Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16902 del 10/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 10/08/2016, (ud. 17/05/2016, dep. 10/08/2016), n.16902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28295-2011 proposto da:

C. S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona dell’amministratore

delegato e legale rappresentante pro tempore, R.E. C.F.

(OMISSIS), in proprio e quale amministratore delegato e legale

rappresentante pro tempore di C. S.r.l., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA DELL’OROLOGIO 7, presso lo studio

dell’avvocato STEFANIA PAZZAGLIA, rappresentati e difesi

dall’avvocato ANTONIO BAGIANTI, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI, C.F. (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende

ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 260/2011 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 05/07/2011 R.G. N. 421/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato CHIARA PESCE per delega ANTONIO BAGIANTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Perugia ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto da R.E. e dalla s.r.l. C. avverso la sentenza del Tribunale di Terni che aveva respinto l’opposizione, L. n. 689 del 1981, ex art. 22 con la quale era stata contestata la legittimità della ordinanza ingiunzione emessa il 19 settembre 2006 dalla Direzione Provinciale del Lavoro per il pagamento delle sanzioni pecuniarie conseguenti alla violazione della L. n. 608 del 1996, artt. 1 e 9 bis nonchè del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 14.

2 – La Corte territoriale ha rilevato che l’appello doveva essere proposto con citazione e non con ricorso in quanto, in difetto di una disciplina speciale, opera il principio generale stabilito dall’art. 359 c.p.c., che richiama gli artt. 163 c.p.c. e ss.. Ha aggiunto che la sentenza impugnata era stata notificata il 29 settembre 2009 mentre il ricorso era stato notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, solo il 27 ottobre 2009, sicchè la impugnazione doveva ritenersi tardiva.

3 – Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso R.E. e la s.r.l. C. sulla base di due motivi, illustrati da memoria. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha resistito con tempestivo controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Occorre preliminarmente rilevare che il ricorso è stato notificato il 25 novembre 2011 alla Avvocatura Distrettuale dello Stato anzichè alla Avvocatura Generale. Detta notifica è affetta da nullità, che può essere sanata con la rinnovazione ex art. 291 c.p.c. ove non avvenga, come nella fattispecie, la spontanea costituzione in giudizio del controricorrente (Cass. S.U. 15.1.2015 n. 608).

Il ricorso è, pertanto, ammissibile ed è tempestivo il controricorso, giacchè la notifica nulla non è idonea a far decorrere il termine previsto dall’art. 370 c.p.c..

2 – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 325, 326, 342 e 359 c.p.c. e della L. 689 del 1981, art. 23”. Rilevano che la mancata espressa previsione nel richiamato art. 23 dell’estensione al procedimento di appello delle speciali regole dettate per il primo grado nelle cause di opposizione in materia di sanzioni amministrative, non costituisce ragione sufficiente per far escludere la applicabilità, anche nel giudizio di appello, delle particolari norme procedurali previste per il primo grado. Aggiungono che l’art. 359 c.p.c., contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, non richiama l’art. 163 c.p.c. nè le disposizioni del titolo primo del libro secondo, ma solo genericamente le norme dettate per il procedimento davanti al tribunale.

2.1 – Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione delle norme di legge sopra indicate e dell’art. 156 c.p.c. e ss., art. 136 c.p.c. e ss. nonchè, ex art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza per error in procedendo.

Con lo stesso motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per “motivazione illogica, contraddittoria ovvero insufficiente su un fatto decisivo e controverso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Sostengono che in grado di appello la Corte ha applicato il rito speciale previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 23 poichè il decreto di fissazione della udienza ha anche posto a carico della cancelleria l’onere di procedere alle notifiche. In tal modo la Corte territoriale avrebbe compiuto una irreversibile scelta sul rito applicabile.

Assumono, infine, che, in ogni caso, la notifica doveva essere ritenuta tempestiva, poichè la richiesta era avvenuta da parte della cancelleria il 24 ottobre 2009, per cui doveva operare, anche nella fattispecie, il principio in forza del quale per il notificante la notifica si perfeziona al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

3 – I motivi, che per la loro stretta connessione logico-giuridica vanno trattati unitariamente, sono infondati.

Le Sezioni Unite di questa Corte, nel ribadire l’orientamento già espresso da Cass.20.2.2012 n. 2430 e da Cass. 29.2.2012 n. 3058, hanno affermato che “nei giudizi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, introdotti nella vigenza della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23 come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26 e quindi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, l’appello deve essere proposto nella forma della citazione e non già con ricorso, trovando applicazione, in assenza di una specifica previsione normativa per il giudizio di secondo grado, la disciplina ordinaria di cui agli artt. 339 c.p.c. e segg.”. Hanno anche aggiunto che “l’appello, ove erroneamente introdotto con ricorso anzichè con citazione, è suscettibile di sanatoria, a condizione che nel termine previsto dalla legge l’atto sia stato non solo depositato nella cancelleria del giudice, ma anche notificato alla controparte, non trovando applicazione il diverso principio, non suscettibile di applicazione al di fuori dello specifico ambito, affermato con riguardo alla sanatoria delle impugnazioni delle deliberazioni di assemblea di condominio spiegate mediante ricorso, e senza che sia possibile rimettere in termini l’appellante, non ricorrendo i presupposti della pregressa esistenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale poi disatteso da un successivo pronunciamento.” (Cass. S.U. 10.2.2014 n. 2907).

A detto orientamento, ribadito anche da Cass. 8.6.2015 n. 11788 e da Cass. 14.3.2016 n. 4943, il Collegio intende dare continuità, poichè il ricorso prospetta solo argomenti già ritenuti infondati da questa Corte.

3.1 – Il secondo motivo è, poi, inammissibile nella parte in cui asserisce che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto non tempestiva la notifica, senza considerare che anche nella fattispecie deve operare il principio della cosiddetta scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio. L’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 impone di indicare specificamente nel ricorso gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, sicchè ove, come nella specie, assuma rilevanza la successione temporale della procedura notificatoria, è necessario che il ricorrente trascriva la relazione di notifica e, ove da questa non si desuma la data di consegna all’ufficiale giudiziario, le ulteriori annotazioni da quest’ultimo apposte sull’atto.

Non è quindi sufficiente il mero rinvio contenuto a pag. 32 del ricorso all'”originale di notifica al Ministero dell’appello e del decreto contenuto nel fascicolo d’ufficio”.

Si aggiunga che l’art. 369 c.p.c., n. 4 impone al ricorrente di depositare unitamente al ricorso gli atti processuali sui quali lo stesso si fonda e detto onere, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, può essere assolto mediante il deposito del fascicolo di parte e della richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio “ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi” (Cass. S.U. 3.11.2011 n. 22726).

Nel caso di specie i ricorrenti non hanno inserito nell’elenco in calce al ricorso la copia notificata della sentenza di primo grado, nè hanno precisato le modalità di produzione della stessa, dall’esame della quale non si può prescindere ove, come nella fattispecie, si contesti la ritenuta tardività dell’appello.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate, poichè l’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, richiamato al punto 3, è successivo al deposito del ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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