Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16908 del 10/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 10/08/2016, (ud. 03/12/2015, dep. 10/08/2016), n.16908

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13348-2013 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, già SERIT spa, (OMISSIS), in persona del

Direttore Generale, elettivamente domiciliata in Roma, Via Cola Di

Rienzo 149, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA VACCA,

rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE DAIDONE, come da

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

T.F., COMUNE DI PALERMO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1012/2013 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 06/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2015 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

udito l’Avvocato Vacca, per delega, che si riporta agli atti e alle

conclusioni assunte.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – La società RISCOSSIONE SICILIA S.P.A., già SERIT SICILIA S.p.a., impugna la sentenza n. 1012/2013 emessa il 28.2.2013 dal Tribunale di Palermo, depositata in cancelleria il 6.3.2013, notificata il 18.3.2013, la quale, nell’accogliere l’appello della Signora T.F., ha condannato alle spese legali del doppio grado di giudizio, in solido con il Comune di Palermo la Serit Sicilia oggi Riscossione Sicilia S.p.A.

2. – La ricorrente espone che “la Signora T.F. ha proposto appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Palermo… con la quale era stato rigettato il ricorso da ella proposto avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) notificatale il 3.11.2009, deducendo, in appello, lo stesso motivo dedotto nella domanda di primo grado e cioè l’avvenuta estinzione della potestà sanzionatoria del Comune di Palermo per effetto della tardiva notifica della contestazione (contravvenzione)”. Aggiunge che “il Tribunale di Palermo con la sentenza predetta nell’accogliere l’appello,… ritenendo… che le pese di entrambi i gradi del giudizio seguono la soccombenza ha condannato in solido il Comune di Palermo e la Serit Sicilia al pagamento in favore dell’appellante delle spese del doppio grado di giudizio che venivano liquidate in Euro 510,00 per il giudizio di primo grado e Euro 1.200,00 per il giudizio di secondo grado, così complessivamente in Euro 1.710,00”. Rileva che “la signora T.F. ha proposto ricorso contro il Comune di Palermo contestando solo la mancata notifica della contravvenzione il cui credito era stato iscritto a ruolo dal predetto comune”, senza nulla contestare sulla “procedura di notifica della cartella di pagamento e al contenuto della stessa”. Aggiunge di aver eccepito il difetto di legittimazione passiva, deducendo che “nessuna eccezione relativa alla validità del credito dell’Ente impositore poteva essere imputata all’agente della riscossione e che le contravvenzioni risultavano notificate in virtù dei dati trasmessi da Comune con la formazione del ruolo”.

3. Rileva ancora la ricorrente di essere rimasta contumace nel giudizio di appello proposto dalla T. e che “il Tribunale di Palermo, in sede di appello, non ritenendo la contravvenzione regolarmente notificata presso la residenza della Signora T. annullava la sentenza di primo grado, statuiva che essendo decorso il termine di cui all’art. 201 C.d.S. senza che sia avvenuta la valida notifica della contravvenzione, si è prescritto il diritto dell’ente creditore a riscuotere la relativa sanzione e pertanto annullava la cartella di pagamento de qua riferendosi ad una pretesa di riscossione ormai prescritta, e, condannava l’agente della riscossione al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio in solido con il Comune di Palermo”.

4. La ricorrente impugna tale decisione limitatamente alla condanna alle spese, formulando tre motivi: “a) violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. relativamente all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; b) violazione e omessa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12 e 24 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 nonchè per carenza di motivazione sulla condanna alle spese in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; c) violazione dell’art. 92, comma 2 in relazione alla violazione e omessa applicazione del D.P.R. n. 6021 del 1973, artt. 12 e 24 – avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1 nn. 3 e 5”.

5. Nessuna attività in questa sede hanno svolto le parti intimate, cui la notifica del ricorso è stata avviata tramite le Poste.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente rileva che ha errato il Tribunale di Palermo a condannarla in solido alle spese, in assenza di soccombenza, posto che l’unica contestazione avanzata riguardava “la legittimità del Comune di Palermo a formare il ruolo in considerazione che il credito non era legittimo per non essere stata notificata la contravvenzione che giustificava la iscrizione a ruolo”. Osserva la ricorrente che “solo indirettamente veniva chiesto l’annullamento della cartella di pagamento che portava il predetto credito iscritto a ruolo dal Comune di Palermo”. Aggiunge che “Agente della riscossione a mente del D.P.R. n. 602 del 1973, ed in particolare in virtù degli art. 12, 24 e 26, non è altro che il soggetto che riscuote i crediti della P.A. iscritti a ruolo dagli stessi Enti, l’agente della riscossione nulla conosce circa la legittimità dell’iscrizione a ruolo e risponde solo per vizi inerenti il suo operato e pertanto risponde solo per i vizi che attengono la notifica della cartella e il contenuto della stessa”. Rileva che “il Giudice di appello ha annullato la cartella non per un vizio il o errore ascrivibile all’operato dell’agente della riscossione, ma per un vizio derivante dalla illegittimità del titolo”. Secondo la ricorrente “è evidente che il Giudice di secondo grado ha violalo l’art. 91 c.p.c. condannando la Serit Sicilia al pagamento delle spese poichè non vi è soccombenza della Serit Sicilia Spa considerato che lo stesso giudicante non poteva ascrivere all’operato dell’agente della riscossione l’esigenza della Signora T. di adire l’autorità giudiziaria per l’annullamento della cartella, rectius del ruolo, ma l’annullamento della cartella deriva solo dalla conseguente nullità della contravvenzione che esula dall’attività dell’agente della riscossione per cui detta condanna alle spese della Serit Sicilia è illegittima e posta in violazione del predetto art. 91 c.p.c.”. Rileva ancora che “sul punto il Giudice ha omesso di motivare la condanna alle spese dell’agente della riscossione”, posto che “nessuna colpa, nessun errore è individuato dallo stesso giudicante del gravame in capo all’agente della riscossione”. In tale situazione il giudice dell’appello avrebbe dovuto “ravvisare le gravi e eccezionali ragioni, ex art. 92 c.p.c., comma 2, per statuire la compensazione delle spese tra la Signora T. e la Serit Sicilia.

2. Il ricorso è inammissibile.

Non risulta infatti depositato l’avviso di ricevimento della notifica avviata a mezzo posta nei confronti della parte intimata. Nè all’udienza la parte ricorrente ha depositato alcunchè.

Resta, quindi, applicabile il principio già affermato da questa Corte, e condiviso, secondo cui “La produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c. o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorro e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal comma 1 citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380-bis c.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 2. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da pane dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.; tuttavia, il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza della corte in camera di consiglio può domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 184-bis c.p.c., per il deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dalla L. n. 890 del 1982, art. 6, comma 1” (Sez. U, Sentenza n. 627 del 14/01/2008, Rv. 600790).

3. Nulla per le spese in mancanza di attività in questa sede della parte intimata.

4. Quanto alla sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis, il Collegio osserva quanto segue.

4.1 – La ricorrente ha dichiarato, nella nota di iscrizione a ruolo del ricorso, la avvenuta prenotazione a debito di spese per Euro 170. La nota è stata depositata in data 4 giugno 2013 e nel fascicolo risulta anche una ulteriore nota, recante la stessa data di deposito della precedente, relativa alle spese “di procedura sostenute dalla Riscossione Sicilia S.p.A.” nel procedimento in esame per un valore dichiarato di Euro 1710. Nella attestazione vengono indicate spese per Euro 170 per contributo unificato e per Euro 8 per bollo. Risulta poi l’attestazione (ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 48 e D.P.R. n. 115 del 2002, art. 157, n. 1) che le spese indicate sono ridotte alla metà e “prenotate a debito per il recupero nei confronti della parte soccombente”. In calce a tale ultimo documento risulta l’attestazione da parte del funzionario della Corte di cassazione addetto a tale servizio circa la “rispondenza delle pese annotate a norma di legge”.

4.2 – Tanto chiarito, ritiene il Collegio che a fronte di una avvenuta prenotazione a debito delle spese, sulla quale non vi è alcuna contestazione da parte dell’ufficio preposto con conseguente esclusione di ogni possibilità di valutazione sul punto da patte del Collegio, non resta che ritenere che non possa trovare applicazione il raddoppio del contributo unificato previsto dalla norma richiamata (vedi al riguardo Cass. SU n. 9938 del 2014 e Cass. n. 5955 del 2014, Rv. 630550).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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