Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16890 del 15/06/2021

Cassazione civile sez. III, 15/06/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 15/06/2021), n.16890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24082/2018 proposto da:

G.S., rappresentato dall’avv. GRAZIELLA FERRARONI;

– ricorrenti –

e contro

F.A., M.U., M.E., rappresentati e difesi

dall’avv. FRANCESCO CHETONI e dall’AVV. PAOLO PANARITI,

elettivamente domiciliati presso l’avv. PAOLO PANARITI, in Roma Via

Celimontana 38;

– controricorrenti –

Nonchè da:

M.E., M.U., F.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO

PANARITI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCESCO CHETONI;

– ricorrenti incidentali –

contro

G.S., con Avv. GRAZIELLA FERRARONI; controricorrente

all’incidentale – avverso la sentenza n. 227/2018 della CORTE

D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro.

 

Fatto

SVOLGIMENTO IN FATTO

1. G.S. con atto notificato il 3 agosto 2018 propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza n. 227/2018 della Corte d’Appello di Firenze emessa in data 15/2/2018. Resistono con controricorso, prospettando tre motivi di ricorso incidentale, notificato il 17 /09/2018, illustrato da successiva memoria, i sig.ri F.A., M.E. e M.U..

2. Per quanto ancora rileva, con atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale atto di citazione per la convalida, F.A., M.E. e U., quali comproprietari di un appartamento sito in Firenze, locato a G.S., avevano dedotto il mancato pagamento dei canoni locativi relativi al mese di agosto 2012 e ai mesi di febbraio, marzo e aprile 2013, per cui chiedevano l’emissione del decreto ingiuntivo per i canoni non corrisposti e per quelli dovuti sino al rilascio. Si costituiva il sig. G. proponendo domanda riconvenzionale al fine di ottenere la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento degli attori all’obbligo di fornire un immobile salubre e idoneo alla locazione, nonchè il risarcimento dei danni subiti per non avere i medesimi provveduto ai lavori di straordinaria manutenzione del tetto e della facciata dell’edificio, tanto che, in occasione del nubifragio del novembre 2012, l’acqua aveva distrutto parte del tetto e causato fenomeni infiltrativi non eliminati dai locatori. Gli attori, a loro volta, interponevano reconventio reconventionis per il risarcimento dei danni all’appartamento causati dal conduttore collegati a sua negligenza e incuria. Il Tribunale di Firenze condannava G. al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 5.111,82 a titolo di canoni locativi scaduti, nonchè della somma di Euro 15.109,00, in parziale accoglimento della domanda risarcitoria chiesta dai locatori; mentre rigettava le domande riconvenzionali del conduttore G., condannandolo alle spese di lite.

3. Avverso la sentenza, G. ha proposto appello; gli originari attori hanno spiegato appello incidentale. La Corte d’Appello di Firenze, con la pronuncia in questa sede impugnata, ha integralmente confermato la sentenza di prime cure, rigettando sia il gravame principale che quello incidentale e compensando le spese del grado.

Quanto all’appello principale, il giudice di secondo grado ha ritenuto che il conduttore non avesse provato che l’immobile non si trovava più nelle originarie condizioni di abitabilità per cause diverse dalla propria incuria, mentre l’inondazione del 2012 doveva ritenersi un evento eccezionale e, peraltro, era dimostrato che i danni provocati all’appartamento erano stati prontamente riparati dai locatori. Quanto all’appello incidentale, ha ritenuto che gli ulteriori danni ascritti dai locatori al convenuto, invero, non rientravano nella piccola manutenzione dovuta dal conduttore e, inoltre, che il sig. G. non aveva compiuto atti idonei a danneggiare l’appartamento poichè si era limitato a non provvedere a nulla.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1193 c.c., e dell’art. 2051c.c., nonchè dell’art. 2697 c.c., e di ripartizione dell’onere della prova in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e/o falsa applicazione artt. 1575,1576,1578 e 1590 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 – Omesso esame circa un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”. Il ricorrente deduce che i locatori avevano lamentato il mancato pagamento da parte del conduttore delle mensilità di agosto 2012 e febbraio, marzo, aprile 2013; tuttavia, il mese di agosto 2012 sarebbe stato in realtà pagato nel mese di gennaio 2013, seppure nella causale, per mero errore materiale, fosse indicato il mese di luglio 2012, regolarmente pagato. La Corte d’Appello, invece, avrebbe erroneamente imputato il canone de quo al mese di giugno 2012, così violando l’art. 1193 c.c., che attribuisce prevalenza alla volontà del debitore nello stabilire l’imputazione del pagamento. Quanto al mancato pagamento dei canoni locatizi dei mesi di febbraio, marzo e aprile 2013, essi non sarebbero dovuti, stante il grave inadempimento del locatore. Difatti, i danni causati dalla pioggia intensa del novembre 2012 avevano reso l’appartamento totalmente inabitabile, talchè il giudice di secondo grado avrebbe errato ove, in assenza di qualsiasi accertamento sull’eccezionalità dell’evento, ha ritenuto che esso fosse riconducibile al caso fortuito, idoneo ad esonerare il locatore dall’obbligo di effettuare le riparazioni necessarie a sistemare il tetto dell’edificio.

1.1. Preliminarmente, vanno escluse dallo scrutinio del primo, terzo e quarto motivo del ricorso principale le violazioni dedotte sub specie art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, giusta l’espressa previsione di inammissibilità per cd. “doppia conforme” di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, posto che la sentenza impugnata ha confermato integralmente la pronuncia resa in prime cure e nel ricorso non vengono indicate le ragioni di fatto poste alla base delle due pronunce di merito al fine di dimostrare che esse sono tra loro diverse, e ciò al fine di dare ingresso a tale motivo (cfr. Cass., Sez. L -, Sentenza n. 20994 del 6/8/2019; Sez. 1 -, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/3/2014).

Per il resto il primo motivo si dimostra inammissibile per i seguenti motivi.

1.2. Quanto alla violazione dell’art. 1460 c.c., deve rammentarsi che, sebbene il pagamento del canone locatizio costituisca la principale e fondamentale obbligazione del conduttore, la sospensione parziale o totale dell’adempimento di tale obbligazione, ai sensi dell’art. 1460 c.c., può essere legittima non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nell’ipotesi di inesatto inadempimento, purchè essa appaia giustificata in relazione alla oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, in riferimento all’intero equilibrio del contratto e all’obbligo di comportarsi secondo buona fede. E, in effetti, l’art. 1460 c.c., prevede una forma di autotutela che attiene alla fase esecutiva e non genetica del rapporto, consentendo al conduttore, in presenza di un inadempimento del locatore, di sospendere la sua prestazione, nel rispetto del canone della buona fede oggettiva, senza la necessità di adire il giudice ai sensi dell’art. 1578 c.c., che offre al conduttore una tutela contro i vizi della cosa locata esistenti al momento della consegna, il che presuppone l’accertamento giudiziale dell’inadempimento del locatore ai propri obblighi ed incide direttamente sulla fonte dell’obbligazione (cfr. Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 16917 del 25/06/2019; cfr. Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 16918 del 9/05/2019; Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 22039 del 22/9/2017; Sez. 3, Sentenza n. 8425 dell’11/4/2006; Sez. 3, Sentenza n. 2855 del 11/2/2005). Tuttavia, nel caso in questione è stato nei fatti escluso che vi fosse un inadempimento del locatore e, dunque, potesse essere validamente opposta l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., con valutazione fattuale in questa sede incensurabile.

1.3. Sempre con riguardo al primo motivo, risulta inammissibile la doglianza spiegata sub specie art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., dedotta in termini di “ultrapetizione” per avere la Corte d’Appello ritenuto irrilevante l’atto di divisione del 14/4/2009 quandanche i locatori nel giudizio non avessero mai eccepito che la descrizione dell’immobile ivi contenuta non corrispondesse a realtà. In tal caso, il documento prodotto è stato ritenuto irrilevante in relazione alle domande riconvenzionali (risoluzione e risarcimento) proposte dall’attuale ricorrente principale e, pertanto, non si configura una pronuncia resa ultra petita, ma una valutazione del compendio probatorio prodotto da parte del giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo entro i ristretti margini di apprezzamento del vizio motivazionale e purchè il documento sia decisivo (v. Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 16812 del 26/6/2018; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19150 del 28/9/2016; Sez. 5, Sentenza n. 25756 del 5/12/2014). Il motivo, pertanto, non si correla alla motivazione di irrilevanza resa.

1.4. Sotto il profilo della violazione e falsa applicazione – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – delle norme indicate in epigrafe sulla imputazione dei pagamenti, il motivo si rivela parimenti inammissibile, in quanto intende introdurre surrettiziamente un nuovo esame del merito della controversia. In questo caso occorre confrontare le violazioni denunciate con la motivazione resa dalla Corte del gravame a fondamento del rigetto dell’appello principale dell’attuale ricorrente, là dove il giudice ha ritenuto che il conduttore non avesse fornito la prova del pagamento dei canoni locativi per le mensilità di agosto 2012 e di febbraio, marzo e aprile 2013. In specie, il pagamento effettuato nel gennaio 2013, recante in causale il mese di luglio 2012, ad avviso dell’appellante si riferiva, per mero errore materiale, al canone locatizio dell’agosto 2012, tant’è che il mese di luglio era stato regolarmente pagato. Sul punto, però, la Corte di merito ha rilevato che la tesi risulta smentita dalla documentazione contabile prodotta dai locatori, per cui doveva ritenersi che quel pagamento fosse imputabile al canone arretrato del giugno 2012. Pertanto, la questione non riguarda l’applicazione della norma relativa al principio di imputazione del pagamento ex art. 1193 c.c., bensì la valutazione di un fatto inerente a quella fattispecie, del tutto estranea allo scrutinio di legittimità.

1.5. Inoltre, la Corte, con ulteriore giudizio fattuale qui insindacabile, ha considerato non dimostrato dal conduttore il fatto che l’immobile non si trovasse più nelle originarie condizioni di abitabilità, a parte quelle riferibili a sè medesimo, collegate all’incuria, alla sporcizia e alla infestazione di insetti denunciati dai locatori (secondo quanto emerso dall’ATP e dalla CTU), nonchè che l’inondazione del novembre 2012, oltre ad essere stato un evento eccezionale, aveva provocato danni che erano stati prontamente riparati dai locatori. Il rigetto della domanda riconvenzionale è riposto, infine, anche sulla considerazione, costituente autonoma ratio decidendi non resa oggetto di specifica impugnazione, che il conduttore non aveva provato di aver richiesto al proprietario originario o ai suoi eredi alcun intervento di ordinaria o straordinaria manutenzione nel corso dei trenta anni in cui aveva detenuto l’immobile, o di aver reso edotti i locatori delle condizioni in cui si trovava l’immobile o di aver ricevuto da parte di questi ultimi rifiuti in tal senso, non risultando provato pertanto il loro inadempimento.

1.6. La motivazione, essendo intrinsecamente coerente rispetto ai fatti osservati, non dimostra neanche un’apparenza di motivazione tale da consentire una nuova valutazione del merito (v., per tutte, S.U. n. 8053/2014 e S.U. n. 22232/2016).

2. Con il secondo motivo si denuncia “Violazione e falsa applicazione artt. 1575 e 1576 c.c., sotto altro profilo e dell’art. 1609 c.c., nonchè dell’art. 2697 c.c., e del principio generale di correttezza e buona fede in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Omesso esame circa un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”. La sentenza impugnata viene censurata là dove ha posto in capo al conduttore l’onere di provare che l’immobile non si trovava più nelle originarie condizioni di abitabilità per cause diverse dalla propria incuria. Diversamente, sarebbe spettato ai locatori provare che l’immobile era stato consegnato al conduttore in buono stato di manutenzione, nonchè di averlo mantenuto in stato da servire all’uso abitativo e di aver eseguito durante la locazione le riparazioni necessarie, eccetto quelle di piccola manutenzione a carico del conduttore. In aggiunta, il giudice di merito avrebbe omesso di valutare che il locatore non si era mai interessato allo stato dell’immobile, contravvenendo ai suoi obblighi di vigilanza e di custodia della cosa locata.

2.1. Il motivo è inammissibile poichè anch’esso, sotto l’apparente denuncia di violazioni di legge, in realtà mira alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito. Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, in tema di danni prodotti dalla cosa locata, poichè il proprietario ha l’obbligo, imposto dall’art. 1575 c.c., di consegnare al conduttore la cosa in buono stato di manutenzione e di conservarla in condizioni che la rendano idonea all’uso convenuto, grava sul proprietario una presunzione di responsabilità che può essere vinta mediante la prova, offerta dal locatore medesimo, dell’imputabilità dell’evento al caso fortuito ovvero al fatto illecito del terzo (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11903 del 13/5/2008; Sez. 3, Sentenza n. 10389 del 18/5/2005). E, nel caso di specie, la Corte del gravame – con valutazione fattuale e quindi insindacabile in questa sede in quanto non affetta da manifesti vizi motivazionali intrinseci – ha ritenuto che l’inondazione del novembre 2012 integrasse un evento eccezionale e, per di più, che i danni da essa provocati fossero stati prontamente riparati dal locatore, mentre le degradate condizioni di abitabilità erano imputabili a esclusiva negligenza del conduttore.

2.2. In relazione, poi, alla denunciata violazione degli obblighi di vigilanza e di custodia da parte del locatore, la questione – implicante ancora un accertamento di fatto non risulta in alcun modo trattata nella sentenza impugnata, talchè il ricorrente aveva l’onere di allegarne l’avvenuta deduzione già dinanzi al giudice di merito, nonchè di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto; pertanto, sotto tale profilo, il motivo è inammissibile per novità della censura (cfr. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019; Sez. 2, Sentenza n. 7048 dell’11/4/2016; Sez. 1, Sentenza n. 28480 del 22/12/2005).

3. Con il terzo motivo si denuncia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2218 e 2059 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 – violazione e falsa applicazione art. 2697 c.c.”, in quanto il grave inadempimento dei locatori alle proprie obbligazioni renderebbe fondata la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non, spiegata dal ricorrente principale già nelle precedenti fasi di merito. Il terzo motivo è assorbito dall’inammissibilità dei motivi precedenti.

4. In via subordinata rispetto ai motivi precedenti, con il quarto e ultimo motivo si denuncia “Violazione e falsa applicazione artt. 1362,1341 e 2697 c.c.. Omessa valutazione di fatti decisivi risultanti dagli atti di causa in ordine alla quantificazione del danno ex art. 360 c.p.c., n. 5”. La sentenza viene censurata là dove ha confermato la condanna del conduttore al pagamento di Euro 15.109,00 a titolo di risarcimento del danno subito dai locatori, omettendo di valutare le censure che sul punto erano state svolte dall’attuale ricorrente principale. Sarebbero state poste a carico del conduttore le opere per il risanamento dei luoghi per Euro 3.900,00 che, tuttavia, sarebbero in tesi imputabili alla inerzia del locatore; inoltre, per quanto riguarda l’impianto elettrico, l’art. 6 del contratto di locazione sarebbe, piuttosto, una clausola volta ad informare il conduttore circa la possibilità che l’impianto non fosse a norma, ma non idonea a imporre all’inquilino un obbligo di adeguamento dell’impianto alla normativa che, ai sensi della L. n. 46 del 1990, è a carico del locatore. Si tratterebbe, pertanto, di una clausola limitativa della responsabilità del locatore e, dunque, vessatoria, in assenza della doppia firma. Infine, la condanna per Euro 6.208,91 per adeguamento dell’impianto elettrico sarebbe stata parametrata erroneamente sulla normativa vigente e non su quella del 2001. In relazione alla somma di Euro 5.000,00 per spese di ordinaria manutenzione, essa non sarebbe dovuta spettando al conduttore solo le piccole riparazioni.

4.1. Il quarto motivo è in parte inammissibile, in parte infondato. Nell’articolazione del motivo mancano gli opportuni riferimenti “al come e al dove” tali censure siano state sollevate in sede di merito, posto che gli atti e i documenti su cui il ricorso per cassazione si fonda, in ossequio al principio di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, devono essere non solo richiamati nel ricorso, ma anche riprodotti, ovvero, localizzati nel fascicolo di ufficio o in quello di parte anche per come pervenuti in sede di legittimità (per tutte,cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019).

4.2. A fronte della rilevabilità ex officio – finanche in sede di legittimità – delle nullità negoziali (Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014 (Rv. 633504 – 01)), una considerazione a parte va effettuata in relazione alla denuncia di vessatorietà della clausola di cui all’art. 6, del contratto di locazione che, per come interpretata dalla sentenza impugnata, obbligava il conduttore a provvedere all’adeguamento alla normativa dell’impianto elettrico dell’appartamento e che, ad avviso del ricorrente, sarebbe vessatoria ex art. 1341 c.c., in quanto limitativa della responsabilità del locatore, in mancanza della “doppia firma”. Invero, il riferimento alla vessatorietà di detta clausola non si attaglia al contratto esaminato dal giudice del merito, il che conduce ad escludere che esso sia sussumibile nella previsione di cui all’art. 1341 c.c., Fattispecie legale, questa, rispetto alla quale sussiste l’esigenza della specifica approvazione scritta di quelle strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (se predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie), mentre esulano da tale categoria i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento ad una singola, specifica, vicenda negoziale rispetto ai quali l’altro contraente può, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto, nonchè, a maggior ragione, quelli in cui il negozio sia stato concluso a seguito e per effetto di trattative tra le parti (Cass., Sez. 2 -, Sentenza n. 6753 del 19/3/2018; Sez. 1, Sentenza n. 7605 del 15/4/2015; Sez. 2, Sentenza n. 2208 del 15/2/2002).

5. Conclusivamente il ricorso principale deve essere rigettato per quanto di ragione (inammissibili il primo, il secondo e infondato il quarto motivo; assorbito il terzo).

6. Passando allo scrutinio del ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia la “Violazione di legge: artt. 1587,1588 e 15901609 c.c., e art. 1362 c.c. e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; nullità della sentenza per omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”. I ricorrenti incidentali deducono che dopo che il Tribunale aveva loro riconosciuto il minor importo di Euro 11.208,91, con l’appello incidentale avevano chiesto l’accoglimento della domanda relativa al risarcimento dei danni per l’ulteriore somma di Euro 24.000,00. Nel respingere la domanda, il giudice di secondo grado non avrebbe esaminato compiutamente il motivo là dove coinvolgeva la responsabilità del conduttore per la trascuratezza con cui costui aveva tenuto l’appartamento, per 31 anni, in assenza di ogni più spicciola manutenzione o riparazione cui era obbligato per legge e per contratto. Vieppiù, la domanda risarcitoria sarebbe fondata anche su veri e propri danneggiamenti accertati dall’ATP.

6.1. Il motivo di omessa pronuncia è infondato. La Corte d’Appello ha rigettato l’appello incidentale sul rilievo, giuridicamente corretto, che nonostante la ctu avesse attestato lo stato di degrado delle finiture, della pavimentazione in legno dei locali di ingresso, soggiorno e disimpegno, del bagno, e di alcune pareti dell’immobile che presentavano tracce di infiltrazioni l’obbligo del conduttore non comporti l’ordinaria manutenzione, ma sia circoscritto alle piccole opere di riparazione dovute all’usura, non implicando quindi la pretesa sostituzione o riparazione di pavimenti, infissi e rifacimento di bagni che rimangono a carico del locatore, salvo che non provi che il conduttore ha compiuto atti idonei a danneggiarli, situazione che ha ritenuto non ricorrere nel caso di specie ove il conduttore si era limitato a vivere nell’immobile nella totale incuria.

6.2. Il motivo è inammissibile per la parte in cui denuncia la violazione degli artt. 1587,1588,1590,1609 e 1362 e ss. c.c. poichè i ricorrenti si limitano ad elencare le norme violate, senza indicare il punto della motivazione da censurare (cfr. Cass., Sez. U -, Sentenza n. 23745 del 28/10/2020; v. anche Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 4905 del 24/2/2020; Sez. 3, Sentenza n. 13066 del 5/6/2007). In più, la doglianza non è idonea a indurre un sindacato del giudice di legittimità sulla operata interpretazione del contratto poichè, nell’articolazione del motivo, si fa riferimento alla violazione delle “norme che regolano la interpretazione dei patti contrattuali” in via del tutto generica, senza indicare come i canoni ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e ss., siano stati effettivamente violati.

7. Con il secondo motivo si denuncia la “Violazione dell’art. 96 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, per avere la Corte d’Appello rigettato la domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c., ritenendo non provati i presupposti di legge. Di contro, i ricorrenti incidentali sostengono di aver provato la malafede o colpa grave del conduttore nel resistere all’azione. Il motivo è infondato: la responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., integra una particolare forma di responsabilità processuale a carico della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, sicchè non può farsi luogo all’applicazione della norma nel caso di soccombenza reciproca (Cass., Sez. 1 -, Sentenza n. 24158 del 13/10/2017; Sez. 2, Sentenza n. 7409 del 14/4/2016; Sez. 2, Sentenza n. 21590 del 12/10/2009).

8. Con il terzo e ultimo motivo si denuncia la “Violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, per avere la Corte d’Appello compensato le spese del secondo grado, a fronte dell’illegittimo rigetto dell’appello incidentale dei locatori. Il motivo è assorbito dal rigetto dei precedenti motivi.

9. Conclusivamente, il ricorso incidentale deve essere rigettato (infondato il primo motivo, infondato il secondo; assorbito il terzo).

10. Le spese, atteso l’esito del giudizio in cui le parti sono risultate reciprocamente soccombenti, vengono compensate tra le parti. Come da dispositivo si dà atto del doppio contributo, se dovuto, a carico di entrambe le parti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale, compensando le spese tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2021

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