Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16904 del 10/08/2016

Cassazione civile sez. lav., 10/08/2016, (ud. 17/05/2016, dep. 10/08/2016), n.16904

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25000-2011 proposto da:

R.F., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA TERESA MARRA, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

e contro

COMUNE NAPOLI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5990/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 04/11/2010, R.G. 9709/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2016 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 5990/010, pronunciando sull’impugnazione proposta da R.F. nei confronti del Comune di Napoli in ordine alla sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Napoli n. 31699 del 13 febbraio 2006, in riforma di detta pronuncia, accoglieva la domanda di cui al ricorso introduttivo e per l’effetto condannava il Comune di Napoli al pagamento in favore del R. della somma di Euro 651,44, oltre interessi come per legge. Compensava tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio in ragione tenuto conto della obiettiva poca chiarezza delle disposizioni di legge che hanno nel tempo regolato la materia in questione, tanto che la giurisprudenza di merito non risultava unanime sull’applicazione.

2. Il lavoratore impiegato dal Comune di Napoli in lavori socialmente utili nel periodo 1 ottobre 1995-2 luglio 2003, per n. 25 ore settimanali, aveva agito in giudizio deducendo che mentre per 20 ore settimanali percepiva il sussidio dall’INPS e dal Comune, per le restanti 5 ore percepiva un importo fisso mensile di 113,36 Euro e che tale importo era inferiore a quello stabilito per il medesimo livello di inquadramento del CCNL enti locali 1999.

3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre R.F. con tre motivi vertenti sulla statuizione sulle spese.

4. Nonostante la regolare notifica del ricorso, l’Amministrazione intimata non si è costituita in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso, la statuizione sulle spese è censurata per violazione di legge, in riferimento all’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2.

Assume il ricorrente che la Corte d’Appello aveva compensato le spese di lite in contrasto con il principio della soccombenza e mancando le condizioni di cui all’art. 92 c.p.c., comma 1, come poste in evidenza dalle pronunce giurisprudenziali richiamate nell’esposizione del primo motivo.

2. Con il terzo motivo di ricorso è prospettata la contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 92 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Deduce il ricorrente che le ragioni poste a fondamento della compensazione appaiono contraddittorie rispetto alle motivazioni addotte a supporto della decisione di merito di accoglimento della domanda.

3. I suddetti motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati.

4. Occorre premettere che la Corte d’Appello vagliava le problematiche connesse alle sopravvenienze normative intervenute in materia di lavori socialmente utili, in ordine alle quali questa Corte ha affermato il seguente principio, da ultimo ribadito da Cass. n. 8572 del 2016: “la disposizione di cui al D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8 secondo la quale il soggetto utilizzatore deve remunerare le ore lavorate eccedenti il limite di legge mediante importo integrativo corrispondente alla retribuzione oraria relativa al livello retributivo iniziale, calcolato detraendo le ritenute previdenziali ed assistenziali previste per i dipendenti che svolgono attività analoghe, non è stata abrogata, nè espressamente, nè per incompatibilità, dal D.Lgs. n. 81 del 2000, il cui art. 4 si è limitato ad aggiornare l’assegno mensile per la quantità oraria legale. Ne consegue che le ore eccedenti a quelle remunerate debbono essere compensate dall’utilizzatore, senza che la necessità, D.Lgs. n. 81 del 2000, ex art. 5 di una delibera da parte di quest’ultimo in ordine al trattamento economico per le ore aggiuntive possa considerarsi incompatibile con la predeterminazione effettuata in base alla leone anteriore, atteso che, da un lato, sarebbe incongruo lasciare all’arbitrio dell’utilizzatore la determinazione del compenso a suo carico, e, dall’altro, il lavoratore dovrebbe dichiararsi disponibile a continuare nelle attività socialmente utili prima di conoscere la misura dell’importo integrativo per le ore eccedenti il limite legale”.

5. Il giudice di secondo grado, procedeva all’interpretazione delle norme in questione e, riformando la sentenza di primo grado, affermava che non era intervenuta l’abrogazione del citato art. 8 da parte del D.Lgs. n. 81 del 2000, art. 8.

In relazione alle spese, il giudice di appello ne disponeva la compensazione integrale per entrambi i gradi, ravvisando giusti motivi, “tenuto conto della obiettiva poca chiarezza delle disposizioni di legge, che hanno nel tempo regolato la materia in questione, tant’è che la giurisprudenza di merito non risulta essere unanime nella loro applicazione”.

6. Tale statuizione non viola le disposizioni invocate nè dà luogo a vizio di motivazione nei termini sopra esposti.

6.1. In primo luogo va osservato che la questione giuridica oggetto della statuizione di merito della Corte d’Appello, inizialmente, ha dato luogo a differenti orientamenti giurisprudenziali, in ordine ai quali interveniva, nell’esercizio della funzione nomofilattica, questa Corte.

Sussiste, quindi, la situazione posta dal giudice di secondo grado a fondamento della compensazione. Nè la “chiarezza” di lettura delle norme da parte della Corte d’Appello di Napoli esclude la suddetta incertezza interpretativa, confermata, tra l’altro, dalla pronuncia di senso diverso del Tribunale.

6.2. Ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo risultante dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 11, applicabile ratione temporis, la compensazione delle spese di lite può essere disposta, in difetto di soccombenza reciproca, soltanto per “gravi ed eccezionali ragioni” che devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa da indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza (Cass., ord. n. 5267 del 2016, sentenza n. 21083 del 2015).

6.3. Tale condizione si è realizzata nel caso in esame, ove la Corte d’Appello, nel governo delle spese di lite, con congrua motivazione, in ragione delle incertezze interpretive della disciplina in esame, ha fatto corretta applicazione dell’art. 92, comma 2, in deroga al principio della soccombenza.

7. Il ricorso deve essere rigettato.

8. Nulla spese non essendosi costituito il Comune di Napoli.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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