Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16892 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 07/07/2017, (ud. 30/03/2017, dep.07/07/2017),  n. 16892

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20074/2012 proposto da:

I.G. (OMISSIS), A.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 14, presso lo studio

dell’avvocato FEDERICO HERNANDEZ, rappresentati e difesi

dall’avvocato FRANCO CAMPO;

– ricorrenti –

contro

IMPRESA 3 M COSTRUZIONI di M.G. & C S.n.c. piva

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI 4, presso lo

studio dell’avvocato CHRISTIAN ARTALE, rappresentata e difesa

dall’avvocato SALVATORE SANCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 598/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 19/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato FRANCESCO HERNANDEZ, con delega dell’Avvocato FRANCO

CAMPO difensore dei ricorrenti, che si riporta agli atti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del primo e del

terzo motivo e per l’assorbimento del secondo motivo del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del Presidente del Tribunale di Trapani in data 28 maggio 2001, a seguito di ricorso della 3M Costruzioni di M.G. & C. s.n.c., veniva ingiunto a I.G. ed a A.G. il pagamento della somma di Lire 100.766.401 a titolo di saldo lavori della costruzione, di cui in atti, di proprietà degli ingiunti.

Quest’ultimi formulavano opposizione al D.I. svolgendo domanda per la declaratoria di risoluzione per inadempimento del contratto di appalto intercorso con la stessa s.n.c. e la restituzione delle somme non dovute per lavori ineseguiti, nonchè con condanna della stessa società al risarcimento danni.

L’adito Tribunale di Trapani, con sentenza del 20.1/18.2.2005, accoglieva l’opposizione, revocava il D.I. e condannava la società 3M al pagamento in favore degli opponenti della somma complessiva di Euro 35.242,34.

Avverso la succitata decisione del Giudice di prime cure la società 3M interponeva appello resistito dalle parti appellate.

La Corte di Appello di Palermo, con sentenza n. 598/2012, in parziale riforma dell’impugnata decisione di primo grado, revocava la precedente statuizione di condanna al pagamento di Euro 35.242,34 condannando viceversa gli appellati al pagamento in favore della società appellante della somma di Euro 34.959,12, oltre interessi e pagamento in ragione della metà – delle spese di lite del doppio grado del giudizio, compensate per la rimanente parte.

Per la cassazione della succitata decisione della Corte distrettuale ricorrono gi I. – A. con atto fondato su tre ordini di motivi e resistito dalla società intimata con controricorso.

Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., memoria le parti ricorrenti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio.

Col motivo viene, nella sostanza, contestata – in punto di mero fatto – la valutazione svolta dalla Corte di Appello circa “l’esatta determinazione dell’importo riconoscibile all’impresa per i lavori eseguiti”.

La censura appare inerire aspetti di mera valutazione in punto di fatto, valutazione svolta dalla Corte territoriale e fondata su congrue argomentazioni esenti da vizi logici censurabili.

In particolare, va rammentata ed evidenziato che l’anzidetta valutazione è stata svolta anche seguito dei riscontri di apposita CTU che ha definito l’entità dei lavori riscontrabili e riconosciuti.

Peraltro parti ricorrenti, nel contestare le dette valutazioni in fatto (di cui è parte fondante la relazione di CTU) omettono, in dispregio del noto principio di autosufficienza di specificare e riportare le parti della CTU – in particolare di quella svolta in primo grado – alla cui stregua poteva eventualmente evincersi una carenza motivazionale dell’impugnata sentenza oggi contestata sotto il profilo di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Emerge, quindi, l’inammissibilità del motivo qui in esame, col quale, in definitiva, si chiede a questa Corte una revisione del ragionamento decisorio del Giudice del merito. Il motivo qui in esame si risolve, quindi, nella censura degli accertamenti di fatto compiuti dalla Corte di merito nella ricostruzione degli elementi che caratterizzano la fattispecie e che sono stati correttamente considerati in quella sede. Deve, al riguardo, ribadirsi il consolidato e condiviso principio, che questa Corte ha già avuto modo di affermare, per cui “il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal Giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte” (Cass. n. 9233/2006) e, quindi, in definitiva, ad una, inammissibile revisione del ragionamento decisorio”.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, di violazione di norme di diritto (artt. 1659 e 1660 c.c.).

Col motivo vengono enunciate le violazioni dei detti articoli, ma omettendo ogni pur dovuto riferimento a principi eventualmente violati ed orientamenti giurisprudenziali contrastanti con decisum Corte distrettuale, la quale – peraltro – risulta aver deciso la controversia facendo buon governo delle norme e dei principi ermeneutici applicabili nella fattispecie.

Il motivo, in sostanza, finisce col riguardare un profilo che – a ben vedere- si risolve in un apprezzamento di fatto ovvero un aspetto di merito: la considerazione della circostanza se “ogni variazione e/o integrazione dell’iniziale preventivo dei lavori, anche se necessari, avrebbe dovuto passare al vaglio della committenza”.

In proposito deve rammentarsi che la Corte territoriale non ha valutato i lavori per cui è controversia come opere in variazione rispetto a quelle in origine pattuite ed il CTU B. risulta aver espressamente “non preso in considerazione opere non pattuite”.

In definitiva il motivo è infondato e va respinto.

3.- Con il terzo motivo parti ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio.

Viene, nella sostanza, contestata – ancora – col motivo qui in esame – in punto di mero fatto – la valutazione svolta dalla Corte di Appello nella parte in cui “accogliendo le errate valutazioni del CTU da essa nominato, ha ridotto la differenza fra i lavori contabilizzati dall’impresa ed i lavori verificati da Euro 15.717,18, secondo la valutazione del Tribunale, ad Euro 10.329,14”.

Si tratta di una censura in punto di fatto, priva della necessaria specificità, volta nei confronti di una decisione che appare sorretta da congrua motivazione immune da vizi logici e, quindi, tesa – parimenti alla censura di cui innanzi sub 1. – ad un riapprezzamento, nel merito, delle risultanze istruttorie non ammissibile innanzi a questa Corte.

Il motivo è, quindi, inammissibile.

4.- Il ricorso va, dunque, rigettato.

5.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

PQM

 

La Corte:

rigetta il ricorso e condannai ricorrenti, in solido, al pagamento in favore della parte contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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