Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16916 del 20/07/2010

Cassazione civile sez. III, 20/07/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 20/07/2010), n.16916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13310/2006 proposto da:

PUNTOCASA IMMOBILIARE DI FIORUCCI MARCO (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA R. GRAZIOLI LANTE 16, presso lo studio

dell’avvocato BONAIUTI Domenico, che la rappresenta e difende giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.G. (OMISSIS), S.W.

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 49/2005 del TRIBUNALE DI PERUGIA SEDE

DISTACCATA di CITTA’ DI CASTELLO, emessa il 11/5/2005, depositata il

11/05/2005, R.G.N. 9229/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/06/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato DOMENICO BONAIUTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Puntocasa Immobiliare convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Città di Castello S.W., al fine di sentirla condannare al pagamento della provvigione dovuta per l’attività di mediazione svolta in relazione alla conclusione della compravendita di un immobile di cui la S. era comproprietaria con la sorella.

La pretesa attrice venne ritenuta fondata dal Giudice di Pace, ma il Tribunale di Perugia, con sentenza depositata l’11 maggio 2005, ha respinto la domanda proposta nei confronti di S.W..

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione Puntocasa Immobiliare di Fiorucci Marco, formulando due motivi e notificando l’atto a S.W. e a R.G..

Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Si premette che l’impugnante, dopo avere enunciato di proporre ricorso per cassazione per:

1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione agli artt. 1754 e 1755 cod. civ., ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3;

2) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, non ha formulato specifici e distinti motivi di ricorso, ma ha cumulativamente esplicitato varie argomentazioni critiche al provvedimento impugnato.

Secondo il ricorrente il giudice di merito avrebbe erroneamente sottovalutato documenti decisivi ai fini della prova dell’attività di mediazione, come la proposta di acquisto del 13 ottobre 2000 e il contratto preliminare di vendita del 23 successivo; ignorato gli elementi di contraddizione emergenti dalle deposizioni dei testi di controparte; fatto malgoverno dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in punto di connotati tipici dell’attività di mediazione.

2.1 Ritiene il collegio che i motivi di ricorso, così formulati, non rispettino il paradigma normativo di cui all’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, e che, conseguentemente, l’impugnazione debba essere dichiarata inammissibile.

Non par dubbio infatti che i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, secondo la locuzione usata nella norma innanzi richiamata, nel testo antecedente alle modifiche introdotte, in parte qua, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, devono, comunque, avere i carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, con esatta individuazione, anzitutto, del capo di pronunzia oggetto di ricorso. In particolare, in conformità a una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, la denuncia di ciascuna violazione o falsa applicazione di norme o principi di diritto deve essere accompagnata dalla esatta enucleazione della disposizione pretesamente inosservata, nonchè dalla esposizione delle argomentazioni che la sorreggono, non reputandosi al riguardo sufficiente una censura meramente assertiva, non seguita da alcuna dimostrazione. Ne deriva che, quando nel ricorso per cassazione venga denunciata genericamente e astrattamente violazione e falsa applicazione della legge, senza il richiamo a specifiche disposizioni normative, nè vengano indicate con precisione le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina – il motivo è inammissibile, poichè non consente alla Corte di Cassazione di adempiere il proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione, al fine di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonchè l’unità del diritto oggettivo nazionale (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 65; confr. Cass. 20 gennaio 2006, n. 1108; Cass. 29 novembre 2005, n. 26048).

E parimente le critiche formulate all’apparato argomentativo devono illustrare le allegate carenze motivazionali, tenendo conto che il vizio di mancanza o insufficienza della motivazione sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile un vuoto argomentativo o una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittorietà della motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e cioè l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata, (confr. Cass. civ., 5^, 3 agosto 2007, n. 17125).

2.2 Pacifico quanto precede, la tecnica espositiva del ricorso non consente la sicura enucleazione delle ragioni addotte a sostegno di ciascun motivo, essendo esse, come detto innanzi, cumulativamente e confusamente esposte, con chiara violazione del disposto dell’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 4.

2.3 A ciò aggiungasi che le critiche, deducendo in termini puramente assertivi il malgoverno del materiale istruttorio, tendono surrettiziamente a introdurre una revisione del merito del convincimento del giudice di appello, preclusa in sede di legittimità.

In tale contesto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2010

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