Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16891 del 10/08/2016

Cassazione civile sez. III, 10/08/2016, (ud. 06/06/2016, dep. 10/08/2016), n.16891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – rel. Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10698-2013 proposto da:

C.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DI S. ANGELA MERICI 16, presso lo studio dell’avvocato ALVARO

SPIZZICHINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIUSEPPE CIMINO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.G. R., C.S. (OMISSIS),

B.R.;

– intimati –

Nonchè da:

R.G. R., C.S. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAPRANICA 78, presso lo

studio dell’avvocato FEDERICO MAZZETTI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PIERLUIGI BONGIORNO GALLEGRA giusta procura

speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti incidentali –

contro

C.A. (OMISSIS), B.R.;

– intimati-

avverso la sentenza n. 28/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 22/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2016 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l’Avvocato FEDERICO MAZZETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Genova, con sentenza depositata il 22 gennaio 2013, a parziale modifica della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da R.G. in proprio e quale legale rappresentante della minore C.S., volta, previa dichiarazione che esse attrici erano legittime eredi di C.G., rispettivamente marito e padre, deceduto ab intestato nel 2004, e quindi proprietarie di un immobile rientrante nell’asse ereditario, sito in (OMISSIS) acquistato dal de cuius il 26 settembre 2000 dal proprio padre C.A., a condannare C.A. e B.R., al rilascio dell’immobile perchè detenuto senza titolo ed alla restituzione dei frutti e dei canoni e di ogni altra utilità percepita con condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti in proprio e quali eredi di C.G. in seguito all’illegittima appropriazione del bene.

Avverso questa sentenza propone ricorso C.A. con tre motivi.

Resistono con controricorso R.G. e C.S. e propongono ricorso incidentale con due articolati motivi illustrati dalla successiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.La Corte d’appello ha affermato l’appartenenza dell’immobile in oggetto all’asse ereditario di C.G. e quindi la proprietà dello stesso in campo alle eredi R.G. e C.S.; ha rigettato però la domanda di rilascio da loro proposta perchè, trattandosi di locazione, era necessaria soltanto la disponibilità dell’immobile in capo a C.A., disponibilità dell’immobile che ha ritenuto accertata.

2. Con il primo motivo della ricorso principale si denuncia violazione falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c..

Il ricorrente lamenta la mancata sospensione del presente giudizio per la pendenza di un giudizio avente ad oggetto la simulazione del contratto con cui C.G. aveva acquistato l’immobile dal proprio padre.

3. Il motivo è inammissibile.

La sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra due cause sia concreto ed attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non giustificandosi diversamente la sospensione, che si tradurrebbe in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione, sicchè, quando una sentenza sia impugnata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, è onere del ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e resti presumibilmente tale sino all’accoglimento del ricorso, mancando, in difetto, la prova dell’interesse concreto e attuale all’impugnazione, perchè nessun giudice, di legittimità o di rinvio, può disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non più effettivamente in corso. Cass., Sentenza n. 22878 del 10/11/2015 Cass,sentenza N. 18026 del 2012.

4. Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’art. 533 c.c. e dell’art. 112 c.p.c..

Sostiene il ricorrente che i giudici di merito, pronunciando in ordine all’appartenenza del bene all’asse ereditario di C.G., hanno pronunciato su una domanda di rivendicazione mai proposta dalle resistenti che si erano limitati a proporre un’azione di ripetizione ereditaria.

5. Il motivo è infondato.

La “petitio hereditatis” si differenzia dalla “rei vindicatio”, malgrado l’affinità del “petitum”, in quanto si fonda sull’allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell'”universum ius” o di una quota parte di esso. Ne consegue, quanto all’onere probatorio, che, mentre l’attore in “rei vindicatio” deve dimostrare la proprietà dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all’usucapione, nella “hereditatis petitio” può invece limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo dell’apertura della successione, fossero compresi nell’asse ereditario.

Dalla motivazione della sentenza impugnata risulta che giudici di merito hanno pronunziato proprio sulla domanda di petizione ereditaria proposta dalle resistenti facendo riferimento all’appartenenza del bene all’asse ereditario di C.G. e quindi all’appartenenza dello stesso alle sue eredi.

6. Con il terzo motivo di ricorso si denunzia insufficiente contraddittoria motivazione in relazione agli artt. 1414, 1350, e 1351 c.c. e contraddittoria motivazione di un fatto controverso decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Il ricorrente contesta la erronea qualificazione giuridica effettuata dai giudici di merito della scrittura del 14 ottobre 2000.

7. Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto fa riferimento ad un documento di cui neanche viene indicata in che fase processuale è stato prodotto nè dove attualmente è possibile di impedirlo.

Inoltre si denunzia un vizio di motivazione che non risponde al modello legale di vizio di motivazione introdotto dal nuovo art. 360 c.p.c., n. 5 applicabile al processo perchè la sentenza impugnata è stata pubblicata il 22 gennaio 2013.

8. Con il primo articolato motivo del ricorso incidentale si censura il rigetto della domanda volta all’accertamento dell’invalidità e comunque dell’inefficacia nei confronti delle attrici del contratto di locazione dell’immobile facente parte dell’asse ereditario di C.G. e l’erroneità di rigetto della domanda di condanna di B.R. e C.A. al rilascio dell’immobile in oggetto. Violazione falsa applicazione degli artt. 1140 e 1571 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 3.

9. Il motivo è infondato.

Sotto l’apparente denunzia di violazione di legge le ricorrenti non indicano alcuna violazione delle norme indicate, ma contestano l’accertamento in fatto effettuato dalla Corte di appello della circostanza che anche dopo la vendita dell’immobile al figlio C.G., C.A. aveva continuato ad averne la disponibilità essendo rimasto nel godimento dell’immobile e procedendo alla stipula di contratti di locazione con terzi e alla riscossione dei canoni e che ciò era avvenuto con il consenso del figlio in ragione dello stretto rapporto di parentela tra essi esistente. La successiva denunzia di vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 e del pari inammissibile perchè non proposta secondo il modello legale del vizio introdotto dalla normativa vigente all’epoca in cui è stata emessa la sentenza.

Si ricorda che gli accertamenti di fatto del giudice di merito non sono sindacabili in sede di legittimità quando sorretti da una motivazione logica è conforme alla legge.

10. Il secondo motivo del ricorso incidentale, che ha ad oggetto il danno subito, è assorbito dal rigetto del primo motivo.

Il rigetto di entrambe le impugnazioni porta alla compensazione delle spese processuali.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa fra le parti le spese del giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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