Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16913 del 15/06/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/06/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 15/06/2021), n.16913

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 367/2020 proposto da:

H.I., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato RAFFAELE RIGAMONTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO SEZIONE DI

MONZA E DELLA BRIANZA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n.

12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 4094/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/10/2019 R.G.N. 4403/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 4094 del 2019, ha confermato la ordinanza con cui il Tribunale della stessa sede aveva respinto la domanda di protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria, proposta da H.I., cittadino del (OMISSIS).

2. Il richiedente aveva riferito di essere fuggito dal proprio Paese di origine in quanto temeva di essere ucciso dai membri della ex fidanzata del suo cugino A.; la donna, infatti, aveva intrapreso un’altra relazione con un tal Faiz che, unitamente al padre e al fratello di lei, aveva deciso di uccidere il predetto A., per porre fine al fidanzamento; avendo il fratello subito un tentato omicidio, dal quale era uscito illeso, l’ H. aveva, pertanto, deciso di fuggire dichiarando, appunto, di avere paura, in caso di rientro nel suo paese, di essere a sua volta ucciso.

3. A fondamento della decisione la Corte territoriale ha rilevato che: a) le dichiarazioni del richiedente erano vaghe, lacunose, non dettagliate e anche contraddittorie; b) pur volendo ritenere attendibile il racconto, non si riscontrava in Pakistan una situazione di pericolo diffuso e di violenza generalizzata atta a giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria a favore del cittadino pakistano; c) non sussistevano neanche i presupposti per ritenere che vi fosse una situazione di vulnerabilità che giustificasse la protezione umanitaria, non essendo state allegate condizioni soggettive in grado di consentire tale misura.

4. H.I. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, a seguito di ordinanza con cui è stata disposta la rinnovazione della notificazione dell’originario ricorso per errata individuazione dell’indirizzo dell’Amministrazione resistente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, per non avere i giudici di merito preso in dovuta considerazione le fonti internazionali dalle quali assumere informazioni circa la situazione sociopolitica del Pakistan: in particolare, per non avere esaminato fonti più accreditate quali la relazione di Amnesty International Human Rights Watch e di altri organismi, da cui emergeva che in Pakistan vigeva un particolare fenomeno di corruzione per il quale le forze dell’ordine tutelavano solo coloro che versavano più denaro per ottenere prestazioni costituenti, invece, un dovere preciso del pubblico ufficiale.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, per avere omesso i giudici del merito di valutare le dichiarazioni rese dal richiedente all’udienza del 16.1.2018 secondo i canoni legali previsti dalla suddetta disposizione.

4. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per mancata considerazione, da parte dei giudici di merito, di un punto decisivo della controversia costituito dal fatto che il Governo pakistano non fosse in grado di tutelare i propri cittadini a causa dell’elevato livello di corruzione tra le forze di polizia.

5. Con il quarto motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 10 Cost., per avere i giudici del merito respinto anche la richiesta di riconoscimento della protezione umanitaria, pur sussistendo i presupposti per concedere tale tutela in considerazione della situazione di vulnerabilità esistente in Pakistan a causa del fenomeno della corruzione.

6. Con il quinto motivo si eccepisce la violazione dell’art. 90 c.p.c., con riguardo alle spese di soccombenza, perchè la condizione di non abbienza dell’ H. avrebbe dovuto indurre i giudici di seconde cure a disporre la compensazione delle spese processuali.

7. I primi tre motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, sono fondati per quanto di ragione.

8. In primo luogo, va evidenziato che la Corte di merito ha ritenuto la inverosimiglianza del racconto affidandosi ad una mera opinione soggettiva, quando invece è stato affermato, in sede di legittimità con un orientamento cui si intende dare seguito, che la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente deve essere il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiere non sulla base della mera mancanza di riscontri obiettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e tenendo conto della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente (di cui all’art. 5 comma 3 lett. c) del D.Lgs. cit.), senza dare rilievo esclusivo e determinante e mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto (Cass. n. 2956/ 2020; Cass. n. 13257/2020).

9. In secondo luogo, deve precisarsi che il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, una volta assolto da parte del richiedente asilo il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale nella quale siano presenti aspetti contraddittori che ne mettano in discussione la credibilità, in quanto è finalizzato proprio a raggiungere il necessario chiarimento su realtà e vicende che presentano una peculiare diversità rispetto a quelle di altri paesi e che, solo attraverso informazioni acquisite da fonti affidabili, riescono a dare una logica spiegazione alla narrazione del richiedente (Cass. n. 3016/2019; Cass. n. 24010/2020).

10. In terzo luogo, va osservato che il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 comma 3, alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. n. 13255/2020).

11. Nel caso in esame, come detto, la Corte territoriale ha operato una valutazione di non credibilità su considerazioni soggettive, senza alcun riferimento alla procedimentalizzazione legale prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e valorizzando, invece, soprattutto i profili di contraddittorietà con quanto dichiarato dal richiedente nel modello C, compilato all’atto dello sbarco le cui lacune o contraddizioni, però, comunque non esoneravano il giudice del merito dal compiere gli accertamenti indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. da a) ad e), (Cass. n. 29234/2020).

12. Inoltre, la Corte di appello non ha assolutamente analizzato la questione della corruzione della Polizia in Pakistan, dedotta dal richiedente, quando, invece, si trattava di un aspetto che avrebbe dovuto essere approfondito in virtù dei doveri di cooperazione incombenti sul giudice perchè la situazione poteva rappresentare causa di atteggiamenti negativi o di minacce provenienti da soggetti privati.

13. Infine, quanto alla situazione del Paese di origine, in tema di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), una volta che il richiedente aveva allegato i fatti costitutivi del diritto, la Corte si è limitata a richiamare un rapporto EASO del 2016, a fronte di una sentenza emessa nel 2019, violando così il principio secondo cui il giudice è tenuto, a prescindere dalla valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente, a cooperare all’accertamento della situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate, le cui fonti dovranno essere specificatamente indicate nel provvedimento, al fine di comprovare il pieno adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria (Cass. n. 262/2021).

14. La trattazione del quarto e del quinto motivo resta assorbita dall’accoglimento delle censure di cui sopra.

15. Alla stregua di quanto esposto, la sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione ai primi tre motivi per quanto di ragione, assorbiti il quarto ed il quinto e il giudice del rinvio dovrà procedere ad un nuovo esame secondo le indicazioni di cui in motivazione oltre a provvedere sulle spese anche del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo per quanto di ragione, assorbiti il quarto ed il quinto; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA