Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16895 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 07/07/2017, (ud. 07/04/2017, dep.07/07/2017),  n. 16895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17512/2013 proposto da:

C.F., (OMISSIS), rappresentato e difeso da se medesimo

ex art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

G.S.T.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DONATELLO 75, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO

MURGIA, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA PALEARI;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di MILANO, depositata il

18/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

è stata impugnata l’ordinanza resa dal Tribunale di Milano il 31 gennaio 2013 (n. rep. 1137) con ricorso fondato su tre ordini di motivi e resistito con controricorso della parte intimata;

il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non essendo stata rilevata la particolare rilevanza delle questioni di diritto in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

E’ stata depositata, ma fuori termine, dal ricorrente C.F., memoria, di cui non può tenersi conto.

La resistente G.S.T.E. ha, a sua volta, depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge (art. 384 c.p.c., D.M. n. 127 del 2004, art. 6, artt. 10, 14 e 112 c.p.c.).

Parte ricorrente lamenta, nella sostanza, che, con il provvedimento oggi impugnato, sia stato totalmente ignorato il disposto di questa Corte da parte del Tribunale di Milano. Quest’ultimo – giova ricordare – era stato adito in riassunzione dopo la precedente sentenza di questa Corte n. 6765/2012 che aveva cassato pregressa ordinanza di quello stesso Tribunale del 6.7.2010 L. n. 794 del 1942, ex art. 29, comma 6. Con quella sentenza il Tribunale stesso aveva liquidato all’odierno ricorrente la somma complessiva di Euro 31.052,00 per l’opera professionale prestata in favore della resistente, che – alla morte del padre naturale – era stata assistita nella controversia per la petizione ereditaria.

Il motivo non può essere accolto.

In virtù delle censure ritenute fondate con la citata sentenza n. 6765/2012 il riesame del Giudice del rinvio era circoscritto alla valutazione della sussistenza degli estremi per la maggiorazione di cui al D.M. n. 127 del 2004, art. 5, commi 2 e 3, ed alla verifica della determinabilità del valore della controversia.

Entrambi gli accertamenti, cui era chiamato in sede di rinvio il Tribunale, appaiono essere stati correttamente svolti.

Nella sentenza di questa Corte n. 6765/12 veniva già chiarito (v. ivi pp. 13-14) che, ai sensi del citato art. 5, “la possibilità di una maggiorazione, da correlarsi ad una valutazione del tutto facoltativa e discrezionale, di congruità dell’onorario liquidabilie…..” andava parametrata in base ai vantaggi conseguiti per effetto della svolta attività professionale, vantaggi che – nella fattispecie – non erano stati oggetto di dovuta e completa disamina ad opera del provvedimento in allora gravato del Tribunale di Milano in data 6.7.2010.

Il provvedimento del 2013 ha – invece -, oggi gravato, del medesimo. Tribunale ha adeguatamente motivato in ordine agli aspetti per i quali la prima decisione di questa Corte rilevò la predetta carenza.

Più specificamente e congruamente è stato evidenziato che “a causa della rinuncia al mandato” da parte del ricorrente in giudizio di petizione non era “entrato nella fase istruttoria ed (era) stato deciso con sentenza non definitiva” di guisa che non ricorreva l'”indubbio vantaggio” tale da giustificare l’invocata maggiorazione dei compensi di cui all’art. 5 cit..

Il motivo, in quanto infondato, va dunque respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, di violazione di legge in relazione al D.M. 8 aprile 2007, art. 4, comma 1, in connessione con l’art. 2233 c.c. ed agli artt. 35 e 36 Cost..

Si assume la violazione del “criterio dell’adeguatezza e proporzionalità degli onorari dell’attività professionale svolta”.

Al riguardo si invoca il dictum di cui in Cass. S.U. n. 19014/2007.

Il motivo non può essere accolto per una duplice ragione. Innanzitutto – e tenuto conto dello stato dell’odierno giudizio – la valutazione della attività complessiva del professionista non risulta essere stata compresa nel – per così dire – “compito” ovvero nell’ambito dei limiti del giudizio cui era chiamato il Giudice del merito in sede di disposto rinvio.

In ogni caso, col gravato provvedimento, il Tribunale ha fatto corretta applicazione, nel riferimento ai concreti indici di valutazione della complessiva attività (durata del mandato, vantaggiosità dell’attività svolta, incremento del 60% del compenso dovuto, ma “mai stato in precedenza applicato nella parcella inviata, nè nelle conclusioni”, valore effettivo del supplemento di quota ereditaria), ha fatto buon governo delle norme e dei principi in materia già enunciati da questa Corte.

Il motivo qui in esame non è, pertanto, fondato e va disatteso.

3.- Con il terzo motivo si lamentala violazione del D.M. n. 127 del 2004, art. 5, comma 2 e dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

Con il motivo qui in esame parte ricorrente lamenta la mancata corretta applicazione dei criterio del massimo dell’onorario per la particolare importanza della causa.

Più specificamente, ancora, in ricorso si deduce l’erronea applicazione del suddetto criterio da parte del provvedimento oggi gravato, col quale veniva “stimato il valore della controversia in Euro 3000.000 (anzichè valore indeterminabile)” con conseguente conferma di quanto liquidato in proposito dal Giudice di primo grado, in particolare nella quantificazione (in Euro 21mila) dell’onorario. Parte ricorrente deduce che, per effetto “della particolare importanza della causa”, andavano i predetti dovuti onorari liquidati, secondo l’applicabile tariffa forense, “quantomeno in Euro 29.775,00”.

Il motivo è fondato.

Deve, al riguardo, rammentarsi che – ab origine – il Giudice che ebbe ad emettere il provvedimento per primo impugnato ebbe già a ritenere l’applicabilità del massimo dell’onorario ex art. 6, comma 5 della tariffa forense per la “particolare importanza della causa”.

Tale punto di quella decisione non veniva, all’epoca, gravato impugnato da alcuna delle parti in causa, così passando in giudicato.

Tale aspetto è stato evidenziato dall’odierno ricorrente attraverso il rinvio a quanto “fu evidenziato a pag. 31 del ricorso per giudizio di rinvio”.

L’ambito del giudizio, delimitato dalla sentenza di cassazione del 2012, era dunque ristretto alla verifica di altri criteri e non all’applicazione della maggiorazione del massimo dell’onorario in ragione della “particolare importanza della causa”, in ordine alla quale era intervenuto il passaggio in giudicato.

Pertanto, una volta determinato correttamente il valore della controversia di riferimento, quella maggiorazione, ancora oggi invocata dal ricorrente, era comunque dovuta.

Il motivo deve, pertanto, accogliersi con conseguente cassazione – in punto – della impugnata sentenza e rimessione degli atti ad altro giudice che si atterrà al principio testè enunciato quanto alla detta dovuta maggiorazione del massimo dell’onorario.

PQM

 

La Corte:

accoglie il terzo motivo del ricorso, rigettati i primi due motivi dello stesso, cassa – in relazione al motivo accolto – l’impugnato provvedimento e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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