Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16909 del 10/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 10/08/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 10/08/2016), n.16909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13912-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

ARMONIA SOCIETA’ AGRICOLA SEMPLICE, in persona dell’amministratore

pro tempore, F.P., F.A.,

A.G., F.D., BIOLATINA SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA,

in persona, dell’amministratore unico pro tempore, NATURA VERDE DEI

F.LLI F. E A. G SOCIETA’ SEMPLICE, in persona

dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA VINCENZO UGO TABY 19, presso lo studio dell’avvocato PIETRO

PERNARELLA, rappresentati e difesi dall’avvocato WALTER TAMMETTA,

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1534/39/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO-SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il

12/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI;

udito l’Avvocato Gianna De Socio difensore del ricorrente che chiede

l’accoglimento del ricorso;

udito l’avvocato Walter Tammetta difensore della resistente che

insiste per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio – sezione distaccata di Latina, con la sentenza indicata in epigrafe – dichiarata l’inammissibilità dell’appello principale proposto dai contribuenti avverso la decisione di primo grado perchè non depositato presso la segreteria del giudice di primo grado – dichiarava, conseguentemente, inammissibile anche l’appello incidentale proposto avverso la medesima sentenza dall’Agenzia delle Entrate; anch’esso non depositato presso la segreteria del Giudice a quo.

2. Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a due motivi.

3. I contribuenti resistono con controricorso.

4. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

5. Con il primo motivo – rubricato: “violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10 nonchè dagli artt. 88 e 157 c.p.c. e art. 97 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Abuso del processo. Violazione dei principi di correttezza e buona fede in sede processuale” – la ricorrente deduce l’uso strumentale da parte dei contribuenti dei mezzi processuali (proposizione di appello solo per le spese legali ed “autodenuncia” dell’omesso deposito di copia dell’atto presso la Segreteria della C.T.P.) configurante una violazione del principio di buona fede processuale ed una forma di abuso del processo, vietato dal legislatore e stigmatizzato da questa Corte.

6. Con il secondo motivo – rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23, 53 e 54 e della L. n. 248 del 2005, art. 3 bis, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 – la ricorrente censura la C.T.R. per avere posto a carico dell’appellante incidentale l’onere di depositare presso la Segreteria della Commissione provinciale copia dell’ appello incidentale, una volta verificato il mancato deposito da parte dell’appellante principale, laddove nessuna prescrizione normativa, in tal senso, è prevista a carico della parte processuale che abbia proposto tempestivamente, entro sessanta giorni, l’appello incidentale.

7. Le censure, congiuntamente esaminate, non sono meritevoli di accoglimento.

7.1. La sentenza impugnata ha fatto, invero, corretta applicazione delle norme indicate come violate, seguendo l’interpretazione datane da questa Corte. Si è, infatti, affermato che “in tema di contenzioso tributario, l’appello incidentale è inammissibile, anche se tempestivamente proposto, quando non sia depositata copia dello stesso nella segreteria della Commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata, ove sia inammissibile anche l’appello principale. Infatti, pur non essendo la prima impugnazione travolta dall’inammissibilità della seconda, atteso che questa conseguenza è prevista per le sole impugnazioni incidentali tardive, l’incombente del deposito deve ritenersi imposto anche all’appellante incidentale tempestivo, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, come modificato dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3 bis convertito nella L. 2 dicembre 2005, n. 248, in quanto diretto ad evitare il rischio di un’erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza impugnata. Nè la previsione di tale onere a carico dell’appellante incidentale rende allo stesso estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa, spettandogli il termine di sessanta giorni dalla notifica dell’appello principale per costituirsi e, quindi, per verificare se l’appellante principale abbia effettuato l’adempimento o se, invece, egli debba surrogarsi a questo per evitare la pronuncia di inammissibilità” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4679 del 23/03/2012 integralmente richiamata da Cass. Sez. 6 – 5, Sentenza n. 12017 del 2013 e, di recente, Cass. n. 15432/2015).

7.2. A fronte detti principi, le argomentazioni a confutazione svolte dalla ricorrente non colgono nel segno laddove, da un canto, l’inammissibilità dell’appello incidentale in caso di mancato deposito presso la segreteria del Giudice che ha emesso la sentenza impugnata, pur non essendo previsto espressamente dalla norma, deriva consequenzialmente dal carattere autonomo dell’impugnazione incidentale tempestiva; e, dall’altro, la previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 3 (il quale prescrive che subito dopo il deposito del ricorso in appello la segreteria della commissione tributaria regionale chiede alla segreteria della commissione provinciale la trasmissione del fascicolo del processo, che deve contenere copia autentica della sentenza)” non soccorre ad evitare il rischio di un’erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza impugnata, trattandosi, di norma di natura meramente acceleratone, la cui applicazione, per come rilevato anche dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 321/2009, viene a gravare la segreteria del Giudice di appello di compiti informativi necessariamente intempestivi (perchè successivi alla costituzione in giudizio dell’appellante) ed organizzativamente onerosi.

7.3. Questa Corte, inoltre, ha avuto modo di affermare la sussistenza dell’abuso del promesso allorquando lo strumento processuale viene azionato per conseguire finalità estranee o addirittura contrarie rispetto a quelle per cui l’ordinamento appresta lo strumento di tutela per la posizione sostanziale della parte (v. Cass. n.210/2014 con la quale si è ritenuto sussistere un uso abusivo del processo qualora la parte abbia impugnato l’atto impositivo ben oltre la scadenza del termine previsto dalla legge al solo scopo di precostituirsi una lite pendente per accedere al condono) laddove, nel caso in specie, l’inammissibilità dell’appello incidentale non trova fonte diretta nel mancato deposito dell’atto di appello principale.

8. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente, soccombente, alla refusione in favore dei controricorrenti delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alla refusione in favore dei controricorrenti, in solido, delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 21.000 oltre rimborso forfetario nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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