Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16901 del 10/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 10/08/2016, (ud. 17/05/2016, dep. 10/08/2016), n.16901

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25701-2011 proposto da:

MINISTERO LAVORO POLITICHE SOCIALI, DPL VALLE D’AOSTA, C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato GERARDO VESCI, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati RUGGERO PONZONE e

MARCO GUASCO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

HOLDING TESSILE S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 980/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 01/07/2011, R.G. N. 680/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato FERNANDO RIZZO per delega GERARDO VESCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Torino, in riforma della sentenza di prime cure, ha accolto l’opposizione alla ordinanza ingiunzione n. 18/08, emessa dalla Direzione Regionale del Lavoro per la Valle d’Aosta nei confronti di B.R. e della Holding Tessile s.p.a., con la quale era stato ingiunto il pagamento della complessiva somma di Euro 19.848,00 per la violazione del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 9, comma 1. Agli opponenti era stata contestata, in relazione agli anni 2005-2006, la mancata concessione del riposo settimanale di 24 ore consecutive ai lavoratori indicati nella ordinanza, occupati presso gli esercizi di vendita al minuto ubicati nel comune di Aosta.

2 – La Corte territoriale ha respinto i motivi di appello con i quali erano state riproposte le doglianze relative alla mancanza di motivazione della ordinanza ed alla tardività della stessa, mentre ha ritenuto fondata la censura inerente la errata interpretazione del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 9, comma 4,. Ha rilevato che detta disposizione, attraverso il richiamo alla L. n. 370 del 1934, art. 7 consente la deroga al principio generale della necessaria concessione di un riposo settimanale pari a 24 ore consecutive. Ha, quindi, ritenuto assorbiti gli ulteriori motivi di gravame aventi ad oggetto l’entità della sanzione applicata e la mancata ammissione delle prove.

3 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria. B.R. e la Holding Tessile s.p.a. hanno resistito con tempestivo controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Preliminarmente rileva la Corte che deve essere dichiarata, ex art. 369 c.p.c., la improcedibilità del ricorso notificato in data 20.10.2011, poichè l’Avvocatura Generale ha provveduto al deposito del solo ricorso notificato il 24.10.2011 in sostituzione del precedente.

Non sussiste, peraltro, la eccepita “improponibilità e/o inammissibilità” della impugnazione depositata nel termine di legge.

La giurisprudenza di questa Corte è, infatti, consolidata nell’affermare che “nel caso in cui una sentenza sia stata impugnata con due successivi ricorsi per cassazione, è ammissibile la proposizione del secondo in sostituzione del primo.

Purchè l’improcedibilità o l’inammissibilità di quest’ultimo non sia stata ancora dichiarata, restando escluso che la mera notificazione del primo ricorso comporti, ex sè, la consumazione del potere d’impugnazione.” (Cass. 3 marzo 2009 n. 5053 e negli stessi termini Cass. 3 settembre 2014 n. 18604).

2 – Con l’unico motivo di ricorso il Ministero del Lavoro denuncia “violazione e falsa applicazione della L. n. 370 del 1934, art. 7, della L. n. 689 del 1981, art. 8, del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 9 comma 2, lett. b) in combinato disposto con l’art. 135 ed art. 138 del C.C.N.L. 2 luglio 2004 – Commercio Confcommercio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Rileva il ricorrente che, contrariamente a quanto asserito dalla Corte territoriale, le norme richiamate in rubrica consentono di derogare unicamente al principio del riposo domenicale, fermo restando l’obbligo per il datore di lavoro di assicurare 24 ore di riposo continuativo ogni sei giornate lavorative, da cumularsi con le 11 ore di riposo giornaliero. Ribadisce inoltre il ricorrente che nei precedenti gradi del giudizio di merito era stata eccepita l’inapplicabilità alla controversia della L. n. 689 del 1981, art. 8 in quanto ciascuna condotta del datore di lavoro integra una distinta ipotesi di illecito, che si concreta in singoli comportamenti antigiuridici.

3 – Il motivo è fondato.

Il D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 9 dopo aver previsto, al comma 1, il diritto del lavoratore di fruire ogni sette giorni di un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con il riposo giornaliero, stabilisce, al comma 3, che il riposo settimanale può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale addetto alle attività elencate nello stesso comma, fra le quali risultano incluse quelle indicate nella L. 22 febbraio 1934, n. 370, art. 7 ossia la “vendita al minuto ed in genere le attività rivolte a soddisfare direttamente bisogni del pubblico.

Il successivo comma 4 fa salve “le disposizioni speciali che consentono la fruizione del riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica, nonchè le deroghe previste dalla L. 22 febbraio 1934, n. 370”.

Ad avviso della Corte territoriale attraverso detto ultimo richiamo il legislatore delegato avrebbe legittimato le imprese operanti nel settore della vendita al minuto a derogare non solo al principio della tendenziale coincidenza del riposo settimanale con la domenica, ma anche a quello della necessaria concessione del riposo.

L’esegesi della norma, prospettata dagli opponenti e fatta propria dal giudice di merito, non è condivisibile poichè si pone in contrasto con l’art. 36, comma 3 della Carta fondamentale, nonchè con la direttiva 93/104/CE, come modificata dalla direttiva 2000/34/CE, della quale il D.Lgs. n. 66 del 2003 costituisce attuazione, che all’art. 5 impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per assicurare al lavoratore “per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliera”.

E’ utile rammentare che la Corte Costituzionale con sentenza n. 23 del 19 gennaio 1982 ha sottolineato che “la consecutività delle ventiquattro ore è un elemento essenziale del riposo settimanale, in quanto consente di distinguerlo e di non sovrapporlo al riposo giornaliero e a quello annuale (sent. n. 150 del 1967 e n. 102 del 1976). Affinchè l’interruzione del lavoro una volta alla settimana sia effettiva, per consentire al dipendente il recupero delle energie fisiche e psichiche e per assicurargli un congruo periodo di tempo da destinare ad attività ricreative per sè e per la famiglia – che è lo scopo umano e sociale del precetto costituzionale – è necessario che il riposo settimanale non coincida nemmeno in parte con il riposo giornaliero, ma da questo rimanga ben distinto. Frazionare il riposo settimanale (che deve essere di 24 ore consecutive) in modo da sovrapporre ogni frazione di esso al riposo giornaliero significa, infatti, frustrare la finalità del precetto voluto dal costituente”.

Ha, conseguentemente, dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n. 370 del 1934, art. 1, n. 5, nonchè, ai sensi della L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 27 di tutte le ulteriori disposizioni contenute nello stesso articolo “nella parte in cui, prevedendo eccezioni al precetto contenuto nel comma 1, consentono che il riposo settimanale possa essere concesso in modo frazionato anzichè in modo continuativo”.

La stessa Corte già in precedenza, con la sentenza n. 102 del 21 aprile 1976, giudicando sempre sulla legittimità della disciplina dettata dalla L. n. 370 del 1934, aveva affermato che “il riposo settimanale può anche essere usufruito in giorno non festivo e con decorrenza diversa da quella da una mezzanotte all’altra preveduta nella L. n. 370 del 1934, art. 8, comma 2 ma a condizione che sia, nel contempo, mantenuta integra la durata del riposo giornaliero (al quale quello settimanale si aggiunge e non si sostituisce) sia nel giorno che precede sia in quello che segue le 24 ore di riposo settimanale.”.

E’ evidente, pertanto, che il richiamo contenuto nell’art. 9, comma 4 alle “deroghe previste dalla L. 22 febbraio 1934 n. 370” deve intendersi limitato alle disposizioni che consentono modalità di fruizione del riposo settimanale compatibili con i limiti inderogabili fissati dalla Carta Costituzionale e dalla direttiva.

4 – La sentenza impugnata va, dunque, cassata con rinvio alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della controversia statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità ed attenendosi al principio di diritto di seguito enunciato: “il rinvio contenuto nel D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 9 comma 4 alle deroghe previste dalla L. 22 febbraio 1934, n. 370 è da intendersi limitato alle disposizioni che consentono la fruizione del riposo settimanale in un giorno diverso dalla domenica ed a quelle che prevedono particolari modalità di fruizione del riposo stesso, fermo restando il diritto al godimento del riposo settimanale per 24 ore consecutive, da sommarsi a quello giornaliero”.

Il motivo di ricorso è inammissibile nella parte in cui denuncia la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 8 perchè la Corte territoriale non ha pronunciato sul motivo di appello, ritenendo la questione assorbita.

La stessa, pertanto, potrà essere riproposta nel giudizio di rinvio.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il primo ricorso e accoglie il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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