Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16897 del 02/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 02/08/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 02/08/2011), n.16897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via

della Frezza 17 presso l’Avvocatura Centrale dello stesso Istituto,

rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli Avv.ti RICCIO

Alessandro, Mauro Ricci e Clementina Pulii per procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.B. – R.N. – R.A., R.S., tutti

quali eredi di D.A.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bologna n.

358 del 19.03.2009/25.06.2009 nella causa iscritta al n. 834 R.G.

dell’anno 2001.

Udita la relazione svolta in Camera di Consiglio dal Consigliere

Dott. Alessandro De Renzis in data 14.06.2011;

Udito l’Avv. Mauro Ricci per l’INPS;

vista la relazione ex art. 380 bis c.p.c. in data 18.04.2011 del

Cons. Alessandro De Renzis;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. FINOCCHI

GHERSI Renato, che si è riportato alle conclusioni contenute

nell’anzidetta relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. La Corte di Appello di Bologna con sentenza n. 358 del 2009, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’INPS contro la sentenza di primo grado del Tribunale di Ferrara, ha rigettato i ricorsi depositati dagli originari ricorrenti il 15 luglio 1999, il 16 luglio 1999 e il 22 settembre 1999, intesi ad ottenere l’integrazione al trattamento minimo sulla pensione di reversibilità, ad esclusione di quello proposta da R.B., R.N., R.A. e R.S., quali eredi di A. D..

La Corte ha ritenuto che fosse fondata l’eccezione di decadenza dell’azione giudiziaria sollevata dall’INPS D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47, comma 2 – essendo state proposte oltre il decennio dalla data di presentazione del tempestivo ricorso amministrativo e dal successivo “spatium deliberandi” oppure, nel caso di non presentazione del ricorso o di presentazione oltre il termine di legge di 90 giorni, essendo state introdotte le relative domande dopo lo spirare dei termini astrattamente presenti per la definizione del procedimento amministrativo, e ciò per tutti i ricorrenti, tranne che per la domanda proposta dagli eredi di D.A..

Ricorre l’INPS nei confronti di questi ultimi con articolato motivo.

Gli intimati non si sono costituiti.

2. Con l’unico motivo del ricorso l’INPS contesta la decisione di appello deducendone l’erroneità sul punto della ritenuta non applicabilità al caso di specie della disciplina introdotta con la L. n. 88 del 1989, art. 46 e sostenendo, al contrario, che quest’ultima disciplina ha innovato in tema di durata del procedimento amministrativo rispetto alla disciplina previgente.

Lo stesso ente previdenziale aggiunge che anche per gli eredi di D.A. si era maturata la decadenza.

Il ricorso è fondato.

Sul punto si richiama l’orientamento di questa Corte (cfr Cass. n. 12977 del 21 maggio 2008), secondo cui per effetto della nuova disciplina di cui alla L. n. 88 del 1989, che ha soppresso il ricorso amministrativo di seconda istanza, il termine di decadenza, anche per i procedimenti già iniziati, decorre dalla data del provvedimento amministrativo che ha deciso il ricorso di prima istanza, non essendo più tenuti gli i interessati a ricorrere al Comitato Regionale; dal che discende il carattere di definitività del provvedimento di diniego all’esito del procedimento prima istanza e non più a conclusione di quello di seconda istanza.

Orbene per la verifica della decadenza del termine decennale di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, assume decisivo rilievo la nuova disciplina, entrata in vigore il 28.03.1989, che trova applicazione anche in relazione alla fattispecie, con la puntualizzazione che a quest’ultima data il Comitato provinciale non aveva assunto alcuna decisione entro il termine di 90 giorni dalla proposizione del ricorso amministrativo, presentato il 1 dicembre 1988, sicchè il provvedimento di diniego poteva considerarsi definitivo il 28 febbraio 1989.

3. Sulla base delle precedenti osservazioni il ricorso è meritevole di accoglimento e per l’effetto l’impugnata sentenza va cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ricorrono le condizioni ex art. 384 c.p.c., comma 1, per decidere nel merito la causa, con il rigetto della domanda dei controricorrenti in epigrafe quali eredi di D.A., essendo decorso – alla data di proposizione del ricorso giudiziario nel luglio 1999 – il temine di dieci anni, avente inizio dal 28 febbraio 1989, data entro la quale, come già detto, avrebbe dovuto pronunciarsi il Comitato provinciale.

Nessuna statuizione va emessa sulle spese, ricorrendo le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. c.p.c., nella formulazione antecedente al D.L. n. 269 del 2003, che trova applicazione, ratione temporis, ai giudizi il cui ricorso introduttivo della fase di primo grado sia successivo al 2 ottobre 2003 (data di entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003), laddove nel caso di specie il ricorso originario venne depositato nel luglio 1999 (in questo senso Cass. n. 27323 del 2005, Cass. n. 6324 del 2004; Cass. n. 4657 del 2004).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da R.B., R.N., R.A. e R.S., quali eredi di A. D.. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2011

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