Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16910 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/07/2017, (ud. 07/06/2017, dep.07/07/2017),  n. 16910

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15116/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) IN FALLIMENTO SRL, in persona dei legale rappresentante,

C.G., elettivamente domiciliati in ROMA, SALITA DI SAN

NICOLA DA TOLENTINO 1/B, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO

NASO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2692/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA, depositata il

15/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/06/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di (OMISSIS) srl in Fallimento (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia Sezione staccata di Foggia n. 2692/25/2015, depositata in data 15/12/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione, da parte della società contribuente fallita (nell’inerzia del Curatore del Fallimento), di un avviso di accertamento emesso per IRES ed IVA dovute in relazione all’anno d’imposta 2002, a seguito di recupero a tassazione di costi relativi ad operazioni ritenute dall’Ufficio erariale inesistenti, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che l’avviso di accertamento doveva essere annullato per carenza di motivazione, non avendo l’Ufficio “allegato i due processi verbali di constatazione” ivi richiamati.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto a redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, a violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, come modificati dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 2, avendo la C.T.R. annullato l’atto impositivo per mancata allegazione dei processi verbali di constatazione richiamati, malgrado ne fosse stato riprodotto il contenuto essenziale, da quale si potevano evincere le ragioni fondanti la pretesa fiscale.

2. Preliminarmente, è infondata l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente.

Invero, da un lato, l’atto risulta contenere nella parte conclusiva l’indicazione dell’Avvocato dello Stato Estensore. Inoltre (Cass. 21473/2007), la circostanza che la sottoscrizione del ricorso per cassazione, proposto all’Avvocatura dello Stato, sia illeggibile, nè siano altrimenti indicate le generalità del sottoscrittore, non rende inammissibile il ricorso stesso, a meno che il resistente non contesti in modo specifico puntuale l’appartenenza del sottoscrittore all’Avvocatura dello Stato.

Quanto all’asserita mancanza di firma digitale, nella notifica via PEC dell’atto, questa Corte (Cass. 26102/2016) ha di recente chiarito che “ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3-bis, comma 3 e art. 6, comma 1, come modificata dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, per la regolarità della notifica del ricorso per cassazione costituito dalla copia informatica dell’atto originariamente formato su supporto analogico, non è necessaria la sottoscrizione dell’atto con firma digitale, essendo sufficiente che la copia telematica sia attestata conforme all’originale, secondo le disposizioni vigenti “ratione temporis” (nella specie, del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 22, comma 2). Qualora i deposito del ricorso per cassazione non sia fatto con modalità telematiche, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., dell’avvenuta sua notificazione per via telematica va data prova mediante il deposito -in formato cartaceo, con attestazione di conformità ai documenti informatici da cui sono tratti – del messaggio di trasmissione a mezzo PEC, dei suoi allegati e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna previste dal D.P.R. n. 68 del 2005, art. 6, comma 2″.

Peraltro (Cass. 21985/2015; Cass. 4950/2012) è stata ritenuta legittima la notifica del ricorso per cassazione effettuata da un avvocato dello Stato diverso da quello che ha sottoscritto il ricorso, atteso che la ripartizione del lavoro tra avvocati e procuratori dello Stato, i quali non necessitano di mandato e sono tra di loro fungibili e sostituibili in caso d’impedimento, è attività meramente interna.

3. La censura del ricorso è fondata. Questa Corte (Cass. 1906/2008; Cass. 6914/2011; Cass. 9032/2013), ha ripetutamente chiarito che, nel regime introdotto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione consente ai contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento. Questa Corte (Cass. 2614/2016) ha di recente specificato che “in tema di accertamento tributario per relationem nella disciplina anteriore alla L. n. 212 del 2000, art. 7, la legittimità dell’avviso postula la conoscenza o la conoscibilità da parte del contribuente dell’atto richiamato, purchè il suo contenuto serva ad integrare la motivazione dell’atto impositivo, con esclusione quindi dei casi in cui essa sia già sufficiente e il richiamo ad altri atti abbia pertanto solo valore narrativo o il contenuto di ulteriori atti sia già riportato nell’atto noto. Ai fini dell’annullamento il contribuente deve quindi provare non solo che gli atti ai quali fa riferimento l’atto impositivo o quelli cui esso rinvia sono a lui sconosciuti, ma anche che almeno una parte del contenuto di essi sia necessaria ad integrare direttamente o indirettamente la motivazione del suddetto atto impositivo, e che quest’ultimo non la riporta, per cui non è comunque venuto a sua conoscenza”. Ora, la C.T.R. ha ritenuto nullo l’atto impositivo, malgrado l’avviso, quale riprodotto nel ricorso per cassazione ai fini dell’autosufficienza, riproducesse il contenuto essenziale del processo verbale di constatazione redatto in data 3/1/2012 (notificato, essendo stata dichiarata fallita la società nei 2009, al curatore del Fallimento).

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Puglia, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Puglia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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