarità del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, deve rilevarsi che il rilievo del relativo difetto, in quanto attinente alla mancanza di una condizione dell’azione proposta, ben avrebbe potuto avvenire (non diversamente da quella della legittimazione) di ufficio;tanto, anche a prescindere dalla ulteriore considerazione che, nell’ambito di una controversia instaurata nel 1993 (e pertanto soggetta, ratione temporis, all’art. 345 c.p.c. nel testo previgente alla modifica apportata dalla L. n. 353 del 1990, ex art. 52 applicabile a partire dal 30.4.95), anche le eventuali eccezioni in “senso tecnico” avrebbero potuto essere sollevate per la prima volta in grado di appello. Quanto all’assunta accettazione del contraddittorio, è agevole osservare come la stessa non avrebbe potuto desumersi dalla mancata contestazione della circostanza che i lavori fossero stati eseguiti, in tutto o in parte, dalla sub- appaltatrice, in virtù di un rapporto intercorso esclusivamente tra quest’ultima e l’appaltatore, cui la committente era rimasta estranea, senza assunzione di alcuna responsabilità al riguardo, neppure di tipo indennitario ex artt. 1671 o 1672 c.c. applicandosi tali disposizioni prevedenti comunque obbligazioni derivanti da contratto, esclusivamente all’interno del rapporto di appalto, tra le partì dello stesso e non anche tra committente e subappaltatore, non legati da alcun diretto vincolo negoziale. Con il secondo motivo si deduce violazione e/o erronea interpretazione degli artt. 1656 e 1671 c.c. e art. 1667 c.c., comma 2.

Si lamenta, anzitutto, che la corte territoriale, discostandosi dalla decisione del primo giudice che aveva riconosciuto la concorrente responsabilità indennitaria, “ampiamente comprovata”, ex art. 1671 c.c. di entrambi i convenuti, sarebbe pervenuta alla esclusione di quella della A. sulla base di “erronea valutazione delle risultanze probatorie ricavabili dalla consulenza tecnica …almeno per quanto riguarda il credito della Reci”, incorrendo “nell’errore di omessa pronuncia sulle statuizioni invocate…”. Non sarebbe stato tenuto conto, in particolare, del consenso espresso all’affidamento delle opere in subappalto, che ben avrebbe potuto intervenire ex post in via di ratifica, come nella specie sarebbe avvenuto – e risultato provato – con assidua presenza e costante vigilanza durante l’esecuzione delle opere nelle varie fasi, circostanza apoditticamente svalutata dalla corte di merito, che non ne avrebbe colto gli estremi dei facia concludentia concretanti “consenso e/o autorizzazione all’esecuzione delle opere di che trattasi ad opera della ditta Reci”.

Le censure vanno disattese, ribadendosi che la consapevolezza o anche il consenso, sia antecedente, sia successivo, espresso dal committente al l’esecuzione, in tutto o in parte, delle opere in subappalto, valgono soltanto a rendere legittimo ex art. 1656 c.c. il ricorso dell’appaltatore a tale modalità di esecuzione della propria prestazione, e non anche ad instaurare alcun diretto rapporto tra committente e subappalatore. In difetto di diversi accordi eventualmente intercosi direttamente tra tali soggetti, il subappaltatore risponde della relativa esecuzione nei confronti del solo appaltatore e, correlativamente, solo verso quest’ultimo, e non anche del committente, può rivolgersi ai fini dell’adempimento delle obbligazioni, segnatamente di quelle di pagamento derivanti dal subcontratto in questione.

A tale principio non si sottrae l’esperimento dell’azione di cui all’art. 1671 c.c., rivestendo anche quest’ultima natura contrattuale, come si desume dall’inequivoco riferimento della disposizione alle parti del negozio, indicate nel “committente” e “nell’appaltatore” ferma restante la possibilità, all’interno del rapporto di subappalto, del subappaltatore di far valere, ricorrendone le condizioni, i relativi diritti nei confronti dell’appaltatore subcommittente. Le suesposte considerazioni esimono dal prendere in considerazione i successivi profili di censura, relativi all’assunta decadenza della A. dalla garanzia ex art. 1667 c.c. per i vizi delle opere, la cui denuncia sarebbe stata tardiva, nonchè alla valutazione delle opere eseguite dalla società Reci, questioni che una volta esclusa la sussistenza di un diretto rapporto tra dette parti, restano superate, come correttamente ha ritenuto la corte di merito dichiarandole assorbite.

Del pari assorbito resta il terzo motivo, con il quale si impugna il regolamento delle spese, quale conseguenza dell’assunta erroneità della decisione impugnata. 11 ricorso principale va, conclusivamente, respinto.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale viene dedottaci sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 “erronea motivazione circa un punto decisivo della controversia relativamente alla negazione del rapporto diretto intervenuto tra la A. e la ditta RE.C.l. dopo il ritiro della ditta appaltatrice D.A.V. anche a seguito della richiesta di sospensione dei lavori dei cui alla missiva della signora A. del 16.9.1993”.

Si lamenta che la corte territoriale avrebbe “ritenuto erronea la interpretazione…assolutamente condivisibile, del Tribunale ..” che aveva “ritenuto cessato il rapporto contrattuale di appalto a suo tempo intervenuto tra la sig.ra A. e l’arch. D.A. e il conseguente incarico assunto al 100% dalla ditta RE.CI.”, basandosi “esclusivamente sui contratti scritti”, senza tener conto che “l’arch. D.A. non frequentava più il cantiere da tempo nè era a conoscenza dei rapporti intervenuti tra l’ex subappaltatrice e la signora A.”, con le conseguenti, ingiuste, affermazione della responsabilità del suddetto per vizi e difetti delle opere, negazione del corrispettivo dovutogli per quelle eseguite prima della sospensione ed “incredibile condanna” al rimborso di Euro 1.160, 31 in favore della committente.

Il mezzo d’impugnazione va respinto, risolvendosi in una serie di pure e generiche doglianze in fatto, non evidenzianti, nel loro mero richiamo alla decisione di primo grado, alcuna effettiva carenza o vizio logico della decisione impugnata, che non viene fatto oggetto di specifiche censure nelle sue essenziali e corrette argomentazioni, secondo cui la presenza assidua della committente sul cantiere, quand’anche fosse risultato l’assenso della medesima a talune spese eseguite dalla subappaltatrice, non avrebbe potuto di per sè sola costituire elemento sufficiente ad instaurare un diretto rapporto con quest’ultima, rimasta obbligata soltanto nei confronti del D. A., come costui lo era rimasto nei confronti della predetta, così come poi confermato anche dalla significativa circostanza che l’ordine di sospensione dei lavori, di cui alla lettera in data 16.9.93, fosse indirizzato soltanto al suddetto e, per conoscenza, al direttore dei lavori, e, sull’altro versante, dalla richiesta inviata l’8.10.93 del legale del D.A. alla A., di saldo del corrispettivo di tutte le opere eseguite.

Respinta anche la suddetta impugnazione, la condanna al rimborso delle spese in favore della resistente A. va posta solidalmente a carico della società ricorrente principale e del ricorrente incidentale D.A..

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsali rigetta entrambi e condanna la ricorrente principale Società Reci di Di Pietro Fabrizio e C. s.n.c., in liquidazione, ed il ricorrente incidentale D.A. V. al rimborso, in solido, delle spese del presente giudizio in favore della resistente A.S., liquidandole in complessivi Euro 2.200 di cui 200 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2011

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